Backstage: impressioni di una prima
Aggiunto il 08 Dicembre, 2017
Andrea Chenier
Direttore Riccardo Chailly
Regia Mario Martone
Scene Margherita Palli
Costumi Ursula Patzak
Luci Pasquale Mari
Coreografa Daniela Schiavone
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
CAST
Andrea Chénier Yusif Eyvazov
Maddalena di Coigny Anna Netrebko
Carlo Gérard Luca Salsi
La mulatta Bersi Annalisa Stroppa
La Contessa di Coigny Mariana Pentcheva
Madelon Judit Kutasi
Roucher Gabriele Sagona
Il romanziero, Pietro Fléville, pensionato del Re Costantino Finucci
Fouquier Tinville, accusatore pubblico Gianluca Breda
Il sanculotto Mathieu, detto "populus" Francesco Verna
Un "Incredibile" Carlo Bosi
L'Abate, poeta Manuel Pierattelli
Schmidt, carceriere a San Lazzaro Romano Dal Zovo
Il Maestro di Casa/Dumas, presidente del Tribunale di Salute Pubblica Riccardo Fassi
Ho preferito scrivere queste piccole note sulla prima scaligera questa mattina a mente fredda piuttosto che ieri sera ancora a caldo evitando così che alcune emozioni modificassero i giudizi.
Dando una rapida occhiata qua e là in rete noto che da ieri sera tutti sono sommi esegeti dell’Andrea Cheniér, opera della quale fino al 6 dicembre molti conoscevano solo la romanza di Maddalena, e non certo per averla sentita a teatro. Ma vabbè. Non avremo modo di essere commissari tecnici della nazionale ai mondiali di calcio. Buttiamoci quindi sul verismo e trasformiamoci tutti in sovraintendenti.
Una piccola premessa necessaria. Tutto quanto scrivo è frutto di ascolto e visione diretta in teatro, non filtrato quindi dalla solita - mi dicono orrenda - ripresa audio video di mamma Rai.
Riccardo Chailly conosce quest’opera alla perfezione. Ci crede e porta avanti il suo progetto con estrema cura e attenzione. C’era lui alla Scala con Carreras e la Marton nell’ultima esecuzione e
dell’opera ha lasciato una bella interpretazione discografica, un po’ ridimensionata da un cast non sempre all’altezza.
A Chailly si può forse rimproverare un inizio un po’ “rigido” dovuto ad una certa tensione palpabile fin dai giorni scorsi e ieri talmente evidente da tagliarsi con il famoso coltello.
Dal secondo quadro - ebbene sì, quadro non atto - la direzione di Chailly mette le ali. L’allegro brillante in apertura è reso con cameristica precisione abbinata ad una forza percussiva senza pari, laddove spesso altri la trasformano in un casino da sagra paesana. L’orchestra è brillante è precisissima. Meravigliosa la scena del
Caffè e il piccolo concertato che segue così come la chiusa finale serrata e dolce.
L’apertura del terzo quadro non è certo il momento musicale più sublime mai scritto e Chailly lo rende esattamente così come è senza cercarvi finezze che non esistono. Bella l’idea di un magma sonoro incessante e senza soluzione di continuità e molto evidente la citazione wagneriana nella scena del tribunale. Il quarto finale è una esplosione di potenza, forza, dramma e intensità. L’orchestra è tenuta sempre su sonorità molto forti ma nel contempo molto precise e puntuali.
Salsi è una mezza delusione. Canta Gérard con tutte le note, in sala si sente, la voce corre bene ma quello che manca è quel modo di cantare un po’ meno rozzo di quello che abbiamo sentito ieri. La lunga aria del terzo atto vocalmente ci può stare - anche se l’emozione era palpabile - ma lascia perplessi il gusto un po’ datato con gestualità che credevo dimenticate e chiuse in soffitta.
Anna Netrebko ha carisma anche a bocca chiusa. Figuriamoci quando canta. La sua è una prestazione in crescendo, un po’ come tutti e un po’ come è normale in una serata così sul filo. Meravigliosa nell’avvicinarsi a Chenier nel II quadro. Bellissimo il micidiale passaggio di Son sola e minacciata. Il Fa di proteggermi volete suona pieno, sonoro eintensissimo.
Si nota un evidente scurimento della voce, probabilmente naturale, ed alcuni suoni con tipica fonazione russa ma che son poca cosa nell’ambito di un bella prestazione globale. Bellissima la “Mamma morta” cantata con una inconsueta drammaticità e aggressività. Intrigante l’idea di non essere la solita Maddalena dimessa ma di combattere contro Gerard con estrema forza. Il duetto finale è trascinante. Su un’orchestra che è un magma incandescente la Netrebko svetta con incisività e forza coinvolgenti, trascinando anche Yusif.
Eyvazov doveva essere l’anello debole del cast. Il tenore del disastro. Un indecente cantante che non doveva nemmeno permettersi di mettere piede in teatro. Oltretutto il panorama tenorile attuale offre tanti e tali Chenier di riferimento. Assurdo come la Scala abbia preferito Eyvazov a Corelli o Gigli. O forse allo stesso Borgatti che magari era libero.
Scherzi a parte, il tenore ha sicuramente vinto la sua scommessa grazie ad una preparazione ferrea, minuziosa e ad un coraggio invidiabile. In questo Chailly è stato maestro mirabile nei mesi di studio che hanno preceduto la prima.
Yusif entra cauto, forse anche terrorizzato. L’Improvviso è rigido, privo di colori e poco ironico ma al momento della rivelazione dell’amore l’acuto si libera facile e sonoro stemperando gran parte della tensione. Bene l’aria del secondo quadro con i Si bemolle sonori e ben proiettati. Delude un po’ nel duetto con pochi colori.
Benissimo invece la perorazione in aula con i La bemolle finali luminosissimi.
Il duetto finale è strepitoso - per onestà bisogna dire che è Anna a trascinare i due e non viceversa - ma alla fine la prestazione è sicuramente positiva. La voce non ha un timbro accattivante e lo sappiamo ma la buona dizione e una sicurezza sempre più evidente hanno consentito a Eyvazov una bella prestazione. È sufficiente per una prima? Non lo so. Ma in giro ho sentito poco dialternativo. A cominciare da JK che ha realizzato a Londra uno Chenier anonimo.
Ottimi i comprimari. Ad iniziare da Carlo Bosi. Un incredibile assolutamente perfetto. Incanta ancora una volta dopo la splendida Suzuki dello scorso anno Annalisa Stroppa nel ruolo della Bersi.
Resta la regia di Martone. Che delude. L’idea di base di una regia di contrasti è interessante. Bella la scena del ballo del primo quadro con la nobiltà “freezed” e bella l’idea di un’opera in continuo movimento come una proiezione cinematografica. Ma qualcosa manca. C’è quel senso di incompiuto e di poco coraggioso che lascia l’amaro in bocca. Soprattutto alla luce delle due precedenti prove del regista alla Scala. Decisamente più riuscite. Meglio comunque la seconda parte con una scena del tribunale ben gestita e il finale con l’autocitazione della ghigliottina.
Grande merito alle luci di Pasquale Mari. Le scene di Margherita Palli conquistano solo se viste in campo lungo, motivo per il quale credo che in televisione siano risultate insignificanti. I costumi erano di Ursula Patzak.
Grandi applausi liberatori dopo un clima di eccessiva tensione, spropositato e senza senso.
Parliamo ora delle contestazioni. Giunte dopo una serie di uscite - definiamole protette - tutti insieme. Forse disturbati da una claque abbastanza invadente alcune Balcony girls divertentissime hanno iniziato a fischiare all’indirizzo dei tre protagonisti. Ma a quel punto, dopo dieci minuti di applausi intensi non hanno sortito l’effetto desiderato. Tranquilli che avrete altre occasioni.
E visto che ho iniziato in stile calcistico finisco con delle vere e proprie pagelle.
Chailly/Orchestra/Coro: 9
Martone e team registico: 5,5
Yusif Eyvazov: 7,5
Anna Netrebko: 8,5
Luca Salsi: 6
Stroppa/Bosi/Kutasi: 8,5
Altri: 7,5
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