Backstage: La Fanciulla senza... Minnie
Aggiunto il 17 Dicembre, 2017
G. PUCCINI
La Fanciulla del West
Direttore | Juraj Valčuha
Regia, Scene e Costumi | Hugo De Ana
Light Designer | Vinicio Cheli
Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo
Minnie, Emily Magee
Dick Johnson, Roberto Aronica
Jack Rance, Claudio Sgura
Nick, Bruno Lazzaretti
Ashby, John Paul Huckle
Sonora, Gianfranco Montresor
È difficile decidere alla fine di questa serata se iniziare parlando della splendida concertazione del Maestro o se rammaricarsi per la clamorosa mancanza della protagonista.
Iniziamo dalla note più belle. Cioè dalla strepitosa direzione di Valčuha. Alla testa di un’orchestra in ottima forma e che lo segue e respira con lui in ogni momento, il direttore realizza una delle più straordinarie esecuzioni di Fanciulla di sempre e che si pone a livello di quelle di Sinopoli e Maazel. E forse le supera anche perché ribalta il punto di partenza. Valčuha non parte da Puccini per arrivare a Strauss ma fa una sorta di lavoro al contrario. Esegue Fanciulla come se fosse un vero e proprio poema sinfonico esaltandone però le meraviglie “pucciniane”. L’accordo iniziale violento e brutale, ammorbidito subito dopo da una infinita serie di rubati e ritenuti, ci porta quasi nella partitura della Frau straussiana. Riecheggia nella direzione la vecchia lezione di un altro gigante di quest’opera, Lovro von Matacic, che procedeva con lo stesso andamento.
Anche in Valčuha il senso narrativo è straordinario e fluisce senza sosta. Il suono orchestrale - talvolta portato a volumi estremi - è sempre però controllato: speciale menzione per i legni del San Carlo capaci di suoni commoventi.
Purtroppo però per fare una Fanciulla memorabile serve Minnie. E qui una Minnie vera non l’abbiamo avuta. O meglio. Ad essere precisi ne abbiamo avute tre, una che cantava la prima ottava, una la seconda fino
al passaggio e una terza Minnie impegnata negli acuti. Purtroppo la voce di Emilie Magee, soprano dalla carriera importante e artista dalle grandi doti sceniche, è ormai spezzata in tre tronconi totalmente sconnessi l’uno dall’altro. Si sente il grande impegno e la voglia di interpretare. Ma per quanto si sforzi la voce va da una parte e le intenzioni sceniche dall’altra. Restano dei buoni acuti nella partita a poker ma che sono sostanzialmente solo colonne di suono senza controllo. Oltretutto il San Carlo è un teatro vasto e la Magee è costretta ad urlare praticamente sempre per “passare” l’orchestra.
Solidissimi invece i ruoli maschili. Aronica e Sgura sono ormai interpreti di riferimento di Johnson e Jack Rance, li abbiamo anche sentiti alla Scala nella produzione con Chailly. Aronica canta sempre tutto forte ma è comunque uno splendido sentire. Soprattutto nel secondo atto - nel quale Valčuha risparmia a tenore e soprattutto soprano le 13 micidiali battute del famoso “qui ci vuol gola....”. Bravo come dicevo anche Sgura, intelligente nella sua caratterizzazione di uno sceriffo sempre più distaccato dagli avvenimenti della Polka.
Ottime quasi tutte le altre parti, fondamentali per la riuscita dei singoli quadri pittorici di quest’opera. E come sempre in questo caso l’essere italiani nella dizione e nel modo di articolare il canto di conversazione pucciniano fa la differenza.
La regia, i costumi, le scene e quant’altro sono di Hugo de Ana in una coproduzione con Bilbao.
Regia tradizionalissima. Ai limiti del didascalico. La casetta di Minnie è talmente minuziosa da far pensare che ogni parola della descrizione della casa fatta nel primo atto sia stata riportata nelle scenografie.
A mio modesto gusto una regia che non dice nulla ma che sicuramente a molti potrà piacere per un innato senso del buon gusto e della sobrietà.
Grande successo per tutti. Ovazioni per Valčuha.
Una piccola nota. Originariamente era prevista - mesi fa - Anna Pirozzi, grazie alla quale avremmo avuto una Fanciulla diversa. Con la Magee purtroppo la partita era persa in partenza, anche con “tre assi e un paio...”
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