Backstage: La Clemenza di Tito a Salisburgo – di Francesco Brigo
Aggiunto il 01 Agosto, 2017
La Clemenza di Tito in scena in questi giorni al Festival Estivo di Salisburgo sta facendo molto discutere per la decisione di interpolare alcuni brani tratti da composizioni sacre di Mozart, come il Kyrie dalla Messa di Requiem o il Benedictus e il Laudamus Te dalla “Grande Messa” in do minore, e per la drastica riduzione dei recitativi. Scelte che hanno fatto gridare allo scandalo soprattutto chi, questa Clemenza, non l´ha vista. Raramente come in questo spettacolo si è vista una simile coesione (quasi interdipendenza, verrebbe da dire) tra parte musicale, concezione registica e rappresentazione scenica. Per Peter Sellars e Theodor Currentzis la Clemenza di Tito è una sorta di liturgia laica. In un mondo desacralizzato la musica di Mozart esprime con forza la propria incrollabile fiducia nell´umanità. La divinità è nell´uomo, e il sovrano giusto e illuminato è l´espressione della giustizia e della luce di Dio in terra. La Clemenza di Tito venne composta e rappresentata nel 1791 per celebrare l´incoronazione di un monarca assoluto. Nel giro di due anni, in Francia un altro monarca assoluto, Luigi XVI, sarebbe stato deposto e decapitato. La Clemenza di Tito, così come pensata (e ripensata) da Sellars/Currentzis diventa quindi riflessione sul senso del potere in tempi di crisi, sulle sue fondamenta, sulla sua giustificazione. Tito è clemente e giusto perché illuminato non dalla luce di Dio, ma dalla luce della propria umanità. Quella luce che lo fa diventare Dio. La Clemenza di Tito diventa quindi un oratorio, un´opera liturgica, una cerimonia di liturgia laica. L´ambientazione contemporanea, le problematiche dei flussi migratori e del terrorismo globale costituiscono la cornice dello spettacolo, al cui centro resta l´uomo e le sue emozioni. A distanza di più di trent´anni dalla rivoluzionaria Theodora di Glyndebourne, Sellars si conferma il regista che più di ogni altro è in grado di tradurre in gesti la poetica degli affetti che impregna di sé tutta la retoricabarocca e tardobarocca.
La concezione registica è indissolubilmente legata a quella musicale. Il Mozart di Currentzis è un Mozart estremo, lacerato, dalla violenza quasi espressionista. Ma è anche un Mozart in cui convivono momenti di contemplazione, di sospensione estatica, di silenzi (“Ah, grazie si rendano”, “Parto, parto”) . Sonorità aspre e sforzate si contrappongono così a momenti di lirismo dalla sensualità estrema, in una lettura di immediata, bruciante teatralità. Non ama le mezze misure, Currentzis. Il suo Mozart non è il “chocoMozart creato per compiacere i turisti”. Le sonorità e i tempi adottati possono non convincere, possono essere criticati, anche aspramente, ma non possono lasciare indifferenti. Né possono essere giustificate accuse di pressapochismo o superficialità: il risultato, per quanto discutibile, è innegabilmente il frutto di un enorme lavoro di concertazione e di riflessione sulle sonorità più adatte ad ogni momento del dramma. Personalmente, ho amato in modo viscerale questa Clemenza di Tito visionaria e follemente estrema.
Dal punto di vista vocale le cose sono andate meno bene. Il tenore Russell Thomas, di voce non estesa e piuttosto sforzata, ha avuto molte difficoltà nell´affrontare l´ardua coloratura dell´aria finale al secondo atto, senza peraltro mai mostrarsi particolarmente spigliato in scena. La Vitellia di Golza Schultz, nonostante qualche buona intenzione interpretativa, è stata gravemente limitata da un registro grave pressoché inesistente, mentre il mitico Willard White è risultato del tutto fuori parte come Publio. Assolutamente impeccabile invece Marianne Crebassa nel ruolo di Sesto, reso con grande freschezza ed immediatezza espressiva (la grande aria con clarinetto obbligato – suonato in maniera eccelsa da Florian Schuele - è stata salutata da un´autentica ovazione). Ma eccellenti anche Christina Gansch come Servilia (impegnata anche nell´esecuzione del Laudamus Te) e Jeanine de Bique nel ruolo di Annio.Coro e orchestra di camaleontica bravura. Applausi calorosi per tutti gli interpreti, con ovazioni per la Crebassa e Currentzis, e qualche contestazione per Sellars.
Francesco Brigo (dottor Malatesta)