Venerdì, 22 Novembre 2024

Backstage: Cose di Wagner - Bayreuth 1951 - di Pietro Bagnoli

Aggiunto il 20 Marzo, 2012

L’inaugurazione di questo ciclo di articoli non può non partire dalla riapertura del Festival di Bayreuth nel 1951. Di quell’anno ci restano: i Meistersinger e Parsifal, entrambi integrali, il primo diretto da Karajan e il secondo da Knappertsbusch. Sono registrazioni famosissime e passate giustamente alla Storia, anche se in realtà più la seconda della prima e per il contenuto dirompente, con particolare riferimento a Martha Mödl come Kundry; e poi alcuni frammenti dei due cicli del Ring.
Per quanto riguarda il primo ciclo, quello diretto da Knappertsbusch, il frammento – se così si può definire – è corposo: è tutto il Crepuscolo. Del secondo ciclo, gestito da Karajan, abbiamo Rheingold, Siegfried e il terzo atto della Walkiria.
Nel Crepuscolo di Knappertsbusch cantano: Astrid Varnay (ottima, anche se non ancora definitivamente lei), Bernd Aldenhoff (ovviamente Siegfried), Ludwig Weber (Hagen), Hermann Uhde (Gunther), Martha Modl (Gutrune e Terza Norna), Heinrich Pflanzl (Alberich) e persino Elisabeth Schwarzkopf (Woglinde).
Distribuzione interessante, che tiene conto degli ultimi riferimenti al passato recente (Weber, per fare un nome) e getta un ponte sul futuro, con la contemporanea presenza delle due Primedonne che, da quel momento in avanti, si spartiranno i ruoli per molti anni a seguire.
La Mödl quell'anno, come detto, era anche Kundry sempre con Knappertsbusch; la Schwarzkopf era contemporaneamente Eva nei Meistersinger con Karajan (disco originariamente Emi, 34 dischi a 78 giri, il più grande cofanetto di tutti i tempi in quel formato); la Varnay invece compariva solo nel Ring. Frau Astrid arrivò a Bayreuth alla corte dei fratelli Wagner su segnalazione di Kirsten Flagstad che, nel 1950, era stata contattata da Wieland. La Flagstad, che non ne voleva più sapere di cantare Wagner in teatro, contropropose la sua conterranea che approdò al Colle senza audizione, caso unico nella storia di Bayreuth.
Per entrambi i cicli del Ring ci fu il progetto di registrazione. Knappertsbusch fu registrato per Decca/Teldec da Culshaw (che tornerà ancora nel 1955 per registrare il ciclo di Keilberth); il secondo doveva invece essere registrato da Legge per la Emi.
Entrambi i master fecero una brutta fine: nel primo caso perché Knappertsbusch fu giudicato poco adeguato e non in forma per Rheingold, Walkure e Siegfried oltre che per problemi tecnici di microfonazione e di matrici; il secondo, peggio ancora, di fatto non fu completato sotto etichetta Emi perché Legge contava di registrare per bene Karajan a partire dal 1952, per cui di quel ciclo abbiamo Rheingold e Siegfried - non usciti per la Emi e pubblicati per etichette alternative - e il terzo atto di Walkure (con Sigurd Bjoerling e la giovanissima Leonie Rysanek), che fu l’unico frammento – peraltro di straordinaria bellezza – pubblicato da Legge.
E siccome il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, le cose, come ormai noto, andranno comunque diversamente da quanto auspicato da Legge: Karajan nel 1952 avrebbe fatto “solo” (si fa per dire: fu un capolavoro di quelli che cambiano la storia dell’interpretazione) il Tristan, dopo di che se ne sarebbe andato da Bayreuth sbattendo la porta per insanabili divergenze con Wieland; e non sarebbe mai più tornato.
Le registrazioni strutturate del Ring sul Colle sarebbero iniziate sì nel 1952, ma con Keilberth: il vero, grande altro protagonista nel golfo mistico di quegli anni.
Ciò detto, ed escludendo momentaneamente Siegfried e Rheingold di Karajan, vale la pena di fare qualche considerazione su queste due registrazioni del Crepuscolo di Knappertsbusch e del terzo atto di Walkiria di Karajan.

La qualità tecnica dell'ascolto del Crepuscolo - per essere frutto di una matrice di Culshaw - non è grandiosa: negli anni successivi si sarebbe fatto di molto meglio. Persino il Parsifal di quell’anno riuscì molto meglio.
Da un punto di vista dell'elaborazione della materia – di quello che oggi conosciamo come “stile Neue Bayreuth” - siamo ancora work in progress; e si sente.
La Varnay non ha ancora la visione spirituale, quasi trascendentale, del personaggio che più di ogni altro l'ha consacrata alla gloria imperitura.
La Mödl sembra anch'essa spaesata, soprattutto come Gutrune (ruolo non adatto a lei; meglio come terza Norna); meglio di lei la Hoengen come Waltraute.
Weber - per grande che fosse stato precedentemente (e grande lo era ancora in altri ruoli) - e soprattutto Aldenhoff non c'entrano già più niente con le atmosfere austere e rarefatte evocate da Knappertsbusch alle prese con l'opera del Ring che gli era più congeniale.
Eppure questa provvisorietà, questa ricerca di uno stile che fosse definitivo, emozionano l'ascoltatore in grado di cogliere l'eccezionalità del documento, tanto più che il direttore ci mette del suo nel tenere le redini di uno spettacolo di cui purtroppo possiamo solo intuire l'aspetto figurativo sulla base delle foto che ci sono rimaste.
La stessa Varnay, che aveva già debuttato Brunnhilde dieci anni prima (a ventitrè anni!) sostituendo Helen Traubel al Metropolitan – e sei giorni prima aveva debuttato Sieglinde sostituendo, sempre al Met, Lotte Lehmann – presenta una voce al massimo della forma, ma ancora lontana da quella violenza espressionista che caratterizzerà le prove seguenti e segnerà le performance anche meno interessanti quanto a mera qualità vocale.
Ciò che è invece ancora poco interessante, in questa registrazione, è la performance di Aldenhoff, cantante ancora fermo a concezioni ancien régime e quindi lontano dagli standard che poi si affermeranno con Windgassen, signore e padrone del ruolo a partire dal 1953 (Krauss e Keilberth), sul Colle e non solo.
Insomma, per adesso un abbozzo che può contare su una Brunnhilde che, benché in forma vocale strepitosa, non appare ancora devastante come negli anni a venire.

/> Quanto a qualità tecnica, curiosamente risulta migliore la matrice di Legge che pure si basava su una tecnologia più antiquata e che fu comunque rimasterizzata negli studi Abbey Road: c’è qualche problema di piani sonori – per dirne uno: la Thomamüller, Helmwige, suona molto lontana – ma per il resto gli armonici suonano più rotondi rispetto ai nastri di Culshaw.
Sul piano interpretativo, invece, c’è da fare qualche osservazione:
- Karajan appare nettamente più avanti di Knappertsbusch nell’elaborazione di un linguaggio comunicativo più moderno e adatto alla cornice realizzata da Wieland. Anche considerando la cornice emozionale più intensa legata proprio al terzo atto della Walkiria rispetto al monumento del Crepuscolo, i colori orchestrali sono molto più sbalzati, le dinamiche sono varie e mutevoli; e i tempi sono inevitabilmente più incalzanti rispetto al più anziano collega. Basti, per avere un’idea complessiva, ascoltare una qualunque delle realizzazioni del terzo atto di Walkiria di Knappertsbusch, per esempio quella del 1956
- La Varnay è molto meno ingessata con Karajan che con Knappertsbusch. Siamo di nuovo sulle considerazioni precedenti: non è la stessa opera, per cui si potrebbe discutere molto sulle differenze di scrittura delle due parti, eppure la sensazione che la Varnay si trovasse meglio a contatto con personalità più eccentriche, o che quanto meno ne imbrigliassero meno il temperamento, è difficile da scansare
- A proposito di personalità dirompenti, in questo frammento di Walkiria c’è da rilevare l’impatto fortissimo della Rysanek (25 anni!) che tiene testa alla Varnay con una forza e una violenza espositiva che trovano pochissimi paragoni nel resto della discografia. Spiace che manchi il resto del suo ruolo e, francamente, stupisce che ricompaia nella scenografia del Colle come Sieglinde solo nel 1958!
Questa non è ancora la Walkiria di Karajan, ma ci si avvicina non poco: i colori e i contrasti sono ancoraalquanto esacerbati rispetto a quello che si sentirà più avanti in studio, ma il progetto è già avanti.
Le dinamiche sono interessanti, molto più mutevoli e prive di riferimenti rispetto al più vecchio Kapellmeister; giova peraltro ricordare che Karajan sostituiva Knappertsbusch nelle prove non solo del Ring, ma anche del Parsifal, aspetto inquietante ove si consideri l’abisso che separa la concezione interpretativa dei due direttori.
È chiaro che con la registrazione in studio, il direttore austriaco si spingerà molto più in là; ma già questo spezzone permette di rimpiangere non solo la mancanza del ciclo completo, ma anche della prosecuzione di un rapporto che porterà, peraltro, un frutto importante l’anno successivo con il già citato Tristan, affidato a due interpreti eccezionali e di approccio modernissimo come Mödl e Vinay.

L’analisi comparata di queste due testimonianze permette di identificare i landmark della Neue Bayreuth nelle intenzioni dei nipoti di Bayreuth: il rinnovamento nella tradizione.
Knappertsbusch arrivava al Colle del tutto esente da problemi di nazismo (era abbastanza detestato da Goebbels), e questo era un vantaggio non banale data la peculiarità della situazione storica e culturale di un luogo che era stato qualcosa di più che un buon ritiro per Hitler, che aveva scritto “Mein Kampf” sulla carta generosamente fornita da Winifred Wagner. A Bayreuth, Knappertsbusch c’era già stato un paio d’anni a partire dal 1910 come assistente di Hans Richter e di Siegfried Wagner; ci tornò appunto nel 1951 e ci rimase sino al 1964 con la sola eccezione del 1953.
Con Karajan invece era tutt’altro paio di maniche. Più giovane di vent’anni, era entrato nel partito nazionalsocialista forse più per motivi di carriera che non per convinzione. Prima del suo ingresso a Bayreuth aveva già diretto un ciclo completo del Ring a Aachen; arrivava forte di una fama, oltre che di enfant gaté del nazismo, anche di straordinariomusicista.
Knappertsbusch tradizionalista, ascetico, riservatissimo, che non amava le prove.
Karajan vulcanico, raffinato, estetizzante, amante delle prove e disposto ad assumere anche quelle del collega più anziano.
La coesistenza fra due personaggi così antitetici non doveva essere facile ma, nelle intenzioni degli organizzatori del Festival, questa doveva essere la base per creare uno stile che risalisse alle fonti della più pura ispirazione wagneriana, quella tramandata e custodita da Cosima.

A chiusura di questa prima puntata, qualche considerazione supplementare sulle interpreti femminili.
Delle grandi Primedonne, l’unica veramente scelta da Wieland è stata la Mödl; la Varnay, peraltro da quel momento in avanti pilastro d’acciaio degli anni della Neue Bayreuth, venne come alternativa alla Flagstad.
A parte la considerazione piuttosto bizzarra della necessità evidentemente sentita da Wieland e Wolfgang di una coesistenza fra vecchio e nuovo nella Neue Bayreuth, è curioso notare che colei che doveva essere “il sopranone” erede della tradizione delle varie Fuchs, Fremstad, Flagstad, Grob-Prandl è in realtà un ex mezzosoprano specialista di Kundry, prestata magnificamente a Isolde (e che perciò rifiutò di fare Brangäne nella registrazione del Tristan di Furtwaengler) e adattata alle supposte misure di Brunnhilde, evidentemente molto più centralizzante di quello che si crede.
Credo che sia quindi doveroso considerare la Mödl come la vera interprete ipotizzata da Wieland come paradigma di tutti i grandi ruoli wagneriani.
Attenzione: questo assioma andrà decisamente contro la vecchia scuola di Bayreuth – quella di Cosima – che prevedeva una netta dicotomia fra le interpreti di Brunnhilde e quelle di Isolde; ne riparleremo (1 - continua)
Pietro Bagnoli

Categoria: Backstage

 

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