Domenica, 06 Ottobre 2024

Salome

Aggiunto il 03 Maggio, 2015


Richard STRAUSS
SALOME

• Salome BIRGIT NILSSON
• Herod GERHARD STOLZE
• Herodias GRACE HOFFMAN
• Jokanaan EBERHARD WÄCHTER
• Narraboth WALDEMAR KMENTT
• Der Page der Herodias JOSEPHINE VEASEY
• Erster Jude PAUL KUEN
• Zweiter Jude STEFAN SCHWER
• Dritter Jude KURT EQUILUZ
• Vierter Jude ARON GESTNER
• Fünfter Jude MAX PROEBSTL
• Erster Nazarener TOM KRAUSE
• Zweiter Nazarener NIGEL DOUGLAS
• Erster Soldat ZENON KOSNOWSKI
• Zweiter Soldat HEINZ HOLECEK
• Ein Kappadozier THEODOR KIRSCHBICHLER
• Ein Sklave LISELOTTE MAIKL

Wiener Philharmoniker
SIR GEORG SOLTI

Luogo e data di registrazione: Vienna, 1962
Ed. discografica: Decca, 2 CD economici (collana “The Originals”)

Note tecniche sulla registrazione: splendida, e splendidamente rimasterizzata

Pregi: direzione favolosa

Difetti: Nilsson non c’entra nulla. Stolze troppo caricaturale

Valutazione finale: images/giudizi/buono.png

Invecchiata maluccio questa splendida registrazione di Solti che si avvale peraltro di un suono a dir poco fantasmagorico, grazie anche alla tecnologia Sonicstage ideata, fra gli altri, da John Culshaw, producer della registrazione.
Invecchiata, nonostante il suono meraviglioso, per l’atteggiamento esecutivo che, ai nostri giorni, rimanda al cinema di quegli anni.
Dicevamo del suono: è favoloso, e non solo per le alchimie di Culshaw e Raeburn, qui al meglio delle loro potenzialità, ma anche per un Solti ispiratissimo nel guidare un’orchestra fantasmagorica. Ovviamente poi ci saranno Karajan e Sinopoli che diranno le parole probabilmente definitive sul tema, ma qui, ancora al di qua di prospettive di più ampia comprensione, ci troviamo in sala di registrazione con un’orchestra super e un direttore che è ben deciso a trarne il meglio possibile.
Bum!
Capolavoro!
Non è la prima volta che Salome finisce in sala di registrazione, ma è solo adesso che gli ascoltatori si rendono conto di tutte le potenzialità coloristiche che, sinora, in registrazioni maturate per lo più dal vivo, non erano affiorate. Rimango ancora colpito dall’orgia di colori dispiegati dall’orchestra di Solti nella Danza dei Sette Veli, ma tutta l’opera straripa di dettagli cromatici che, finalmente, vengono alla luce.
Direttori di strepitosa bravura come Keilberth o Mitropoulos avevano maggiormente accentato la vicenda drammatica messa in scena da Oscar Wilde; Solti, invece, per la prima volta, punta in direzione di Beardsley, ed ecco che ci accorgiamo dell’esistenza, in buca orchestrale, di celesta, xilofono, timpani, tam-tam, nacchere e glockenspiel.
Sono colori meravigliosi e iridescenti che, tuttavia, suonano un po’ falsi come il Technicolor allora imperante al cinema: I dieci comandamenti di Cecil B. De Mille è del 1956, Ben-Hur – sempre con Charlton Heston – è del 1959, ed è questo il background che viene in mente quando si ascoltano questi due dischi che cercano, forse per la prima volta, di inquadrare un’epoca che non è ancora quella del Decadentismo in cui era maturata la pièce teatrale da cui Hedwig Lachmann aveva tratto il testo poi musicato da Strauss.
Al di là del milieu culturale dell’epoca, che inevitabilmente influenzò la produzione, questa registrazione segna comunque uno spartiacque nella comprensione di quest’opera difficile e sfuggente; e di questo sia resa grazie a Solti, perché senza questi dischi difficilmente avremmo avuto ciò che è venuto poi dopo.
Ciò che invece suona tuttora terribilmente antiquato è la distribuzione vocale, con un enorme equivoco alla voce “soprano”. Ruolo creato da Marie Wittich (una delle tre Isolde di Cosima a Bayreuth, assieme a Rose Sucher e Therese Malten), che aveva nei colori e nell’emissione rotonda i punti di forza. A Bayreuth fu Isolde e Sieglinde, al limite anche Kundry (rimando al fondamentale articolo di Matteo Marazzi sul nostro sito), ma mai Brunnhilde; e questo è un dettaglio interessante se si considera che la Nilsson fu invece esattamente l’opposto, e come tale si comporta in questa registrazione.
Nessuna famosa Brunnhilde è stata anche una famosa Salome: prima di lei, i nomi importanti di questo ruolo sono stati quelli di Maria Cebotari e Ljuba Welitsch. Nessuna Brunnhilde ma, aggiungerei, nemmeno nessuna Elektra: la Borkh e la Golz, abituate a “pestar duro” col registro acuto, non hanno brillato in questa parte, come peraltro ben testimoniato dalle registrazioni discografiche disponibili.
La Nilsson non è certo in difficoltà col registro acuto; ma non è mai Salome nemmeno per sbaglio, così come non era Isolde. Canta benissimo, questo è ovvio, e senza nessuna fatica; ma non c’è niente dell’adolescenza, della sensualità da Lolita, dell’ingenuità, del candore avvelenato che vedremo poi con altre interpreti pur meno dotate vocalmente (Malfitano, Behrens o Studer, tanto per fare i primi esempi che mi vengono in mente).
Parimenti sbagliata è l’attribuzione di Herodes al grandissimo Gerhard Stolze. Anche in questo caso, rifacendoci alla distribuzione originaria del 1905, vediamo che il primo interprete fu Karel Burian, un noto e grandissimo wagneriano, celebre per Tristan e soprattutto Siegfried, tanto che al suo funerale l’Orchestra Ceca suonò la marcia funebre del Crepuscolo. Cosa c’entri Stolze con un tenore di questo genere, è evidente a chiunque: Stolze, grandissimo interprete di Mime e Loge, la butta sul caricaturale ottenendo risultati estremamente intriganti dal punto di vista narrativo, ma davvero falsi in un’ottica di affidabilità interpretativa.
Interessantissima invece è l’attribuzione di Jokanaan a Eberhard Wächter: una parte che, sino a quel punto, era stata per lo più affidata a un Wotan (si pensi a Hermann, Frantz o Hotter), veniva eseguita da un… Don Giovanni. La voce estremamente chiara restituisce all’ascoltatore un personaggio finalmente giovane e di cui, credibilmente, si può invaghire una ragazza adolescente.
Ottima anche Grace Hoffman, Herodias tagliente e ironica.
Splendidi il Narraboth di Kmentt e il paggio della Veasey, entrambi fra i migliori della discografia.
E meravigliosi tutti gli interpreti comprimari, che rendono ancora più evidente la sensazione della “festa per le orecchie”.

Registrazione tuttora storicamente importantissima per aver aperto un varco; ma decisamente sorpassata e con un paio di equivoci esecutivi purtroppo fondamentali per poterla indicare ancora come riferimento di questo titolo così intrigante
Pietro Bagnoli

 

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