Venerdì, 22 Novembre 2024

Norma

Aggiunto il 06 Gennaio, 2012


Vincenzo Bellini
NORMA

- Norma ANITA CERQUETTI
- Pollione FRANCO CORELLI
- Adalgisa MIRIAM PIRAZZINI
- Oroveso GIULIO NERI
- Flavio PIERO DE PALMA
- Clotilde GIANNELLA BORRELLI

Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Chorus Master: Giuseppe Conca

Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma
GABRIELE SANTINI

Luogo e data della registrazione: Roma, 4 Gennaio 1958
Edizione discografica: Myto Historical Line, 2 CD economici

Note tecniche: discreta, ma con pubblico che dà grande prova di sguaiataggine
Pregi: il cast nel suo complesso
Difetti: la direzione di Santini e la Cerquetti, pur brava, non è una Norma che si adagia un po’ sul già udito
Giudizio complessivo: images/giudizi/discreto.png

Video:

La presente registrazione si colloca in un momento particolare del nostro teatro musicale in quanto fa seguito alla famosa rinuncia della Callas al Teatro dell’Opera di Roma con il relativo clamore che assunse toni scandalistici e al quale molta stampa dette resoconti variamente interpretabili. Non è questa la sede per rifare tutta la storia della serata che vide implicate le masse artistiche del teatro, il pubblico, l’allora presidente della repubblica e le autorità del tempo. È invece necessario soffermarsi sul valore del documento sonoro che la MYTO ci offre con tutti i lati positivi (gran parte del cast) e negativi (i modi interpretativi, la direzione e il comportamento del pubblico). Si sa quale è stata la storia esecutiva del capolavoro belliniano e come su di essa abbia pesato il determinante e benefico contributo di Maria Callas. Se guardiamo alla discografia delle edizioni integrali di Norma, prima della Callas troviamo due nomi (Cigna e Milanov) che, pur con un notevole materiale vocale, tengono erroneamente legata la sacerdotessa druidica a modi che ignorano il neoclassicismo latente per proiettarsi invece in una tipologia di linguaggio molto posteriore che non trascurava neppure modi veristi con l’annesso assetto belcantistico piuttosto (e talvolta molto) approssimativo e tutta una prassi di tagli e taglietti di ‘da capo’ e simili che i direttori praticavano. Con la Callas si è iniziato a respirare aria nuova vuoi per l’autorità e la sagacia interpretativa che investiva anche le minime frasi (basterebbe pensare al «Pace v’intimo» del I atto dove il «Pace» è celestiale mentre il «v’intimo» possiede tutta l’autorità di chi ha in mano le sorti umane e spirituali di un popolo da tenere a freno), vuoi anche per il virtuosismo franco e scandito, ma soprattutto non ridotto a suoni ingrossati e bistrattati. Inutile e risaputo aggiungere che la Callas ha scritto un capitolo fondamentale nell’esecuzione di quest’opera. Se le cose stanno così perché – ci si potrebbe chiedere – la necessità di questo preambolo? La risposta la udiamo da questa esecuzione che appare, a nostro avviso, anacronistica nonostante sia ben cantata e, a tratti e per merito della protagonista, elegante. La Cerquetti ci mostra infatti una voce di rara bellezza (la famosa preghiera «Casta Diva» evoca davvero il Canova) ed ottimo impasto a tutte le altezze, di notevole densità, un’abilità di legare i suoni, una dizione splendida ma questo non basta a farne una Norma che possa rivaleggiare con la Callas e con le successive belcantiste (Sutherland, Caballé, Sills, Gruberova e perché no, anche R. Scotto). Perché? Anzitutto nei passi più liricizzanti la cantante marchigiana sfoggia modi espressivi che, pur eleganti, non respingono completamente quel modo tutto italiano e verista di accentare (la frase «Dormono entrambi» è, ad esempio, emblematica, ma non è l’unica. Qualcosa ci sarebbe da dire anche sulla parte finale dei «Teneri figli» e di alcune battute di conversazione che seguono con Adalgisa). Su un piano più generale di interpretazione, emerge una sacerdotessa che assolve molto bene l’ufficio di madre spirituale, oppure di donna piegata dagli eventi (bello il suo «Deh non volerli vittime»), ma quando c’è da minacciare manca di quel quid che rendeva singolare ed apocalittica la Callas e ciò senza contare che alcuni estremi acuti fanno avvertire certo sforzo e la vocalizzazione non appare esemplare (ce ne avvediamo già nell’«Ah bello a me ritorna», figuriamoci quando diviene rovente). Ne consegue che nel Terzetto finale del I atto le due donne restano sullo sfondo, mentre Corelli con il volume che ha tende a sopraffare. Anche il «Vanne sì mi lascia indegno» è un po’ troppo placido in rapporto alla situazione, meglio invece l’«In mia man alfin tu sei» dove, pur non rendendo l’atmosfera del rendiconto finale, la Cerquetti sfoggia notevole dose di disperazione, ma non di rabbia e vendetta che, specie nella seconda parte, si richiede. In sostanza, una Norma che sembra quasi ignorare la lezione Callas e che fa una bella copia (senza volgarità o arbitri) di un tipo di esecuzione però ormai desueta che aveva fatto il suo corso. Manca quell’ira bruciante e di colore nero di certi passi callasiani, ma non si trova neppure il carattere simbolico e misterico che tanto la Callas (in modo disperatamente e perentoriamente esistenziale, linea alla quale si è accodata con ulteriori approfondimenti anche R. Scotto), quanto la Sutherland (con il misticismo e aura metafisica della sua voce) e la Caballé (con il suo produrre suoni angelici e immateriali) ci hanno abituati. Una Norma tanto ben cantata quanto interpretativamente datata. Ma se guardiamo al contesto storico di quegli anni a me pare che la Cerquetti era davvero l’unica risposta italiana alla Callas per certi personaggi come Norma. Le va dato atto di essersi prodotta in questo difficile personaggio e negli altri di cui esiste documentazione soprattutto live (in studio ha inciso solo La Gioconda). Pregevole la Pirazzini che, pur senza essere un fulmine, accenta bene mostra discreta vocalizzazione, ha voce corposa, ma che neppur lei rifugge da richiami veristi specie nei suoni gravi. È buona però l’esecuzione che, con la Cerquetti, il mezzosoprano vicentino ci offre di «Si fino all’ore estreme» nel II atto. Corelli, in quegli anni, si divideva con Del Monaco il monopolio del personaggio di Pollione. Del tenore di Ancona abbiamo anche un’edizione live precedente di 5 anni proveniente da Trieste con la Callas: ciò che rende notevole la sua prestazione è senz’altro la baldanza ed il volume sfoggiati, ma anche una buona morbidezza. Ottimi i due duetti: inizialmente con Adalgisa e alla fine con Norma.
Neri sfoggia la voce che conosciamo e che ben risponde al suo cognome, ma si percepisce certo declino in alto e un’interpretazione che favorisce a volte più il lato minaccioso che profetico-consolatorio del personaggio, anche se il suo «Lasciami» rivolto a Norma dopo la confessione dei due figli è già detto con la commozione in cuore ed essa ha modo di svelarsi in seguito. Inoltre Neri ha un pregio: è spontaneo e non artefatto rispetto, ad esempio, ad un Christoff che nel citato live di Trieste (con Corelli e la Callas) risultava monolitico e tanto più zar che capo-popolo. A completamento del giudizio sugli esecutori vocali c’è da segnalare che De Palma è un ottimo Flavio (specie per la dizione e il timbro giovanile) e appare valida anche la Borrelli come Clotilde.
La direzione sotto il manto della teatralità e dell’accompagnamento della vicenda mostra diverse rughe e lati deboli: tagli di alcuni ‘da capo’ (la scena iniziale di Oroveso è eseguita integralmente, ma in altre parti si accorcia), alcuni arbitri (la ripetuta frase di Norma «Tu mel prometti» detta anche da Pollione), tono bandistico, poca esattezza degli attacchi ed un «Guerra! Guerra!» che, unito al coro, potrebbe figurare come colonna sonora di tanti cartoni animati di Tom e Jerry dove il gatto corre dietro al topo. L’effetto è comico …. quando, in realtà, non dovrebbe esserlo. Il Coro non si copre di gloria.
Il pubblico apprezza molto questa recita, ma non esita a strafare specie dopo l’esecuzione di «Casta Diva», producendosi in effetti sguaiati che sembrano compromettere la ripresa del prosieguo dell’opera. Analogamente all’ingresso della Cerquetti abbiamo un’altra manifestazione clamorosa. Probabilmente gli eccessi vogliono significare una sorta di protesta contro la Callas dopo quanto era successo, ma francamente risultano beceri.
Una Norma, insomma, ‘all’italiana’ che non vanta svolte filologiche o altro e si attesta ad un livello per il tempo medio-alto, mentre per un’intera discografia appare piuttosto sufficiente. Non si sentono brutture (se non quelle del pubblico), ma neppure novità particolari e l’edizione appare un documento che ci mostra il gusto del tempo.
Luca Di Girolamo

Categoria: Dischi

 

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