Le Villi
Aggiunto il 07 Maggio, 2016
Nell’aprile 1883 l'editore musicale Sonzogno decise di bandire il primo di una serie di concorsi per atti unici, comprendenti anche una parte sinfonica, di compositori italiani esordienti. Decise di prendervi parte anche un giovanissimo Giacomo Puccini, fresco fresco di diploma al conservatorio di Milano, in quegli anni capitale del melodramma italiano. Fu il suo insegnante, Amilcare Ponchielli, a suggerirgli di iscriversi al concorso e a metterlo in contatto con il poeta Ferdinando Fontana, che aveva già pronto il soggetto da proporgli per il libretto. L'incontro tra Puccini, Ponchielli e Fontana avvenne intorno al 20 luglio 1883 a Lecco e il compositore lucchese presentò dunque l’opera-ballo Le Willis (questo il nome del titolo originario); Puccini non vinse ma questo debutto pubblico sulla scena musicale milanese cambiò le sorti della sua fortuna. Come detto l’esito del concorso fu negativo per Puccini: pare che il lavoro non venne neppure preso in considerazione dalla commissione con la motivazione ufficiale che la partitura era stata presentata in disordine e la calligrafia pressochè illeggibile. L’indagine del manoscritto smentisce questa ipotesi perchè sembra sia stato vergato da un copista. L’ipotesi più accreditata è che l'editore Giulio Ricordi cercò di influenzare la commissione che comprendeva per altro due compositori della sua scuderia: Franco Faccio e Amilcare Ponchielli, per l’appunto. Ricordi era un ottimo scopritore di talenti e se Le villi avesse vinto sarebbe stata pubblicata da Sonzogno, ma in caso di sconfitta avrebbe avuto il vantaggio di un comodo lancio pubblicitario: respinta dalla casa rivale, Ricordi aveva il via libera per ritirare la partitura e pubblicarla.
Ponchielli e Fontana fecero quindi in modo di organizzare un salotto musicale in casa di Marco Sala, letterato e musicista per diletto, durante il quale Puccini diede saggio della sua prima opera, davanti ad alcuni operi illustri, tra cui lo scapigliato Arrigo Boito, Giovannina Lucca e Alfredo Catalani. Tutti ne rimasero fortemente impressionati e diedero inizio a una sottoscrizione in modo da raccogliere fondi per una rappresentazione scenica de Le villi. La Prima ebbe quindi luogo al Teatro dal Verme di Milano il 31 maggio 1884 sotto la guida di Arturo Panizza e fu un successo autentico, di pubblico e critica.
Dopo il fortunato esordio al Dal Verme, tra il 1884 e il 1889 Puccini rimaneggiò l’opera a più riprese. A metà 1884 l’opera fu ampliata su consiglio dell’editore Ricordi e venne portata a due atti. Inoltre, in quanto la versione originale non prevedeva neppure un’aria per i protagonisti, nacquero la romanza di Anna nel primo atto “Se come voi piccina” e il monologo drammatico di Roberto “Per te quaggiù sofferse ogni amarezza”, nel secondo. Inoltre fu aggiunta una quartina da far intonare al coro durante l'intermezzo sinfonico “L'abbandono” per accompagnare il corteo funebre, nonchè venne dilatata abbondantemente la scena finale. La versione così rivista andò in scena al Teatro Regio di Torino il 26 dicembre 1884. Nello stesso mese Ricordi pubblicò la prima edizione per canto e pianoforte con il titolo definitivo: Le villi.
Poi, un mese dopo, l’opera ebbe una nuova produzione al Teatro alla Scala diretta da Franco Faccio. Pare che fu proprio per la ripresa scaligera che Puccini aggiunse la romanza di Roberto “Torna ai felici dì”, collocata subito prima del monologo del secondo atto. In questa forma l'opera fu ristampata, sempre ridotta per canto e pianoforte, nel marzo 1885. La nuova versione fu vista come un netto miglioramento rispetto a quanto rappresentato al Dal Verme.
Un’ulteriore edizione reca l'aggiunta di alcune battute alla fine del duetto tra Anna e Roberto nel secondo atto nonchè fu tagliato il monologo di Roberto “Per te quaggiù sofferse ogni amarezza”. L’opera così nuovamente rimaneggiata e nella sua forma definitiva venne presentata nello stesso teatro in cui nacque, ovvero al Teatro dal Verme il 7 novembre 1889.
È un’opera assai breve, dalla trama piuttosto elementare. Siamo nella Germania meridionale. Il primo atto è volto a raccontare la partenza di Roberto, fidanzato e prossimo al matrimonio con Anna, che si deve recare a Magonza per un breve periodo al fine di incassare una cospicua eredità lasciatagli da un lontano parente. Nella narrazione che apre il secondo atto veniamo a sapere della morte di Anna. Una volta arrivato a Magonza, Roberto, infatti, si lascia sedurre da un’altra donna, dimenticandosi della fidanzata lontana. Anna, venutolo a sapere, inizia a soffrire tremendamente fino alla morte. Roberto non sa del destino della ragazza fin quando
distrutto dal rimorso, decide dopo qualche tempo di tornare da lei, per implorare il suo perdono. Giunto nei pressi dell’abitazione di Anna, vede lo spettro della fanciulla che gli si rivolge per ricordare le promesse di fedeltà e il tradimento di cui si è macchiato. Roberto, sconvolto, cerca di avvicinarsi al fantasma di Anna che ormai è diventata una Villi: misteriose creature, morte di dolore, che nelle notti di luna si riuniscono per attendere gli uomini rei di averle abbandonate e di non aver mantenuto la promessa di fedeltà; senza pietà compiono la loro vendetta, travolgendo gli sventurati in una danza frenetica fino a farli morire. Sorte che verrà quindi destinata anche a Roberto il quale alla fine cade tramortito a terra.
Ferdinando Fontana appartiene in pieno alla corrente della tarda Scapigliatura, ma scrisse anche lavori in lingua e in dialetto milanese, che lo imposero come autore di spicco nei circoli letterari della capitale lombarda. Fontana trasse il soggetto delle Villi da una leggenda di origine slava e molto popolare in Austria che venne codificata da Heinrich Heine nel 1834 nel saggio Über Deutschland II: Elementärgeister und Dämonen. Le villi, creature ultraterrene e vendicatrici d'amore, divennero ancor più popolari grazie a un canovaccio che ne dette Théophile Gautier: ne scaturì Giselle ou Les Willis, il popolarissimo balletto romantico di Adolphe Adam (1841).
Sicuramente Fontana avrà avuto in mente sia il balletto di Adam sia il racconto di Heine, ma pare più probabile che abbia tratto il suo argomento dal più recente racconto francese di Alphonse Karr Les Willis (1852). La narrazione di Fontana infatti è fedele a quella di Karr anche nei particolari: l’ambientazione nella Foresta Nera, i nomi dei due protagonisti (Wilhelm Wulf e la figlia Anna), la città di Magonza in cui il promesso sposo della ragazza si reca per un’eredità, l’idea di aprire l’opera con una scena di danza e la comparsa del padre, che invoca la vendetta divina. Tuttavia, mentre Heinrich sposa la ricca cugina sollecitato dallo zio e dalla madre, il Roberto dell’opera viene affascinato dalla bellezza di una peccaminosa donna ammaliatrice, che lo riduce in povertà e poi, pentito e sconsolato, torna volutamente ai luoghi della perduta felicità. Heinrich, invece, vi giunge per caso e si ricorda della leggenda delle Villi quando è ormai troppo tardi.
Simili soggetti fantastici, ricchi di suggestioni magiche, erano di moda negli ambienti letterari lombardi di quegli anni, prediletti in particolare dagli autori della Scapigliatura. Pochi anni prima, nel 1880, aveva debuttato a Torino un lavoro al quale la critica ha talvolta associato l'opera d'esordio di Puccini: l'Elda di Alfredo Catalani, il cui libretto, denominato dramma fantastico, fu liberamente tratto da Loreley, una ballata del 1824 sempre di Heine.
Figlia della letteratura tedesca e delle costruzioni drammaturgiche wagneriane, nella sua versione definitiva Le villi costa di una divisione abbastanza netta in dieci numeri. Seppure la partitura è in qualche modo frammentata in questi numeri musicali, l’arte di Puccini emerge fin da questo primissimo esperimento in campo operistico, espresso in un linguaggio armonico molto forbito, complesso e con grande uso drammatico dell’orchestra.
La registrazione di Radio France propone proprio quest’ultima quarta versione e colma un vuoto abbastanza significativo nella discografia dell’opera. Infatti l’unica grande registrazione (in studio) dell’opera risale al 1979, in cui si trovava Lorin Maazel guidare la Philharmonic Orchestra e una locandina recante i nomi di Domingo, Scotto e Nucci, nonchè Tito Gobbi nel ruolo del narratore. Era sicuramente un’ascolto attendibile anche se ormai passato per gusto musicale di quest’opera pucciniana così rara. Pertanto questa nuova registrazione di Naive è sicuramente molto apprezzata anche grazie alla buonissima qualità dell’esecuzione.
Le villi si apre con un preludio che presenta alcune figure che ritroveremo nel duetto di Roberto e Anna. Il secondo tema del brano, secondo molti studiosi, rivela delle evidenti affinità con quello che apre il Parsifal (“Abendmahl Motiv”) e una singolare coincidenza con il celebre passo che accompagna l’ingresso dell’Otello verdiano nella stanza da letto della moglie (pare che Verdi entrò in contatto con le Villi mentre stava componendo l’opera). Già questo primo breve brano strumentale mostra la pregevole direzione di Marco Guidarini alla testa dei complessi parigini. Il direttore genovese ha un ottimo approccio alla partitura che consiste non tanto di far emergere quanto del Puccini successivo vi è nelle Villi quanto piuttosto di descrivere quest’opera come frutto della cultura musicale italiana di fine Ottocento. Guidarini cerca quindi di far capire all’ascoltatore quanto il compositore lucchese avesse appreso delle partiture wagneriane e quanto avesse studiato i suoi contemporanei grazie a una sottolineatura di quelle componenenti armoniche e drammaturgiche assimilate dal giovane Puccini. Già nel prologo Guidarini cerca di dare questa visione ma è ancor più evidente nei due brani strumentali del secondo atto (“L’abbandono” e “La tregenda”). L’esecuzione di “L’abbandono” è prescritta a sipario aperto, mentre un velo filtra l'immagine del corteo funebre. Tale suggestione scenica, a cui allude il titolo originale di “Nebulosa”, fu mutuata dall'analoga “Nebulosa” del prologo del Mefistofele di Boito. “L'Abbandono” è una pagina elegiaca, sorta di omaggio musicale alla fanciulla morta per amore. Stupenda è la resa setata ed eterea data da Guidarini che viene completamente cancellata dalla furia del seguente tempo dell’intermezzo sinfonico, “La tregenda”. Questa è una tarantella basata su due idee musicali freneticamente alternate: un pesante motivo di fanfara, che simboleggia la ridda notturna e dal quale deriva un più languido inciso melodico. Guidarini riesce benissimo a tenere le fila di questa pagina veramente infernale, senza sbavature o grettezze ma presentandola come un’elegante danza mefistofelica delle sfortunate Villi, che rappresenta un interessante nonchè unico esempio di sviluppo della forma-sonata da parte di Puccini. Ottima poi la prova del Choeur de Radio France, fin dal numero introduttivo, che ha qualcosa della magnificenza delle sonorità barocche, con il suo dialogo antifonale dei gruppi strumentali e vocali. Infine Guidarini riesce benissimo a creare il giusto tappeto sonoro per il buon terzetto di cantanti, aiutandoli con timbri e agogiche pressochè perfette. E buono e affiatato è il terzetto di protagonisti.
Il personaggio di Anna presenta già alcuni tratti fondamentali che l’accomunano con le eroine delle grandi opere pucciniane, consumate totalmente dall’amore fino al sacrificio. Il soprano Melanie Diener bene incarna questa visione fin dalla romanza “Se come voi piccina io fossi”, rivolta al mazzolino di nontiscordardime che la fanciulla ripone nella valigia dell’amato e composta per la seconda versione dell’opera (n. 3 della versione finale), di forte impatto dopo la formalità del coro d’apertura. La Diener riesce a tener testa alla romanza abbastanza lunga nel suo genere e soprattutto alla drammaticità della melodia. Durante tutta l’opera, il soprano tedesco è una credibile Anna, dal timbro fresco, portamento elegante e la giusta carica di vendetta durante il secondo atto.
Aquiles Machado è un buon Roberto. Spesso il fraseggio non è perfetto come quello della Diener ma rappresenta bene l’esuberanza del personaggio nonchè il suo destino e pentimento. È un tenore comunque sicuramente adatto a questo ruolo. Davvero ottima è resa infatti la famosa romanza “Torna ai felici dì”, integrata nel secondo atto all'inizio del 1885 per esplicita volontà di Puccini. Il brano carica l’azione di una forte nota nostalgica: il ricordo dei momenti antecedenti il viaggio a Magonza è evocato musicalmente dalla ripresa dell'ultimo motivo della festa paesana, velato però dall’armonia in modo minore e da un movimento molto lento. Machado esprime un forte senso di commozione, accompagnato sicuramente da agogiche cariche di espressione e liricismo.
Alcuni commentatori hanno associato il personaggio di Guglielmo, padre di Anna, a Jacopo Fiesco. Come Fiesco nel prologo del Simon Boccanegra, Guglielmo piange la perdita della figlia morta per colpa di un seduttore; ma mentre il personaggio verdiano condanna Simone per avere agito contro la morale della società aristocratica, nell’opera pucciniana la colpa è limitata al solo abbandono, senza prendere in causa le convenzioni sociali. Ludovic Tezier è un ottimo artista, che in questa registrazione lo ascoltiamo nelle prime fasi della sua carriera, dopo aver vinto il famoso concorso Operalia nel 1998. È sicuramente uno dei baritoni più eleganti e interessanti nel panorama attuale, seppure c’è da dire che le sue prove sono spesso di esito mai costante. Forse nel 2002 era troppo giovane per sostenere il ruolo di un padre la cui figlia è stata uccisa dal dolore, e infatti la sua prova non è assolutamente equiparabile a quel mostro d’artista di Leo Nucci che incise Le villi nel 1979. Tezier ha però dalla sua un nobile portamento che riscontriamo nei due suoi numeri. Nella preghiera di Guglielmo (“Angiol di Dio”) del primo atto, Puccini recupera un tema tratto dal Salve Regina del 1882 e ripropone poi due motivi già suonati dall’orchestra nel preludio. Il numero 8 (nel secondo atto) prevede poi una scena e romanza in cui il padre di Anna è protagonista assoluto. La scena di Guglielmo, che nel piangere la morte della figlia invoca la vendetta delle Villi, costituisce il brano che più guarda alle convenzioni operistiche dell’Ottocento, articolato in una schematica successione di preludio, recitativo e romanza. La romanza “Anima santa della figlia mia” sembra attingere alle facili melodie degli Scapigliati e a al suo maestro, Amilcare Ponchielli. La struttura formale però è articolata secondo le classiche regole ottocentesche, in un periodo musicale composto da quattro frasi simmetriche. È interessante poi notare che Guglielmo chiama vendetta con la stessa linea melodica con la quale aveva chiesto il perdono di Dio: una decisa incongruenza che mostra un Puccini ancora inesperto teatralmente. Mentre Tezier ha poco carisma per condurre al meglio la preghiera, il baritono francese esprime al meglio le proprie doti belcantistiche nella scena del secondo atto in cui il fraseggio è davvero ottimo, accompagnato dal giusto equilibrio di sentimenti, senza mai cadere nel volgare in cui invece la trama orchestrale vorrebbe far cadere il personaggio.
Non si capisce invece come Sylvie David, attrice discretamente famosa in Francia, abbia potuto essere scritturata per questa produzione: tale è la sua preoccupazione di pronunciare al meglio la lingua italiana (in ogni caso senza avere successo) che dimentica totalmente ogni espressione e pare declami meramente una lista accorpata alla bell’e meglio.
Essendo una delle poche registrazioni dell’opera, per altro di recente fattura, è sicuramente un più che buono strumento per conoscere Le Villi. Sarà interessante capire se i prossimi anni, soprattutto con il progetto Puccini portato avanti dal M° Chailly alla Scala, ci sarà modo di conoscere al meglio le versioni che portarono sulle scene d’Italia la prima opera del maestro toscano.
Fabrizio Meraviglia