Backstage: La sfida del mercato discografico: nostra intervista a Luciano Rebeggiani, Sony Italia
Aggiunto il 06 Marzo, 2014
Usciamo a cena con Luciano Rebeggiani, Direttore Classica e Jazz della Sony Italia in una piovosa sera da “milanesi imbruttiti”, secondo la definizione che circola in questo periodo sul social forum più famoso. La location è suggestiva e significativa: una trattoria della grande tradizione meneghina, al cospetto di una cotoletta imbiondita nel burro chiarificato.
L’occasione è gradita per discutere, con un “addetto ai lavori” importante, a proposito del settore discografico, messo in crisi dall’economia periclitante e dal fiorire di mondi paralleli (Spotify su tutti, ma anche il download selvaggio su siti di condivisione) che ci hanno portato a trasformare progressivamente le nostre biblioteche da reali a virtuali.
Senza contare che proprio il download selvaggio e incontrollato – vera e propria forma di pirataggio – ha decurtato fondi importanti a un’industria che già boccheggia per suo conto per una crisi che è uno spin off della crisi dell’editoria in senso lato.
L’ambiente è piacevolmente chiassoso, ma Rebeggiani è ispirato: è un piacere ascoltarlo.
Luciano, come cambia il nostro essere ascoltatori di musica registrata? c'è ancora spazio per la "testimonianza della tradizione esecutiva"? il disco è ancora testimonianza storica?
Il disco è soprattutto testimonianza “storica” perché per sua natura fissa un evento musicale. E lo “fissa” sia che si ponga come registrazione di un avvenimento “hinc et nunc” , il concerto; sia che l’avvenimento documentato sia una sessione di registrazione. In tal caso la registrazione è documento di sé, ovvero di una creazione appositamente pensata e realizzata e che vive con logiche e modalità sue proprie (la registrazione in studio) . In tal caso è documento non solo di una serie di brani musicali che si ascoltano, ma anche del modo in cui la registrazione è stata effettuata, delle “filosofie” che ne hanno determinato in primis la presa del suono. In quanto documento , la
registrazione vive nell’atto dell’ascolto che è un atto che in tutto e per tutto segue le logiche del momento in cui si mette in atto l’azione di ascoltare. In quanto azione soggiace a molte dinamiche, non ultima la disposizione psico-fisica del momento in cui ascoltiamo. Dinamiche di breve e mutevole periodo e dinamiche di lungo periodo, come il gusto (di chi ascolta). Il nostro gusto si modifica perché noi ci modifichiamo vivendo e conoscendo. Se ciò che siamo oggi non eravamo, poniamo dieci anni fa, giudichiamo oggi sulla scorta di affinità e conoscenze diverse da quelle di 10 anni fa e come tale anche il nostro essere ascoltatori più o meno critici, cambia. Nell’atto dell’ascolto si può far valere il semplice gusto o la conoscenza storica. In tal caso ci è possibile storicizzare attraverso le registrazioni la storia della tradizione esecutiva ma anche del fare registrazione, ovvero cosa e come registrare
E’ finita la sperimentazione discografica nel repertorio operistico (penso soprattutto al sound di Karajan in opere come Parsifal e Turandot)? Oppure c'è ancora chi sperimenta?
L’alto costo della registrazione operistica in studio a fronte di un mercato che si è molto contratto ha reso necessari tagli che hanno interessato anche la registrazione ad esempio eliminando gli staff stabili di registrazione all’interno delle maggiori case discografiche. Ciò ha cancellato il “suono della casa” ma certamente non ha cancellato la sperimentazione che è comunque attività irrinunciabile per chi registra, ovvero per gli ingegneri del suono
Il recital è solo autopromozione?
Il recital discografico non è mai solo autopromozione. E’, ad inizio di carriera, sempre di più una carta d’identità vocale, una presentazione che si fa dei mezzi tecnici e della sensibilità artistica di un esecutore.
Come tale è sempre espressione del proprio tempo, da Caruso ad oggi
Recitals e barocco. Solo questo in
sala di registrazione?
Sembra proprio di sì.
Tutto è stato registrato per un secolo e quindi disponiamo di in enorme tesoro già registrato contro cui non è facile competere in un mercato che si è tanto contratto da non sostenere più gli alti costi di registrazione di un’opera completa. Meglio quindi affidarsi a recitals, soprattutto a quelli pensati con particolare intelligenza , come gli impaginati – per fare un esempio conosciuto a tutti – dei recitals della Bartoli e documentare in video le produzioni operistiche più salienti di un cantante. Inoltre il video per l’opera è mezzo completo e fornisce un documento a 360 gradi
Per il Barocco c’è la possibilità di un ritorno ad una prassi esecutiva “ancien regime”?
No, non credo proprio. Ma è una questione di “gusto del tempo”. La musica riflette sempre ciò che siamo ed oggi ci rispecchiamo in tempi velocissimi e massima chiarezza orchestrale, probabilmente perché così è la vita che ci circonda. Per questo non si fa più distinzione – o se ne fa assai poca – fra strumenti originali e moderni. Che si suonino quelli antichi o quelli contemporanei, l’approccio che piace è sostanzialmente lo stesso, appunto quello descritto sopra
D’ora in avanti solo video? Quanto influiscono le regie?
Rimando all risposta già data precedentemente per i recitals. Le regie non influiscono commercialmente nella vendita dei video
Ma ci sono ancora i “cantanti di una volta”?
No pare non ci siano più, perché oggi desideriamo cantanti diversi da quelli del passato. Noi siamo cambiati rispetto a 30 anni fa , sono cambiati i nostri gusti e il quotidiano vive una dimensione completamente differente. Sarebbe impensabile oggi riproporre un canto come quello ad esempio di Ghiaurov. Le voci di oggi - che piaccia o meno - riflettono il nostro gusto
Perché le case discografiche hanno prodotto incisioni apparentemente così
lontane dal giusto comune?
Non mi sembra. Ogni produzione discografica nasce per vendere, ha solo quella funzione principale. Come tale deve accondiscendere al gusto del pubblico a lei contemporaneo. Ovviamente vi sono sempre dei compromessi, causati da molti fattori (costi, indisponibilità dell’artista, incompatibilità, eccetera) ma tolte le eccezioni ogni produzione è sostanzialmente specchio del gusto del tempo che l’ha prodotta
Un cenno veloce a tre Divi del nostro tempo: Grigolo, Kaufmann, Netrebko.
Tre voci eccezionali, soprattutto tre artisti la cui immagine è perfetta per essere proposta ai media attuali. Per questo il loro successo è planetario. Perché oltre alla voce, ognuno di loro si presenta con specificità personali molto marcate, il che aiuta moltissimo a raggiungere la stampa patinata e quella d’informazione, i social media, la tv,il web
Con riferimento al secondo Ring discografico di Thielemann inciso per la DGG: Che senso ha produrre oggi un Ring?
Oggi? Nessun senso
Come discografico, che idea ti sei fatta di Spotify?
Spotify sta cambiando e cambierà totalmente nel prossimo futuro la fruizione della musica registrata. Il supporto rimarrà per pochi che richiedo un “rivestimento” del suono fatto allo stato dell’arte: copertina, note di copertina, carta ecc. Personalmente ritengo che vedremo la scomparsa del supporto fisico – intendo a livello di mercato di massa - entro 5 anni. Per la classica la “resistenza” durerà di più ma sarà, credo, gestita solo da realtà piccole
Com’è essere un discografico di classica/jazz oggi?
Si richiede sostanzialmente di essere attentissimo al mercato, individuando le opportunità per offrire un prodotto il cui rapporto prezzo/qualità sia percepito come congruo. Questo è il punto centrale e da qui di diramano le decisioni che vengono prese quotidianamente. Si richiede anche un’ottima
professionalità nell’uso dei media per la promozione dell’ artista e delle sue registrazioni. Infine, se il discografico è anche produttore, si richiede un’oculata attenzione a ciò che sarà il rapporto fra costi e ricavi di un progetto
Concludiamo la serata con la vera specialità della trattoria: lo zabaione, servito caldo e denso e con un savoiardo gloriosamente impilato al centro, a sfidare la legge di gravità.
È un po’ la metafora del mercato discografico odierno, no?...
Pietro Bagnoli