Backstage: Le cronache di Flipperino: Norma a Los Angeles
Aggiunto il 30 Novembre, 2015
Il Dorothy Chandler Pavillion di Los Angeles riscopre "Norma" dopo circa 20 anni di assenza con un cast tutto americano, sia sul versante musicale sia sul versante registico.
Preceduta da un enorme buzz di tutta la stampa americana, in particolare da quella di NYC che stranamente sponsorizzava uno spettacolo di LA, la grande curiosità era tutta per Angela Meade, sopranone di Washington, vincitrice del Richard Tucker Award e lanciatissima in carriera su tutti i palcoscenici americani. Norma è ruolo altamente "demanding" e onestamente la Meade ha offerto una prestazione straordinaria, ben al di là di ogni più rosea previsione.
Iniziando da quello che paradossalmente è una difficoltà, cioè la mole imponente: la Meade ha dimostrato uno straordinario senso dell'occupazione dello spazio, del movimento, dell'azione, dimostrandosi vera regista di se stessa e supplendo alle clamorose carenze registiche di tale Anne Bogart, alla quale diamo il premio dello spettacolo più inutile della storia. Cosa ha fatto la Bogart in Norma? Si è limitata a posizionare i cantanti qua e là, indicargli dove andare, quali braccia alzare (alternando con grande fantasia braccio destro e braccio sinistro) e quando alzare le braccia al cielo. Pessimamente assistita dalle scene di Neil Patel che ha pensato bene di posizionare un enorme "buco" al centro della scena, scomodissimo per i cantanti, all'interno del quale si svolgevano i duetti e i momenti d'amore dell'opera. Fuori dal buco, tutto il resto.....
La parte musicale quindi l'ha fatta da padrona, prendendo decisamente il sopravvento.
Dicevamo della Meade, voce non particolarmente accattivante, molto ben governata tecnicamente, capace di pianissimi e filati soggioganti e capace di imperiosi stacchi all'acuto di grande impatto.
Un po' cauta in "Sediziose Voci", si è poi lasciata andare presentando un "Casta Diva" davvero particolare, molto pudico, sottile: peccato quelle continue braccia in
aria a cercare di raggiungere la luna con le mani.... (!) L'agilità è sicuramente il tallone d'Achille della Meade e lo si percepisce in "Ah bello a me ritorna". Nel finale I e in tutto il II atto però la Meade è invece una Norma eccellente. Struggente il recitativo "dormono entrambi": la disperazione della madre viene percepita nota per nota, la senti a pelle e ti emoziona. Un momento estremo da godere ad occhi chiusi (anche perché poi li riapri e ti trovi la scena orrenda di Natel). Bravissima nel finale, orgogliosa, svettante, sempre madre, sempre sacerdotessa, sempre amante, la Meade ha dimostrato una perfetta aderenza al ruolo. Davvero una prova magnifica salutata da una autentica ovazione del pubblico del Dorothy. Sicuramente avrà una carriera luminosa più nei paesi anglosassoni che nei nostri, ma è comunque un nome importante che lascerà il segno.
Mi sento invece di dire senza timori che al Dorothy Chandler Pavillion è nata una stella: il giovane mezzosoprano Jamie Barton, recente vincitrice dell'ultimo Richard Tucker Award ha una voce sontuosa, corposa nei centri e nei gravi ma facilmente svettante in alto. Colore bellissimo screziato da increspature dorate e luminose, capace di piegarsi in infiniti pianissimi e in discese portentose verso il basso senza cadute di stile. Unico neo, anche in questo caso, il fisico che non l'aiuta di certo, soprattutto per una certa difficoltà a gestire la fisicità così importante in scena. Ma la voce c'è. La personalità pure. E il successo le arriderà senza dubbio alcuno. Prossimi impegni infatti al Met come Giovanna Seymour, poi Francoforte e la ROH.
Più normale il versante maschile. Onesto e solido il Pollione di Russell Thomas, voce di acciaio, buoni acuti, personalità piccina (insomma tutto quanto fa il più tradizionale dei Pollioni). Bravi sia Morris Robinson come Oroveso, sia Lacy Jo Benter, Clotilde.
Globalmente comunque uno splendido quintetto di voci giovani, fresche, estremamenteaffiatate.
Chi poi compie un vero capolavoro assoluto è James Conlon: alla guida di una buona orchestra, Conlon trova il colore e il tempo giusto per ogni scena e per ogni personaggio. L'eroismo iniziale di Pollione è scandito con tempi talmente giusti da rendere la scena chiarissima anche senza sapere cosa sta dicendo il tenore. Per Norma, Conlon sceglie tempi comodi, respira in perfetta sintonia con la Meade e declina di volta in volta colori orchestrali diversi man mano che il dramma della Sacerdotessa giunge all'epilogo. Indimenticabile una introduzione del II atto da brividi tenuta su un tempo lento, quasi sospeso, una sorta di estraniamento dal dramma che sta per compiersi. Monumentale e commovente. Una prova assolutamente maiuscola.
Mi fa un po' specie ammettere che per sentire una Norma musicalmente eccellente io sia dovuto andare fino a Los Angeles, teatro il cui Direttore Generale, a voi tutti stranoto, sta davvero facendo un lavoro egregio.
Una piccola nota: il Dorothy Chandler Pavillion è inserito all'interno del Los Angeles Music Center, che comprende anche l'Ahmanson Theater, il Mark Taper Forum e la bellissima Walt Disney Concert Hall. Un luogo di cultura immenso, aperto a tutti, popolato da molta gente giovane, allegra che ha voglia di divertirsi nei teatri e che dimostra l'entusiasmo dell'andare a teatro....
Sembra un sogno, soprattutto se visto con gli occhi di un italiano.....
flipperinodoc