Manon Lescaut
Aggiunto il 06 Dicembre, 2016
(Netrebko)
Registrazione “live” dell’esecuzione in forma di concerto all’ultimo Festival di Salisburgo. Grande evento, sia mondano sia musicale, grande attesa nella città austriaca e fan in delirio, insomma il mix perfetto per una serata elettrizzante da trasferire anche in cd. La Netrebko torna a uno dei ruoli fondamentali della sua vita, sia artistica sia personale. Proprio in Manon Lescaut infatti conobbe a Roma il suo compagno e partner della registrazione, il tenore azero Yusif Eyvazov.
Artisticamente Manon è un ruolo che sembra scritto appositamente per la Netrebko che ormai ne ha fatto un vero e proprio cavallo di battaglia, portandolo per la prima volta nella storia (!) al Bolshoi e riscuotendo successi un po’ ovunque, buon ultimo il Metropolitan Opera House, dove ha confermato di essere al momento inarrivabile in questo ruolo. L’occasione poi ci permette un confronto tra la recente registrazione di arie “Verismo” – dove di Manon è presente l’aria del II atto e il quarto atto intero – e l’esecuzione completa dell’opera, per giunta dal vivo. Devo dire che la Netrebko esce trionfatrice dal confronto con se’ stessa proprio nel “live” perché l’incredibile talento da vero animale da palcoscenico ha modo di predominare prepotentemente.
Già dalle prime note di “Manon Lescaut mi chiamo” e ancor più dal dolentissimo immediato “Doman io partirò” la bella Anna ci porta subito in un clima drammatico, anticipatore delle vicende degli atti successivi. La voce grossa, intensa, sempre vibrante pronuncia “La mia stella tramonta” con una compostezza e una dignità senza pari. Momenti bellissimi si susseguono senza sosta, fino a un “In quelle trine morbide” affascinante per la sua purezza e la dizione mirabile. Molto bello anche il Minuetto concluso con un acuto attaccato di forza e poi smorzato in un filato stupendo - salutato infatti da un caldissimo applauso alla fine – onestamente tenuto però un po’ troppo a lungo a “incorniciare” un momento di bravura eccessivamente autocelebrativo e di dubbio gusto.
Da “Tu, tu amore tu” la Netrebko si trasforma e sale, se possibile, ancora più alla ribalta. Il duetto è intenso, drammatico, la voce più bella che mai e il temperamento combattivo (e combattuto tra le due scelte). L’articolazione della parola, le consonanti scandite e accentuate con forza danno rilievo a un IV atto indimenticabile che in un solo colpo cancella il pur stupendo atto della registrazione con Pappano. Il tempo tenuto molto lento consente alla Netrebko di accentare ogni frase con una profondità e un nitore unici, la voce ricchissima di armonici e di un delicatissimo vibrato si espande omogenea in tutta la gamma, anche nei passaggi musicalmente più scabrosi. Culmine un “Sola, perduta, abbandonata” da antologia. Insomma una Manon praticamente perfetta (siamo dal vivo e – nonostante qualche sicuro ritocco in post produzione – la resa vocale è di assoluto rilievo) che pone un punto fermo nella storia interpretativa del personaggio. Chiunque si vorrà ora cimentare in Manon dovrà fare riferimento (e i conti….) con la prestazione di Anna.
Il resto del cast non è certo su questo livello. Yusif Eivazov parte davvero malissimo. Nel primo atto è ingolato, sforzato, durissimo al limite della sgradevolezza. Manca quella leggerezza scanzonata ideale per il suo personaggio. Nel secondo atto le cose migliorano leggermente ma l’acuto di “ah, con te portar dei solo il cor” è uno strazio dell’anima, ben oltre l’urlo sguaiato. Dal terzo atto sembra quasi arrivare un altro tenore. Commosso, partecipe, vocalmente più adatto e fedele alla partitura. L’aria della nave è ben cantata, con buon gusto e bella voce così come tutto il quarto atto, trascinato dalla bravura trascendentale della compagna.
Discreto il Lescaut del baritono messicano (a me prima sconosciuto) Armando Pina. Molto molto bravi invece Carlos Chausson e Benjamin Bernheim, sicuramente un lusso nel ruolo di Edmondo. Bravi nell’insieme tutti gli altri.
Ottima la direzione di Marco Armiliato. Invano cercheremo in lui i legami con Strauss ricreati da Sinopoli o la tensione al limite del parossismo preparata da Levine. Troviamo invece una scelta dei tempi sempre corretta, un suono pulito, la giusta velocità narrativa. L’intesa con il “palcoscenico” – anche se siamo in forma di concerto – è mirabile: Armiliato sa respirare con i cantanti, assecondandoli, richiamandoli alla giusta tensione, senza mai perdere il filo del racconto. Colpiscono i bellissimi colori orchestrali sempre cangianti, soprattutto nei momenti più drammatici e concitati dell’opera. Intenso l’intermezzo dal suono estremamente caldo, con gli archi della radio di Monaco sugli scudi. Bravo davvero Armiliato, un direttore che la critica un po’ snob dovrebbe considerare maggiormente. Ottimo l’apporto del Coro dell’Opera di Stato di Vienna e delle quattro soliste del coro che cantano nel madrigale.
Alla fine successo per tutti, con punte di entusiasmo esplosivo per la Manon di Anna Netrebko che si pone come punto di riferimento storico nell’interpretazione del personaggio.
Docflipperino