Backstage: Mozart e il suo Requiem - Settima parte - di Francesco Zicari
Aggiunto il 17 Agosto, 2012
In un pezzo come il Requiem, scritto quasi a cavallo tra due secoli (in un'epoca stilisticamente di transizione e di riforma), che ingloba stili diversi (tedesco, italiano) e quel che è peggio di epoche diverse (dal barocco antico fino al tardo classicismo a tratti pre-romantico) parlare di filologia e prassi esecutiva diventa una questione molto complessa. Ne segue che una composizione del genere si porta appresso molti più problemi di riproducibilità, che infittiscono ancora di più l'orizzonte di quella famosa "verità" alla quale gli interpreti (ma anche noi attenti ascoltatori) cerchiamo di giungere. Gli aspetti da considerare sarebbero mille, mi limiterò in questa parentesi al nostro racconto, ad approfondirne uno in maniera esemplificativa, l'aspetto che da sempre è considerato il più controverso e discusso, fors'anche perchè fuori di dubbio più immediatamente percepibile: il tempo. Come regolarsi di fronte ad una partitura di questo genere, scritta per giunta in un'epoca dove l'indicazione metronomica (semmai fosse utile) era una chimera lontana? L'indicazione dell'andamento (allegro, adagio ecc.) e della scansione ritmica (4/4, 3/4 ecc.) sono evidentemente parametri insufficienti. Come battere ad esempio un Allegro in 4/4 tenendo presente tutte le premesse sopra esposte?
I problemi del "tempo"
problema 1 - Il significato della nomenclatura: nel '700 l'idea che una denominazione di tempo esprimeva era molto più vicina al concetto di percezione comune. Adagio prescriveva di muoversi "Ad Agio" e quindi lentamente ma non "largamente". Andante era, per usare le parole di Daniel Schubart, musicista dell'epoca "un movimento camminato, che bacia la linea di confine con l'allegro". I tempi erano quindi generalmente più rapidi del significato che assumeranno in epoca romantica. Non solo, a questo si aggiunge un problema pratico di scansione. Un direttore d'orchestra in un Adagio 4/4 non batte i quarti, ma gli ottavi; per ottenere deiquarti in "adagio" deve battere gli ottavi più rapidamente (diciamo in "Allegretto"), perchè qualora la sua scansione degli ottavi fosse "adagio" il tempo effettivo in quarti si dilaterebbe a dismisura. Tradotto, se è la bacchetta del direttore ad andare "adagio" (come accade spesso), il risultato sarà un tempo eccessivamente largo.
problema 2 - Il movimento naturale: se noi oggi coll'espressione "indicazioni di tempo" intendiamo quasi esclusivamente le denominazioni dell'andamento (allegro, adagio ecc.), ignoriamo che nel '700 il primo mezzo per definire il tempo era il tipo di battuta; ogni tipo di battuta aveva il suo proprio "movimento naturale". Johann Philipp Kirnberger scrive in un trattato del 1776: "Inoltre [il compositore] deve aver acquistato una giusta sensibilità per il movimento naturale di ogni tipo di battuta, o per ciò che è "il tempo giusto". Grave e molto seria è la battuta di 3/2, dolce e nobile sembra essere il carattere di quella di 3/4. La battuta di 3/8 è di una vivacità che ha qualcosa di baldanzoso." In pratica, prendendo come esempio il classico 4/4 tutto funziona più o meno come ci aspetteremmo: i quarti in «Allegro» sono effettivamente veloci, e in «Andante» più moderati. Per le battute più piccole e più grandi però, a causa del loro "naturale tempo proprio", l'indicazione di tempo assume un significato diverso. Nell'Allegro 4/2 le minime sono più lente di quanto lo sarebbero in 4/4, e nell'Andante 4/8 (ossia 2/4) le crome sono più veloci che in 4/4. Generalizzando, le unità di tempo di battute "grandi" (2/2, 3/2, 4/2) sono a parità di denominazione del tempo più lente di quelle di una battuta di 4/4, e quelle delle battute più piccole (2/4, 3/4, 3/8) sono più veloci (ovvero, ad esempio, un allegro scritto in 3/2 è "meno allegro" di uno scritto in 3/4).
problema 3 - Le note rilevanti: il secondo elemento per determinare il tempo erano i valori delle note rilevanti, ovvero i valori più piccoli piùfrequentemente presenti in battuta. Kirnberger in un altro trattato dell'epoca: "Riguardo ai tipi di note, i pezzi in cui appaiono passaggi in semicrome e biscrome hanno un movimento più lento di quelli le cui note più veloci sono ottavi (crome). Pertanto il tempo giusto viene determinato dal tipo di battuta e dai tipi di note più lunghe o più brevi di un pezzo." In altre parole un Allegro in 4/4 costellato da note brevissime (ovvero una melodia "più densa nel tempo") dovrà essere scandito più lentamente di uno in cui compaiono note più lunghe. Lo stesso principio vale anche per le melodie "dense nello spazio", ovvero molto elaborate armonicamente e fittamente contrappuntate; anch'esse saranno coerentemente da eseguirsi con maggiore lentezza.
problema 4 - Il carattere: quello che veniva definito "tempo musicale" non poteva infine prescindere dall'atmosfera intrinseca del pezzo, e quindi dall'intensità (forte o piano), dal carattere dell'articolazione (leggero o pesante) e da altre poco descrivibili attitudini. Come abbiamo visto il movimento naturale aveva già in sè una indicazione del carattere (3/2 grave, 3/4 nobile, 3/8 vivace), eppure il compositore poteva forzare tale carattere combinandolo con diverse indicazioni di tempo. Peter Schulz: "Se il giovane compositore ha per prima cosa la percezione del tempo giusto, allora si rende presto conto di quanto i termini largo, adagio, andante, allegro, presto, aggiungano o sottraggano velocità o lentezza al naturale movimento dalla battuta. Se il compositore desidera un'esecuzione leggera e allo stesso tempo un movimento lento, allora sceglierà un tipo di battuta con unità di tempo breve [es: 3/8] e si servirà dei termini andante o largo o adagio ecc., giacché la lentezza del pezzo [ovvero l'indicazione di andamento] deve superare il naturale movimento della battuta [ovvero deve "frenarlo"]; e al contrario: se un pezzo deve essere eseguito con pesantezza, e allo stesso tempo avere un movimento veloce,egli sceglierà una battuta pesante [unità di tempo lunga es:3/2], e lo contrassegnerà come vivace, allegro o presto [il che "accelererà" il naturale movimento della battuta]".
problema 5 - La destinazione: a seconda del genere di musica che andava eseguito, nel '700 si avevano diverse scansioni a parità di indicazione di tempo. Ancora dai trattati dell'epoca, Turk: "Gli Allegro per la chiesa o in un elaborato trio, quartetto, ecc siano staccati in movimento molto più moderato di un Allegro in teatro, o in sinfonie, divertimenti ecc. Un Allegro "pieno di sublime", con un'idea di solennità sarà naturalmente più lento di un pezzo con lo stesso andamento di musica in cui però i salti gioia siano il carattere prevalente". Il tempo è quindi soggetto non solo ad un carattere intrinseco, ma pure ad uno estrinseco dovuto alla destinazione mondana (sinfonia, opera), seria (quartetto) o addirittura religiosa (musica sacra). Nel caso della destinazione, c'è anche da valutare un problema di acustica. Camere ampie e riverberante richiedono un ritmo più lento affinchè i suoni si confondano meno (vedi le chiese), mentre luoghi piccoli con acustica "secca" (come i saloni nobiliari) si prestavano a tempi maggiormente serrati.
problema 6 - La "battuta pesante": a complicare ulteriormente le cose ci si mette la tradizione. Abbiamo visto come l'ambito della musica sacra fosse tendenzialmente conservativo rispetto a certi stilemi e certe prassi. Ebbene specie nella musica sacra tedesca più che altrove (in Italia ad esempio non era già più così), si tendeva ancora nel tardo '700 ad usare il "metro barocco", ovvero 3/4 e 4/4 decisamente più lenti, intesi come fossero 3/2 e 4/2. Kirnberger: "Il Viervierteltackt, che viene indicato con C, può indicare due cose molto diverse. Viene utilizzato sia al posto dei 4/2 (Grosse Viervierteltackt o "4/4 pesante o in 4"), sia per indicare il tradizionale 4/4 (Kleine Viervierteltackt o "4/4 leggero o in 2"). Il 4/4 pesanteviene caratterizzato dal movimento estremamente pesante e grazie alla sua eccellente riproduzione della parola è usato in grandi pezzi da chiesa, cori, e fughe." Se gli italiani avevano assunto già il metro unico indicando con C un 2/4+2/4 (oscillante appunto in due tempi), per i tedeschi esisteva ancora uno C "antico" inteso come fosse 2/4+2/4+2/4+2/4 (oscillante in 4) e quindi decisamente più lento, ed uno moderno tale che un allegro da concerto risultava molto più rapido di un allegro da messa anche perchè costruito con un metro dal "movimento naturalmente più rapido".
Mozart ovviamente non fà eccezione a queste regole. Si è calcolato ad esempio che egli adopera 14 tipi di Allegro, solo differenti per tipo di battuta e per classe di note adoperate. Alcuni esempi famigliari a qualsiasi operomane. Per quel che riguarda le note rilevanti, l'Aria di Leporello «Madamina» (Allegro in 4/4) ha quasi solo ottavi, e deve essere presa naturalmente più veloce del duetto «Oh statua gentilissima» (Allegro in 4/4) con le sue catene di semicrome in spiccato. Ancora più importante il movimento naturale della battuta, anche se purtroppo nelle rappresentazioni spesso non si sente alcuna differenza tra l'ottimista «Hier soll ich dich denn sehen» (Andante 3/8) di Belmonte e il suo funebre duetto con Konstanze «Meinetwegen sollst du sterben!» (Andante 3/4), che andrebbe staccato più lento.
L'esempio del Requiem
Veniamo ora al Requiem. Consideriamo sempre che ci troviamo di fronte a musica da chiesa, quindi come abbiamo visto tendenzialmente "più lenta" (vedi prob. 5). Nell'Introitus Mozart indica "Adagio in C". Ricordiamo che, essendo musica da chiesa, Mozart utilizza il metro "pesante", e quindi più lento del normale per sua costituzione (vedi prob. 6). Ma ricordiamo pure che la scansione in adagio si opera in ottavi e non in quarti, e che l'adagio dell'epoca era meno lento di quello di oggi (vedi prob. 1), quindi il tempo che ne derivasarà più lento di un normale adagio mozartiano ma più rapido di un "adagio romantico" staccato da una bacchetta lenta. Ancora più emblematica è la fuga del Kyrie, che porta la dizione "Allegro". Il tempo è sicuramente più rapido dell'Introitus, ma non "allegro" nel senso sinfonico cui siamo abituati. Il 4/4 pesante (sempre indicato con C), la presenza di una fitta coloratura in sedicesimi nel controsoggetto (densità melodica alta) e l'intricata trama polifonica (densità armonica alta) (vedi prob. 3), il carattere arcaico e serioso, tutto contribuisce a conferire un andamento molto lento. "Allegro" è evidentemente in questo caso una dinamica "d'accelerazione" (vedi prob. 4) che si oppone alla lentezza del metro, in modo da dare un risultato tipo "andante". Conferma indiretta l'abbiamo da Mozart stesso, che in una lettera allegata al suo Preludio e Fuga per piano K.394 si raccomanda: "Se la fuga non si suona adagio non si può sentire chiaro e distinto il tema, e non è di nessun effetto". Cosa succede se le caratteristiche del pezzo cambiano ma il metro no? Il Dies Irae è un buon esempio. Stilisticamente siamo ancora in una atmosfera grevemente barocca, però questa volta c'è monofonia corale compatta e non polifonia, effetto drammatico quasi teatrale, e un canto spiegato in quarti, al massimo in ottavi, non più in sedicesimi. Se pure fosse stato Allegro in C questo sarebbe stato un tempo più rapido del Kyrie. A incrementarlo ulteriormente c'è l'avverbio "assai" connotando così con "Allegro assai" un tempo sì "pesante" (dato dal metro arcaico) ma comunque molto rapido. Interessante ora, per capire come interagiscono i parametri che condizionano il tempo, confrontare il Dies Irae col Confutatis, che oggi vengono spesso staccati con un tempo molto simile ma che presentano in partitura indicazioni diverse.
Karl Bohm, per anni considerato uno dei più autorevoli direttori mozartiani, nella sua registrazione esegue il Confutatis molto lentamente e grevemente,attenendo la sua bacchetta all'indicazione di Mozart "Andante", indicazione che Mozart utilizza pure nel certamente lento Tuba mirum. Ovviamente il risultato è goffo proprio perchè Bohm, che non era informato sulla prassi esecutiva dell'epoca, oltre a staccare più lentamente l'Andante secondo tradizione romantica, ignorava proprio il cambiamento del metro. Se per tutta la messa Mozart indica con C il metro di 4/4 pesante, nel Confutatis scrive la frazione "4/4", quasi a voler evidenziare che si tratta stavolta di un "4/4 leggero" e quindi più rapido per sua natura (vedi prob. 2). Non stupisce, giacchè il Confutatis è il pezzo più teatrale della messa, e quello più direttamente ispirato alla scuola italiana (come già abbiamo visto). L'Andante in "4/4 leggero", in un pezzo del genere con una scrittura vocale molto distesa (specie nella parte centrale), rappresenta una indicazione di tempo rapida, più vicina al tempo del Dies Irae (che reca l'indicazione Allegro assai) che a quello del Tuba Mirum. La differenza sta allora proprio nel carattere: coerentemente col diverso metro, se il Dies Irae doveva essere rapido ma "pesante" nel senso di greve e spaventoso, il Confutatis doveva essere rapido ma "leggero" nel senso di spettrale e infuocato. Un'ultima considerazione: a conferma del fatto che Mozart fosse prima di tutto interessato al metro e al carattere come primi parametri del tempo, in alcuni numeri egli non dà indicazione alcuna di andamento. Il Recordare, scandito in 3/4, sarà naturalmente eseguito "dolce e nobile" come prescriveva Kirnberger, in un 3/4 più lento di quello dei frivoli minuetti. Mentre il Rex, col suo solenne e arcaico ritmo puntato (ovvero una nota lunga seguita da una nota brevissima e così via), avrà naturalmente una andatura maestosa. Il Lacrimosa poi, col suo ritmo composto in 12/8 e il carattere "lamentevole", si avvicinerà al tempo cullante di una siciliana piuttosto che a quello di una tarantella. Questi esempi di studio sui tempi delRequiem non servano solo a soddisfare la curiosità di confrontare certe conclusioni della filologia alla pratica reale delle esecuzioni odierne, ma bastino a farci capire quanto è complessa la materia di studio del "non scritto" in un affresco di questa complessità, e quanto questo non scritto sia il frutto di uno studio non solo puramente storico, ma pure estetico-stilistico, una visione meta-testuale importante per avvicinarsi ad un risultato che suoni, ancora oggi, credibile quanto lo era ieri
Francesco Zicari (AKA Triboulet)