Lunedì, 25 Novembre 2024

Editoriale: Cinque anni dopo - a cura dello staff di Operadisc

Aggiunto il 03 Giugno, 2011

Operadisc gira la boa del lustro di vita.
Non male per un sito di non professionisti che parla di un argomento di nicchia, e che si è conquistato un seguito sorprendentemente vasto di lettori pur senza averlo mai cercato, anzi difendendo punti di vista diversi, talora scomodi, nella maggior parte dei casi non trattati né dagli appassionati né dagli operatori italiani che, con sempre maggiore frequenza, ci dedicano la loro attenzione.

Vediamo qualche cifra:
- 5 anni di attività
- più di 960000 pagine viste
- 204 recensioni discografiche di opere intere audio e video
- 20 analisi di recitals discografici di cantanti contemporanei: uno spaccato assolutamente affidabile delle nuove tendenze esecutive
- 14 schede di cantanti storici: per non dimenticare “The way we were”
- 143 editoriali: una assoluta novità per un sito di questo genere
- 54 articoli della sezione backstage: un modo per approfondire, per rileggere l’attualità tenendo sempre presente il passato in modo costruttivo. È uno spazio di cui noi stessi dobbiamo ancora capire le esatte potenzialità e che, quindi, utilizziamo come più ci aggrada, talvolta in modo un po’ anarchico
- 795 argomenti aperti sul forum, per un totale di:
- 15521 post

Le cifre di per se stesse sono discrete, ma non dicono molto sulla reale attività di un sito che è nato quasi inevitabilmente, come naturale spin off di una decennale corrispondenza via internet fra due vecchi amici. Da quel momento in avanti comincia un nuovo modo di affrontare un argomento antico che – diciamocelo – nell’immaginario collettivo iniziava a puzzare un po’ di stantio.
Gli è che è vero – o meglio: è parzialmente vero – che l’opera è antica. Diciamo “parzialmente” perché di opere continuano a scriverne dappertutto, particolarmente in America, ma facciamo pure finta per un attimo di prendere in considerazione solo quello che qualcuno considera opera lirica

in senso stretto.
È vero, dicevamo, ma questo non vuol dire che si debba andare incontro alla putrefazione per salvaguardare chissà quale arte antica; anche perché questa arte non vive di per se stessa, ma solo nella fantasia e nella forza degli esecutori.
L’idea è che non sia vero che gli interpreti debbano sempre e necessariamente fare un viaggio indietro nel tempo sino al momento in cui l’opera stessa è maturata. Lo faccia chi vuole, se proprio ci tiene o se non ha nulla di meglio da dire; ma, in assoluto, viva la libertà dell’Artista che esce dal seminato, che ci prova, che sperimenta, che si mette in discussione, che rompe gli schemi! Senza il che, forse, oggi non avremmo avuto un fenomeno come la Callas che, in circa 10 miseri anni, è nata, cresciuta e si è disfatta cambiando a tal punto gli schemi precostituiti da porsi come paradigma del suo tempo e del nostro.
L’opera potrà essere antica, ma l’arte esecutiva è sempre moderna ed è sempre figlia del suo tempo: oggi lo è del nostro e della nostra sensibilità, della nostra attualità, ieri del tempo e della sensibilità di chi ci ha preceduti; ed è per questo che abbiamo sempre voluto applicare una critica storicistica a tutto quello che ascoltiamo.
Anche la pittura è arte antica, ma è evoluta nel tempo: oggi farebbe ridere chi si mettesse a dipingere come Tiepolo o Luca Signorelli.
Anche la poesia è arte antica, ma anch’essa è evoluta nel tempo, eccome. C’è quel comico di Zelig che verseggia imitando Dante e ottenendo così lo scopo che si è prefissato: far ridere. Non c’è altro che si possa ottenere imitando gli stili del passato ma, curiosamente, questo non si è mai applicato in Italia quando si parlava di opera lirica; anzi, si riteneva – e qualcuno ritiene tuttora – che possano esistere solo due modi per eseguire il repertorio: quello giusto e quello sbagliato, come affermava il grande critico, pessimo profeta. Questo è il motivo principale – non l’unico, a essere

sinceri – per cui l’Italia, culla del melodramma, è rimasta relegata a combattere una triste battaglia di retroguardia mentre tutto il resto del mondo andava avanti. Ci sono altri motivi, ovviamente, di cui la carenza di fondi tanto sbandierata non è certo il primo: l’egemonia politica sulla cultura; la gestione satrapica di piazze importanti; il presunto predominio di pochi maitres à penser culturalmente ancorati a vecchi pregiudizi e totalmente autoreferenziali. E quanto siamo rimasti indietro, lo possiamo capire entrando in un qualunque negozio di dischi e vedendo, nel settore video, che tutte le produzioni più importanti del mondo provengono dall’estero e spesso privi della sottotitolazione italiana. Questo è lo stato dell’opera in Italia, con buona pace di chi ricorda con sentimento e affetto i buoni vecchi tempi andati, quando in provincia si facevano cose bellissime e quando tutti cantavano con un sentimento grosso così, e c’erano quei bei cantanti che, per carità, allora erano seconde o terze scelte, ma se ce li avessimo adesso…
Ecco perché, sin dall’inizio, anzi: sin da prima che queste pagine prendessero vita sul web, ci siamo prefissati di capire quello che succede nel resto del mondo, ma sempre tenendo presente l’evoluzione attraverso i tempi. Ci servivano i dischi, in quanto testimoni storici affidabili, trasversali e – in un certo qual modo – adeguatamente democratici perché a disposizione di tutti. Ma ci serviva anche una mentalità libera da pregiudizi, che ci permettesse di vedere oltre il velo inevitabilmente posato davanti ai nostri occhi. Diciamo: “inevitabilmente”, perché ognuno di noi è arrivato a questa esperienza con il proprio bagaglio culturale, con le proprie passioni (e lo sa solo il buon Dio quante passioni scatena l’amore per l’opera lirica) e con la convinzione se non di essere totalmente dalla parte del giusto, quanto meno di avere una parte di giusto da difendere.

La nostra intenzione è ovviamente di continuare.Sappiamo di essere letti tanto, da amici e non: forse non sempre con passione, ma per lo più con rispetto. Le ragioni sono in ciò che abbiamo detto sopra: in una realtà come quella italiana ancora arroccata su antichi pregiudizi, abbiamo la consapevolezza che la nostra voce non trascura la portata globale del fenomeno operistico; e a far questo non siamo in molti.
Non vi sappiamo dire esattamente cosa siamo. Però, analogamente a Montale, vi possiamo dire ciò che NON siamo.
Continuiamo a non credere nell’unicità di una scuola: esistono tante scuole, ognuna delle quali ha valore per quello che dice in un’unità di tempo e di luogo.
Non pensiamo che ci sia un’unica tecnica di canto.
Non stronchiamo in modo aprioristico: vogliamo sempre vedere, ascoltare e capire.
Non ci interessano i provincialismi, intesi anche come atteggiamento pseudo-culturale.
Questi sono per noi i presupposti per essere un pubblico consapevole e costruttivo.

Con l’occasione ci siamo… “rifatti il vestito”.
Era da un po’ che ci pensavamo e l’occasione ci sembrava particolarmente adatta. La nuova veste grafica è molto semplice, pratica e leggibile.
Nella testata troverete un volto noto: è una di quelle artiste che rappresentano il periodo eccezionalmente felice (ovviamente dal punto di vista operistico) in cui abbiamo la fortuna di vivere.
Crediamo che sia giusto ringraziare, anche in questa sede, il quasi Ingegnere delle telecomunicazioni Francesco Bagnoli, artefice grafico e tecnico di questo sito, che l’ha creato e seguito amorevolmente in tutto il suo evolversi. Dateci qualche giorno perché tutto sia a regime: trasferire il nostro sito ormai piuttosto grande da una piattaforma all’altra non è cosa semplice. Portate pazienza e continuate a seguirci!

Lo staff di Operadisc

Categoria: Editoriale

 

Chi siamo

Questo sito si propone l'ambizioso e difficile compito di catalogare le registrazioni operistiche ufficiali integrali disponibili sul mercato, di studio o dal vivo, cercando di analizzarle e di fornirne un giudizio critico utile ad una comprensione non sempre agevole.