Venerdì, 22 Novembre 2024

Opium di Philippe Jarrousky

Aggiunto il 18 Ottobre, 2009


Elenco delle tracce:

1. Hahn: A Chloris
2. Chaminade: Sombrero
3. Massenet: Elegie
4. Fauré: Nell
5. Chausson: Le colibri
6. Fauré: Automne
7. Chaminade: Mignonne
8. Hahn: Fetes galantes
9. Chausson: Le temps de lilas
10. Chausson: Le papillon
11. Caplet: Viens, une flute invisible soupire
12. Chausson: Les heures
13. Hahn: Quand je fus pris au pavillon
14. Hahn: Offrande
15. Saint-Saens: Tournoiement ‘Songe d’opium’
16. Debussy: Romance
17. Dukas: Sonnet
18. Massenet: Nuit d’Espagne
19. Lekeu: Sur une tombe
20. Saint-Saens: Violons dans le soir
21. Franck: Nocturne
22. Dupont: Les donneurs de serenades
23. D’Indy: Lied maritime
24. Hahn: l’heure exquise


Jérome Ducros: piano
Renaud Capuçon: violino; Gautier Capuçon: violoncello; Emmanuel Pahud: flauto

Luogo e data di registrazione: Paris, Chambre Syndicale Typographique Parisienne, Salle Akustica, 7-13/7/2008
Ed. discografica: Virgin, 1 CD a prezzo pieno

Note tecniche di registrazione: eccellente

Pregi: un’ora in piacevole compagnia di un repertorio desueto con un cantante intelligente, versatile e ottimo comunicatore; splendida collaborazione fra il cantante e l’accompagnamento pianistico, quest’ultimo davvero eccezionale

Difetti: alla lunga un po’ stucchevole

Valutazione finale: images/giudizi/ottimo.png



“È certo che questo disco costituirà una sorpresa per molti. Coloro che hanno l’abitudine di ascoltarmi nel repertorio barocco e coloro che amano la melodia francese si porranno la stessa domanda: perché un controtenore in questo repertorio?”
Così scrive il simpatico ed intelligente Jaroussky nell’introduzione al fascicolo di accompagnamento di questo bel disco che, effettivamente, solleva qualche perplessità. D’altra parte, Jaroussky ricorda che purtroppo il controtenore non può affrontare molte delle opere create negli ultimi cinquant’anni e si deve “accontentare” di un repertorio creato originariamente per i castrati i quali – come ammette egli stesso – avevano una vocalità completamente diversa. E quindi perché non affrontare questi brani che l’artista sente adatti alla sua voce, sui quali ha lavorato molto con il suo insegnante Nicole Fallien e per i quali sente una particolare affinità emotiva? Se a ciò si aggiunge l’incontro fortunato con Renaud Capuçon e Jerome Ducros, ecco che si ottiene una combinazione particolarmente efficace di alcuni artisti in grado di intendersi al volo: questo è infatti un aspetto che si percepisce sin dal primo brano.
È possibile definire la melodia francese soprattutto sulla base di quello che si ascolta in questo disco? Sì e no. Il genere della melodia francese nasce approssimativamente nel 1870 all’indomani della guerra franco-prussiana con la creazione della Société Nationale de Musique fondata, fra gli altri, da Duparc (1848-1933), Saint-Saens (1835-1921) e Fauré (1845-1924). Ernest Chausson (1855-1899) fu allievo di Massenet e di Cesar Franck; viene considerato un post-romantico francese e la sua produzione risente dell'influsso di Franck e di Wagner. Nelle melodie trova una propria identità che tuttavia lo avvicinano a Massenet e a Fauré facendone anche un precursore di Debussy. Quanto a Reynaldo Hahn (1875-1947), l’altro compositore ampiamente rappresentato in questa raccolta, ebbe probabilmente una relazione con Proust che poi si trasformò in una amicizia che durò sino alla morte dello scrittore; lui e Georges De Lauris ebbero il privilegio di conoscere gli abbozzi della Recherche nel 1909. Una nascita sicuramente più tardiva quella della melodia francese rispetto – per esempio – al Lied della grande tradizione tedesca; e tuttavia un genere con una connotazione assolutamente sua, ricca di charme e di fascino, di languore e di abbandono, senza trascurare una nota estetizzante che risente del particolare ambito culturale in cui il genere cresce e matura. Il Decadentismo di Huysmans da un lato; dall’altro l’Estetismo, il Dandysmo (non quindi necessariamente correnti culturali francesi) e il primo vero sdoganamento dell’omosessualità nei circoli culturali, portano ad un milieu probabilmente irripetibile di cui queste melodie – il titolo della raccolta, “Opium”, mi sembra quanto mai pertinente – sono quasi un manifesto. L’affidarne l’esecuzione ad una voce di controtenore apre orizzonti quanto mai impensabili rispetto alle tradizionali versioni di voci più classiche, spesso per lo più di cantanti d’opera. La voce non ha escursioni né modulazioni di particolare ampiezza, né armonici molto caldi, ma è anche vero che – per sua espressa dichiarazione – Jaroussky ha scelto un’emissione molto simile alla voce parlata per evitare eccessi “barocchi” che in questo repertorio non avrebbero nessun senso. Sembrerebbe troppo facile pensare ad una certa ambiguità del tipo d’interprete vocale scelto, eppure in qualche modo si viene a creare un’atmosfera di sospensione che a queste melodie si attaglia in modo spettacolare. Se a ciò si aggiunge un accompagnamento semplicemente spettacolare del piano di Jérome Ducros, talvolta supportato da violino, flauto o violoncello, la combinazione riesce a raggiungere vertici di poesia di una bellezza struggente.
Il disco propone una selezione di ben 24 brani: un’enormità, dati i tempi. Il consiglio però è di evitare di ascoltarli tutti di fila, ma piuttosto di godersene un po’ per volta per non correre il rischio di fare un minestrone un po’ ipnotico: ancora una volta, il titolo della raccolta appare paradigmatico.
Quali sono i limiti di un’operazione del genere?
Il genere praticato è poco palatabile per il gusto italiano che, quanto a questo specifico ambito, ha avuto come riferimento principale le canzoni di Tosti e, soprattutto negli anni che viviamo, non se le fila mica tanto.
Inoltre, la voce di Jaroussky dopo un po’ stanca. Superata la curiosità iniziale e un po’ morbosa per questo tipo di operazione, il disco diventa piuttosto noioso e ripetitivo e si inizia a desiderare qualcosa di un po’ più movimentato e meno estetizzante. Tra l’altro, si ha la sensazione che il cantante fatichi un po’ in un repertorio che non ne mette alla prova le notevoli capacità tecniche anche se si sforza di trovare mille inflessioni diverse a seconda del testo praticato.
Infine, se un melomane medio fatica ad accettare la voce di controtenore nel repertorio barocco, figuriamoci in un disco come questo in cui si assemblano una tipologia vocale scarsamente gradita in un repertorio di non facile comprensione né fruibile al pari di una qualunque opera lirica a diffusione popolare.
Detto questo, il lavoro di Jaroussky e dei suoi accompagnatori è da salutare con entusiasmo per l’originalità della sua impostazione e perché costituisce una ventata di freschezza nel panorama dei soliti recital operistici. Al pari un buon single malt molto torbato, un disco da conoscere e da centellinare poco per volta con atteggiamento meditativo

Categoria: Recitals

 

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