Domenica, 28 Luglio 2024

Cavalleria

Aggiunto il 11 Gennaio, 2012


PIETRO MASCAGNI
CAVALLERIA RUSTICANA

• Santuzza ASTRID VARNAY
• Turiddu HANS HOPF
• Alfio JAMES PEASE
• Lola HANNA SCHOLL
• Mamma Lucia HANNE MÜNCH


Chor des Bayerischen Rundfunnks
Chorus Master: non indicato

Sinfonieorchester des Bayerischen Rundfunnks
WOLFGANG SAWALLISCH

Luogo e data di registrazione: Munchen, 1954
Ed. discografica: Myto, 1 CD

Note tecniche sulla registrazione: molto buona

Pregi: la direzione e le tre donne (con particolare riferimento alla Varnay)

Difetti: la lingua, Hopf di buon suono ma monotono e talvolta roboante, Pease poco caratterizzato

Valutazione finale: images/giudizi/buono.png

Video:

Si sa come il repertorio verista veniva eseguito negli anni ’50 in casa nostra e sappiamo quali sono stati i protagonisti della discografia di opere come Cavalleria, Pagliacci, Fedora ed altri. Cantanti (soprattutto uomini) molto dotati vocalmente, ma che non sempre rinunciavano all’effettone per sottolineare questo o quel momento, ma anche direttori che non si astenevano da turgori bandistici. Qui a Monaco ci viene presentata un’esecuzione in tedesco (con solisti che sovente compaiono in altre incisioni in tedesco di opere italiane come Hopf e Pease) che precorre almeno di 10 anni alcune svolte esecutive del dittico verista che avremo, ad esempio, con la celebre edizione di Karajan con Bergonzi, la Cossotto, Panerai, Taddei e la Carlyle, oppure con la sola Cavalleria registrata da Sinopoli. Sawallisch dirige, rivelando la sua particolare propensione al genere sinfonico, con un’estrema nitidezza e pulizia e ci offre una colonna sonora mai pesante o sguaiata senza tuttavia rinunciare alla drammaticità. Seguirò in questa recensione l’evolversi dei vari episodi di quest’opera particolarmente conosciuta. Molto nitida appare l’introduzione orchestrale, sebbene qua e là un po’ veloce. Hopf inizia con una Siciliana che rivela solida voce, ma uniforme e con un’espressione che ci rinvia più all’Esultate dell’Otello, che ad una serenata vera e propria.
Segue tutto il commento al mattino pasquale e il relativo coro ‘degli aranci’ molto dinamico, ma senza un grammo di pesantezza. Il primo dialogo tra Santuzza e Lucia ci rivela una Varnay supplice, di buona voce e capace di smorzamenti, ma anche la Münch canta bene, sebbene riveli un timbro più chiaro della Varnay. L’ingresso di Alfio è ben condotto da Sawallisch, ma forse un po’ troppo saltellante nel ritmo. Sull’interprete, il basso-baritono J. Pease (che figurerà come vedremo anche in Pagliacci), vale spendere qualche parola: nato ad Indianapolis nel 1916 è scomparso prematuramente nel 1967 a soli 51 anni, egli è conosciuto da noi soprattutto per le incisioni di opere di Britten (parteciperà, ad esempio, alla prima incisione in studio del Peter Grimes nel 1958 diretta dall’autore), ma la carriera pur non lunga è stata alquanto varia (come del resto la sua esistenza nella quale alternava la carriera artistica all’aviazione) includendo ruoli come Sparafucile, Leporello e Don Giovanni, Guglielmo (cantato fra l’altro in una particolare edizione di Così fan tutte nel ’44 con Joan Cross come Fiordiligi, Owen Brannigan come Alfonso e Peter Pears come Ferrando, tutti cantanti che compariranno nel repertorio britteniano), Escamillo, Colline, Re Marke (cantato con Birgit Nilsson nel 1958), Hans Sachs dei Maestri Cantori (è nota l’edizione londinese di quest’opera diretta da Kubelik con l’ancor giovane J. Sutherland e G. Evans nel 1957). Da americano lo ritroviamo qui in un’opera italiana cantata in tedesco e non è affatto disprezzabile almeno sul piano vocale: un Alfio sostanzialmente alieno da rozzezze anche se, a volte, una maggior grinta sarebbe stata necessaria. Tuttavia questo cantante offre momenti singolari ed inediti anche nello svolgimento dell’opera. Molto suggestive e naturali le successive battute di conversazione fra i tre personaggi prima dell’inno pasquale che è bello con una Varnay davvero molto valida.
Racconto di Santuzza: la raffigurazione dell’eroina che ne offre il soprano svedese è, al contempo, tetra ed aristocratica. Tetra nell’espressione e nel timbro, altera ed aristocratica nel porgere la frase e nel piegare la voce, a volte, a buoni piani, senza mai un fraseggio fuori posto e sguaiato.
Duetto Santuzza-Turiddu ed intervento di Lola: Hopf mostra la sua robusta vocalità ed è piuttosto monotono nell’espressione, al contrario della Varnay che – nel suo tedesco – dà significato ad ogni frase. Fresca e giovanile nel suo ingresso la Lola della Scholl, sebbene riveli più avanti modi un po’ da soubrette, creando però un efficace contrasto con il timbro fosco e l’accento perentorio della Varnay. Nella ripresa del conflittuale dialogo tra i due amanti, Hopf si sforza di esser un po’ più vario, ma la Varnay resta su un piano superiore specialmente per la sua espressività. L’accompagnamento di Sawallisch è ottimo, ma nella parte finale di questo duetto l’orchestra sembra cantare con i due protagonisti principali dell’opera. Segue il duetto Santuzza-Alfio avviato dalla Varnay in tono semplice e dimesso quasi sottovoce, ma inedito (dato il modo con il quale negli stessi anni affrontava ruoli biechi come Ortrud) ed efficace, per poi mantenersi successivamente in toni colloquiali e aggiungiamo molto eleganti per essere una paesana che si serve di assottigliamenti molto espressivi. Sembra quasi di riascoltare certi suoni dell’Arangi Lombardi, Santuzza nell’edizione del 1930 diretta da Molajoli. Pease è bravo ma forse troppo mite in rapporto al momento. L’accompagnamento di Sawallisch è buono, ma a tratti un po’ affrettato, tuttavia mai di cattivo o confusionario suono. L’Intermezzo appare nella sua esecuzione nobilitato ed impreziosito da una fluidità e limpidezza notevoli, ma anche da tempi indugianti e cullanti, ma non pesanti o lenti nel senso deteriore del termine.
Il successivo coro «A casa, a casa» molto bello e vario. L’invito al Brindisi è detto da Hopf in tono impropriamente eroico anche se poi il tenore si riscatta in termini di semplicità in ciò che segue. Qui però l’orchestra ed il cantante si lasciano andare a troppa velocità. Con la replica del coro al brindisi è tutta una corsa verso l’ingresso di Alfio con acuto di Hopf che poteva funzionare come Otello, ma qui appare reboante ed eccessivo. Pease accenta bene ed in modo tetro e riservato il rifiuto del vino, ma la successiva sfida manca forse di quel mordente che siamo abituati a sentire nelle correnti edizioni italiane: Hopf trova però qui forse il suo miglior momento con un accento non caricato o falsamente eroico o di suono solo voluminoso, salvo che nella frase finale alla quale Pease risponde in modo freddo e distaccato. Siamo arrivati così all’epilogo della breve vicenda con l’Addio alla madre cantato nella parte iniziale in modo non molto espressivo, ma quasi dimesso (ad onta del volume di Hopf), per poi ricadere nella prosecuzione del brano con suoni grossi e tenuti ‘a volontà’ e con il suo eroismo appiccicato addosso ad un personaggio che, in ultima analisi, non è tutt’altro che eroe in corazza e cimiero. Il Finale è, invece, la perla nera di quest’edizione: gridati i due interventi che annunciano l’uccisione di Turiddu e non particolarmente bello l’acuto finale della Varnay. Buono però in commento orchestrale.
Ricapitolando: un’edizione singolare e pregevole grazie ad una direzione e ad una protagonista notevole e, a tratti, eccezionale; il tutto riprodotto anche da una buona resa di suono. Resta il problema per noi della lingua italiana che è talmente connaturata alla vicenda, per cui sentire quest’opera in altro idioma non produce inizialmente una buona impressione. Sul piano dell’esecuzione siamo ad un livello lievemente inferiore rispetto ai coevi Pagliacci, ai quali rinvio più avanti.
Luca Di Girolamo

Categoria: Dischi

 

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