Domenica, 06 Ottobre 2024

Backstage: Il trionfo di GiovANNA - di Flipperino

Aggiunto il 08 Dicembre, 2015

Giuseppe Verdi
Giovanna d’Arco

• Carlo VII Francesco Meli
• Giovanna Anna Netrebko
• Giacomo Devid Cecconi
• Talbot Dmitry Beloselskiy
• Delil Michele Mauro

Direttore Riccardo Chailly
Regia Moshe Leiser
Patrice Caurier
Scene Christian Fenouillat
Costumi Agostino Cavalca
Luci Christophe Forey
Video Etienne Guiol
Movimenti coreografici Leah Hausman

Milano, Teatro alla Scala, 7/12/2015


Chailly vs. Altri 2 - 0. Crudele, acido, cattivo ma è il commento più onesto sentito ieri alla Scala. Dopo l'inaugurazione della stagione Expo con una meravigliosa Turandot in cui aveva letteralmente preso possesso dell'orchestra, Chailly si porta a casa la seconda inaugurazione con un trionfo (assolutamente si. Un trionfo) e vince una scommessa, seppur calcolata, ma non certo facile.

Questo 7 dicembre verrà ricordato in primis per la quantità di forze dell'ordine che hanno presidiato il Teatro. Strade chiuse tutto intorno. Controlli con il metal detector. Cecchini sui palazzi storici che circondano la piazza. Fuori un clima surreale.
Dentro tutto procede liscio e senza intoppi.
Giovanna d'Arco non si rappresentava alla Scala da 150 anni. Conosciamo tutti quest'opera grazie alla bella registrazione di un ispiratissimo Levine.
Chailly l'ha fortemente voluta. Così come l'ha fortemente voluta Anna Netrebko, da qualche anno Paladina del ruolo. Anzi c'è qualche sospetto sul fatto che l'opera vada in scena anche grazie a lei.
Non mi dilungo sulle debolezze - più che altro letterarie - dell'opera. Personalmente non la ritengo certo la peggiore opera di Verdi. Anzi trovo miracoloso che con un tale libretto Verdi sia riuscito a farne una musica sempre funzionale. Talvolta bellissima. Talvolta orrenda. Ma sempre funzionale, dal passo teatrale preciso, con musica brutta dove serve, cadute di gusto

quasi messe ad arte. Ed in più è piacevolissimo ascoltare altre opere che verranno, anticipate dallo stesso compositore.
Come non rimanere colpiti nel sentire il futuro Don Carlo, o l'anticipo del Rigoletto o alcuni scabrosissimi passaggi vocali che Verdi ripresenterà per Leonora della Forza?


Certo, per un'opera del genere serve una esecuzione di estremo livello. Ieri finalmente ne abbiamo avuto - con una eccezione che verrà colmata nelle prossime recite - la versione di riferimento.
La regia, affidata alla coppia Leiser/Caurier, risolve il problema di una trama che non regge spostando il dramma nella mente di una ragazza dell'Ottocento che crede di essere la Pulzella d'Orleans.

Ispirati agli studi sull'isteria e sull'epilessia del celebre Jean-Martin Charcot, i registi fanno delle "lezioni della Salpetriere" del celebre neurologo il punto centrale del personaggio. Giovanna è letargica, catalettica, sonnambula come nelle fasi dello stato ipnotico. E in questi tre stati della mente si svolge la vicenda.

Davvero una idea bellissima. A volte realizzata in modo pacchiano ma splendidamente concepita con una grande tecnica. Non credo sia sbagliato dire che il lavoro dei due registi è totalmente inscindibile dalle scene di Fenouillat, dalle proiezioni di Guiol, dai costumi di Cavalca e dalle luci di Forey.



È però il versante musicale che rende la serata di ieri un vero trionfo.
Chailly ama quest'opera e si sente ad ogni passaggio. Forse leggermente trattenuto e raffinato nella Sinfonia, procede poi con un passo teatrale impressionante, sottolineando e indugiando qua e là nell'anticiparci altri capolavori verdiani. Forte del contributo di una orchestra magnifica - quanto tempo che non sentivo un Verdi così - Chailly ricrea magnifici colori sottolineando la follia onirica di Giovanna con terse luminosità increspate di una angoscia senza pari. Carlo entra in scena dorato (la malata Giovanna lo vede così) e Chailly ricopre le sue note di una tinta dorata iridescente.
Sentite come colora i due cori degli Spiriti malvagi e degli Spiriti eletti. Una vera lezione tra ritmiche diversissime e impasti timbrici inaspettati. Complimenti a Bruno Casoni e al suo splendido coro.
Insomma Chailly ci crede, crede alla bellezza e alla bruttezza di tutta l'opera, anche del coretto "disneyano".

Se qualcuno al mondo avesse ancora qualche dubbio su Anna Netrebko, dovrebbe ascoltare e mandare a memoria la sua prova di ieri. Annuska si impossessa del ruolo di Giovanna, lo distrugge per ricomporlo pezzo dopo pezzo e regalarci l'interpretazione di riferimento per gli anni a venire.
Perfetta nella recitazione voluta dai registi, sguardi che bucano lo spettatore - immagino solo cosa siano stati in televisione - una profonda conoscenza della nevrosi che deve affrontare in scena.
E poi la voce. E che voce!
Agilità belcantistiche contrapposte a drammaticità di certi personaggi verdiani del futuro. Anna è pronta e perfetta in ogni momento. L'elegia è resa mirabilmente grazie a un timbro purissimo, filati appoggiati saldamente, mezze voci estatiche. Il lato folle e drammatico del concertato del III atto, grazie ad un timbro corposissimo, suona perfetto.
Il finale è emozione pura.
Insomma anche la Netrebko ci crede, e noi con lei.
Una prova maiuscola che manda in pensione definitivamente la Giovanna della Caballe, pur con tutti i suoi pregi.

Il timbro dorato di Meli è perfetto per il ruolo di Carlo e lui lo impreziosisce con delicate mezze voci, pianissimi eterei e improvvise accensioni che inchiodano alla sedia. Finalmente un tenore vero. Non una esaltazione della voce gonfiata. Bravo. E bravo soprattutto nell'aver saputo reggere il confronto con quel mostro di bravura della Netrebko.

La bronchite ci ha provato dell'ascolto di Carlos Alvarez, nel ruolo di Giacomo, dai registi pensato come un vecchio padre bigotto e perbenista, molto vicino a Germont di Traviata.
Al suo posto Devid (con la e) Cecconi, forse uno dei pochi baritoni che conoscono la parte. Altrimenti bisognava chiedere ad un tenore (!).
Sicuramente emozionato, ha offerto una prova decorosa in una parte ingrata e davvero antipatica. La voce suona correttamente in teatro. Quello che latita è la personalità, ma forse ieri era chiedere troppo.

Bravo, come sempre, Dmitry Beloselskiy in Talbot e onesto Michele Mauro in Delil.

Una nota finale ancora per il coro. Rendere credibili gli orrendi versi del finale così è impresa non da poco. Il lamento corale e lo sguardo fisso e allucinato di Annuška rimarranno un momento di storia del teatro indimenticabile.

Successo clamoroso per tutti. Ovazioni per la Netrebko che, sciolta la tensione, si diverte a fare inchini e corse per il palcoscenico.
Ovazione per Chailly.
Un 7 dicembre davvero da ricordare.


Marco Delfini Strozzi (Flipperino)

Categoria: Backstage

 

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