Backstage: Le Cronache di Flipperino - Iolanta e Barbablu al Met
Aggiunto il 04 Febbraio, 2015
Accoppiamento singolare di due opere in apparenza totalmente diverse. E non sono mancate sorprese e contrattempi.
La prima di lunedì 26 è stata cancellata a causa della più tremenda tormenta di neve della storia di nyc che ha bloccato (preventivamente) la grande mela..... Tormenta che però ha deciso di non presentarsi, mandando in sua vece una piacevole nevicata che ha coperto la città di un manto bianco magico. Ma ormai il danno era stato fatto..... Così armati di pazienza riusciamo a cambiare il biglietto e ottenerne uno per la nuova prima di giovedì 29. Davanti al MET ci attendono vari contestatori che accusano Gergiev e Netrebko di sostenere la politica anti-gay di Putin e l'invasione dell'Ucraina. Molta polizia, ma manifestazione comunque molto civile. Alla fine di Iolanta, durante la curtain call un tizio sale improvvisamente sul palcoscenico mostrando al pubblico e poi marcatamente al soprano un manifesto con le foto di Hitler e Putin....
A curare entrambe le produzioni è stato chiamato il direttore artistico dell'opera nazionale di Polonia, Mariusz Trelinski che ha proposto una particolare visione in grado di creare un collegamento (in apparenza improponibile) tra le due opere: l'ossessione. Di Renè per la figlia Iolanta e di Barbablu per sua moglie! Entrambe le scene sono piene di simboli e di proiezioni video. Il giardino meraviglioso di Iolanta, pieno di rose e fiori che sbocciano, è sostituito da un pannello bianco, circondato da alberi i cui rami continuano a flottare in modo inquietante. Le immagini di cervi e rami giganti rendono opprimente il luogo, come se Iolanta vivesse reclusa, "inscatolata" in questo non luogo, testimonianza fisica dell'ossessione di Renè per la figlia: ossessione protettiva per una creatura fragile o conflitto psicologico? Credo che Trelinski abbia voluto optare per la seconda ipotesi.
Anna Netrebko si dimostra una Iolanta straordinaria. L'arioso iniziale è reso con una dolcezza e una mestizia
commoventi. Si percepisce perfettamente la sofferenza di questa ragazza che non sa (?) di essere non vedente... La voce è salda, piena, ricca, pianissimi eterei e morbide malinconie che arricchiscono un canto sempre preciso, musicale, nonostante alcuni strani movimenti richiesti dal regista, abbastanza incongrui per una non vedente...
Beczala inizia con molta cautela ma nel duetto con Iolanta, trascinato da una Netrebko in stato di grazia, fa valere una bella linea vocale e acuti luminosi. Solidissime le altre due voci maschili. Bravo il baritono Azizov nel ruolo di Ibn-Hakia e il basso Bannik nel ruolo del Re, cantato con autorità ma anche con una certa ambigua paura, sicuramente richiesta dal regista. Bravi nell'insieme tutti gli altri, in particolare il Robert di Markov.
Straordinario Gergiev. Il piccolo preludio iniziale evidenzia sensibilmente le sezioni dei fiati che suonano precisi, quasi chirurgici, poi Gergiev supplisce alla mancanza di quel mondo fiabesco voluta dal regista, restituendocela pienamente in orchestra. Un profumo di fiori si alza prepotente dal suono dell'orchestra del Met. E ogni suono è dapprima buio, poi colore, poi luce. Le cure di Ibn-Hakia per Iolanta trovano in orchestra la loro perfetta descrizione. Una visione che non ti aspetti, che all'inizio ti lascia perplesso ma prende quota istante dopo istante e che ti lascia senza fiato, notevolmente superiore a quella di Villaume nel recente cd dell'opera.
Coraggiosamente il Met esegue prima la Iolanta con la grande diva e poi Bartok, non temendo fughe da teatro, fughe che a dire la verita io non ho notato..... (ah, com'è lontana l'Italia......)
Anche nel Castello, Trelinski si avvale di proiezioni video a profusione (con una certa qual predilezione per i cervi......) con un evidente propensione verso richiami cinematografici hollywoodiani, dall'inquietante prospettiva della scalinata della "Donna che visse due volte" fino ai chiari riferimenti ad"Arancia Meccanica". Un castello forse non troppo opprimente ma decisamente un luogo di paura e di angoscia con gioielli insanguinati e camere delle torture.
Nadja Michael è il meraviglioso animale da palcoscenico che tutti conosciamo: la voce forse non è perfetta, soprattutto negli scarti all'acuto, ma è espressiva e aderente come un guanto al personaggio, il che è decisamente più soddisfacente.
Incantevole in scena, avvolta in un vestito aderentissimo blu, pronta a diventare la "moglie della notte" del principe. Petrenko invece delude un po'. La voce è sempre bella ma è come se cantasse con il freno tirato: interpretativamente aderisce alle richieste del regista con grande capacità attoriale. Un principe lugubre, un personaggio da film soggiogante.
Gergiev esplora con notevole interesse gli ipotetici collegamenti tra Bartok e Debussy restituendoci sonorità delicate e addirittura fanèe, cui seguono improvvise accensioni deflagranti di indubbio fascino.
Curtain call finale presidiata da polizia intorno al palcoscenico per evitare altri incidenti.
Marco Delfini Strozzi