Domenica, 28 Luglio 2024

Editoriale: Costa Concordia

Aggiunto il 25 Maggio, 2013

Ed eccola qui, la nuova stagione della Scala.
Siamo in tempi di spending review, quindi non ci dovremmo meravigliare della pochezza del numero dei titoli presenti nella stagione. Pur tuttavia rimane basiti nel leggere che nel cartellone sono previsti non più di 10 titoli, perlopiù di interesse estremamente limitato, vuoi per il cast, vuoi per l’allestimento, vuoi per entrambi.
Si rimane parimenti stupiti della presenza di alcuni cantanti che ritenevamo di aver ormai consegnato alla storia. È il caso dell’onnipresente Placido Domingo, che ricompare nei panni di Simon Boccanegra; o di Leo Nucci, che non farà Rigoletto, ma che si alternerà con il tenore ispanico nei panni del doge genovese.
Basterebbe questa squallida alternanza per squalificare in modo definitivo questa stagione orrenda, agghiacciante, assurda che nasce sotto i peggiori auspici e che sembra confezionata apposta per servire un assist clamoroso ai passatisti e alle loro paturnie.
Moderatamente coraggiosa la scelta di iniziare con “Traviata”, diretta da Gatti; assolutamente demenziale l’idea di assegnare il titolo a un regista come Tcherniakov, che potrebbe avere il lancio definitivo proprio nel teatro milanese, ma che, trovandosi di fronte un titolo come questo, finirà sicuramente per fallire. Non lo diciamo tanto per dire: l’ultimo allestimento di quest’opera, quello di Liliana Cavani, è un passo indietro rispetto a quello di Luchino Visconti che già osava troppo facendo scalciare via la scarpa a Maria Callas. Tcherniakov è un destrutturatore; si troverà di fronte al titolo verdiano più amato dei milanesi, già infastiditi dalla presenza di una Damrau, nominalmente soprano leggero-coloratura, alle prese con un ruolo come quello di Violetta troppo legato a ricordi passati(sti). Sarà un casino, è facile prevederlo: ci saranno le orde assetate di sangue fuori da via Filodrammatici, come sempre allorquando qualcuno cerca di cambiare le carte in tavola nell’interpretazione dicapolavori dei quali si ritiene che sia stato messo un punto fermo già molti anni fa. Cose che succedono quasi esclusivamente a Milano, che non è la piazza adatta per questi esperimenti. A ciò si aggiunga il fatto che il resto del cast non si presenta per nulla interessante, fuorché ovviamente per la fondamentale presenza di Mara Zampieri nel ruolo di Annina... pazzesco!
Con ciò, non voglio dire che la regia di Tcherniakov in “Traviata” sia poco interessante a prescindere; queste sono valutazioni aprioristiche che lascio volentieri agli altri.
Non ho mai trovato nulla di Tcherniakov che non meritasse almeno attenzione; ma è il presupposto di una scelta del genere che mi sembra talmente pericoloso da essere quasi surreale, quasi fosse uno sberleffo di Lissner che, non diversamente dal comandante Schettino, ha da tempo abbandonato la nave che sta affondando. Peraltro, di questa produzione vedremo complessivamente la prima e sei repliche. Punto.
Di tutto ciò che verrà dopo, le uniche cose veramente degne di interesse sono: “La sposa dello zar”, purtroppo diretta da Barenboim, ancora con la regia di Tcherniakov (in una produzione con la Staatsoper unter den Linden) che qui, finalmente, troverà il terreno adatto al proprio estro, e con un cast quasi totalmente privo di interesse; i “Troiani” diretti da Pappano e la regia di McVicar, con il sessantenne Kunde, la Barcellona come Didon (!) e la Cassandre della Antonacci che, già a Londra, era molto ai limiti per un’operazione del genere; e, infine, “Elektra” diretta da Salonen con la regia di Chéreau e, come protagoniste, Herlitzius e Meier (si taccia della Pieczonka).
Il resto, un disastro: oltre al già citato “Simon Boccanegra”, c’è una “Lucia di Lammermoor” che accontenterà i passatisti che vedono relegata dal loro amata Jessica Pratt nel secondo cast; e il “Trovatore” di De Hana con un cast talmente scombinato (non bastassero i senescenti Alvarez e Nucci, c’è anche Youn in una parte per lui– declamatore – totalmente priva di senso) che non vale nemmeno la pena di parlarne, se non per la presenza di Maria Agresta, onesta erede delle varie Antonietta Stella, Elena Mauti Nunziata e Maria Chiara.
E, infine, vale la pena di sottolineare la scelta lungimirante di chi ha scritturato Rolando Villazon per un paio di recite di “Così fan tutte”, in cui il tenore si troverà alle prese con un ruolo complessivamente secondario, non acutissimo ma molto alto e sicuramente superiore alle sue possibilità attuali.
È tutto qui.
Chi si accontenta si accomodi pure.
Su 10 miseri spettacoli, tre sono interessanti, almeno sulla carta, e uno - l’inaugurazione - è una scommessa che il teatro sicuramente perderà.
Questa, dicevo, non è una stagione; è uno sberleffo, una presa in giro, quasi che Lissner si sia voluto vendicare di una città che non lo ha mai amato.
Noi, appassionati, spettatori comuni, noi che non ci rifugiamo mai per principio nell’adorazione aprioristica di un passato putrefatto, riteniamo che questa sia la stagione assolutamente vergognosa, indegna del teatro che la ospita, inadeguato da qualunque punto di vista la si contenti, semplicemente diabolica nelle scelte sono state fatte anche per affossare il poco di interessante che è stato messo in campo.
Perché questo?
È possibile che monsieur Lissner finisca per avere così poca considerazione della città che lo ha ospitato, da mettere insieme una stagione talmente irritante da far pensare seriamente alla malafede di chi la ha concepita?
Oppure riteniamo che veramente Milano non si meriti niente di meglio di questa strana, assurda accozzaglia di titoli che non hanno niente in comune fra di loro, che non sono legati da nessun filo logico, che presentano cast altamente improbabili caratterizzati, tutt’al più, da qualche nonnetto come la già citata Zampieri, oppure Mazura o la Tomowa-Sintow? Il Teatro alla Scala una volta era sede di debutti importanti;nella stagione 2013-14, Juan Diego Florez, uno dei più importanti cantanti dei nostri tempi, ci riproporrà il suo ennesimo Ory…

No, mi spiace: siamo lontani anni luce da uno standard anche solo minimamente accettabile.
Questa stagione fa schifo: l’ha detto in modo chiaro, senza nessuna riserva, in modo da non lasciar nessuno spazio all’immaginazione. Nel mondo succede ben altro; il fatto che un teatro ignori in modo così plateale l’esistenza di cantanti, direttori, registi, stili interpretativi, tendenze esecutive che fanno dei nostri tempi un unicum nella storia non solo recente dell’interpretazione del repertorio operistico è qualcosa di semplicemente scandaloso. Delle tendenze attuali, le uniche che vengono recepite sono i deliri baritonali di Domingo, peraltro in un ruolo che l’ha già visto protagonista non memorabile, anzi tutt’altro, proprio sul palcoscenico della Scala.
Per il resto, notte e nebbia.
Proporre Didon a Daniela Barcellona, vuol dire creare un errore di distribuzione talmente marchiano da non essere giustificato da nessuna ragione, neanche quelle affettive che legano il Teatro alla Scala e i suoi spettatori alla cantante.
La “Lucia di Lammermoor” del Met ha visto alternarsi Netrebko e Dessay; a Milano avremo invece tale Albina Shagimuratova, per di più nel primo cast, in modo da irritare le vestali di Jessica Pratt, cantante al momento ancora di scarso carisma ma di notevole valenza tecnica, il che non è tutto ma è pur sempre un buon sostitutivo in mancanza di meglio. Il problema se vogliamo è che Lucia è uno di quei ruoli mesmerizzanti per il quale occorre veramente la fuoriclasse, senza cui non ha nessun senso riproporre il titolo.
Ma quello che personalmente mi irrita forse più di ogni altra cosa di questa stagione demenziale, è l’assemblaggio del “Trovatore”: una cosa da far rimpiangere persino Riccardo Muti e i suoi deliri di onnipotenza, quando un’opera era totalmente riconducibilesolamente a lui e alla sua famiglia. Di quelle rappresentazioni del 2000 è rimasta solo Nucci, la regia e il ricordo di una direzione che fece discutere, ma che si sforzò di presentare il “Trovatore” scritto da Verdi. E adesso? Cosa ci aspettiamo da Alvarez che, ormai, di Manrico non ha più non solo la gioventù ma nemmeno gli acuti? Cosa ci aspettiamo dal glorioso Leo Nucci che già faceva fatica 13 anni fa? Ma soprattutto, mi piacerebbe sapere a chi è venuto in mente di scritturare Youn come Ferrando! Basterebbe anche solo questa scelta a squalificare completamente la stagione e chi l’ha assemblata in questo modo così inconcepibile.
L’unico tentacolo degno di interesse è proprio “Elektra”; Salonen è adattissimo questo repertorio e Chéreau farà sicuramente un ottimo lavoro, ma temo che la Herlitzius sia molto i limiti per questo ruolo, ma si tratta comunque della attribuzione più pertinente nell’ambito dei cast terribili proposti per la prossima stagione.

L’unica consolazione è che peggio di così oggettivamente sarà difficile fare.
Ma, ahimè, era quello che dicevamo anche l’anno scorso
Pietro Bagnoli

Categoria: Editoriale

 

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