Mercoledì, 03 Luglio 2024

Don Giovanni

Aggiunto il 25 Novembre, 2007


WA MOZART
DON GIOVANNI
Libretto: Lorenzo Da Ponte

Personaggi e interpreti:

• Don Giovanni JOHANNES WEISSER
• Il Commendatore ALESSANDRO GUERZONI
• Donna Anna OLGA PASICHNYK
• Don Ottavio KENNETH TARVER
• Donna Elvira ALEXANDRINA PENDATCHANSKA
• Leporello LORENZO REGAZZO
• Masetto NIKOLAY BORCHEV
• Zerlina SUNHAE IM

RIAS Kammerchor
Chorus Master: non indicato (lo stesso Jacobs?)

Fortepiano: Giorgio Paronuzzi (che svolge il continuo insieme con violoncello)

Freiburger Barockorchester
RENÉ JACOBS

Casa discografica: Harmonia Mundi, 3 cd a prezzo economico

Luogo e data di registrazione: Telex Studio, Berlino, Novembre 2006

Note tecniche: registrazione di qualità perfetta
Pregi: direzione, Weisser, Pendatchenska, Pasichnyk
Difetti: alcuni interpreti non sono propriamente ispirati
Valutazione conclusiva: images/giudizi/eccezionale.png


E con questa registrazione, finalmente, si chiude il cerchio. Da adesso in avanti si apre finalmente un nuovo processo interpretativo che liquida definitivamente l’idea “eroica” del personaggio Don Giovanni, almeno per come era stato filtrato dalla sensibilità di E.T.A. Hoffmann e ritorna al primitivo dettato mozartiano, quello cioè che si basa sull’intestazione di “dramma giocoso”, terribile nella sua ambiguità, ma soprattutto sempre travisata da schiere di interpreti che hanno scelto di puntare in altre direzioni.
In quest’ottica, appaiono perfettamente comprensibili le parole di Jacobs che, nell’intervista riportata sul libretto, ci fa notare come Don Giovanni sia l’opera più misconosciuta di Mozart, anche se probabilmente è la più rappresentata. La visione di Hoffmann, quella nota come “romantica”, è stata quella che ha portato il Dissoluto sulla scia del mito dell’Olandese Volante: l’idea cioè che l’unione con una donna possa portare il protagonista se non ad una vera e propria redenzione, ad un contatto con l’Infinito. È una prospettiva sicuramente grandiosa, che ha esaltato al massimo interpreti che si sono messi idealmente e praticamente al centro non solo del palcoscenico, ma anche dell’universo interpretativo. Non è un caso che l’antagonista ideale di questo tipo di protagonista sia l’angelicata Donna Anna, che ci fa guardare l’altra faccia dell’universo; e, se scorriamo le incisioni discografiche sino ad ora disponibili, ci rendiamo conto che è sempre stato così, anche – e questo è motivo di stupore – per quelle di matrice filologica, e persino quelle di autentici estremisti di questa scuola di pensiero come sir John Eliot Gardiner.
Ma Jacobs rivolta le carte in tavola, riportandoci – come fa – alla prospettiva reale di Mozart, quella del “dramma giocoso”; in quest’ottica – dice Jacobs – la vera antagonista di Don Giovanni è Elvira, di cui affiora la similitudine con l’Arianna abbandonata da Teseo di Monteverdi, e la cui passione furiosa e distruttrice diventa così l’unico vero elemento serio di un dramma che ha molti, troppi elementi di ambiguità. Jacobs, giustamente, fa riferimento alla carica erotica di Don Giovanni, e ci ricorda che un illustre precedente nelle opere mozartiane era stato l’adolescente Cherubino; Don Giovanni, “giovane uomo estremamente licenzioso” (così lo definiscono le note di Da Ponte), è un Cherubino cresciuto, che ha fatto anche la muta della voce, e che – non a caso – fu interpretato a Praga dal ventunenne Luigi Bassi.
E poi: Don Ottavio non è affatto un imbranato vagamente effeminato, bensì un modello di legge che ricorre alle armi e alla forza solo quando vi è costretto (e in ciò ricorda niente meno che Tito Vespasiano).
Anna non è un soprano drammatico! Non lo è per caratteristiche vocali, ma non lo è nemmeno – alla luce della proposta di Jacobs – per ragioni teatrali, visto che non può essere considerato l’angelo vendicatore contro il nemico demoniaco. Recuperata la dimensione di soprano leggero, ci si spiega la presenza di quelle battute che tanto avevano fatto infuriare Berlioz nell’aria “Non mi dir”.
Ne deriva, ovviamente,una ridistribuzione di ruoli che nella presente registrazione privilegia Donna Anna, ma non purtroppo Don Ottavio, per l’occasione affidato ad uno dei tanti tenori zanzarine di moda da (quasi) sempre in questo ruolo; avremo modo di parlarne dopo.
Ciò che invece ci preme sottolineare è il gradito ritorno, in questa registrazione, delle variazioni personali nelle arie, ciò che veniva esplicitamente richiesto, dalla prassi esecutiva dell’epoca, oltre che nei ruoli buffi, nei ruoli seri come Donna Anna e Don Ottavio e in quelli “demi caractère” come Don Giovanni e Donna Elvira. Queste variazioni che all’epoca venivano definite “modificazioni arbitrarie” (e non ne senso deteriore del termine) erano prassi pressoché obbligatoria per definire l’abilità di un interprete, ed era ora che se ne cominciasse a tener conto, specialmente presso i presbiteri officianti del “rito delle forcelle”, quelli cioè per cui l’unico verbo esistente è il rispetto pedissequo e paranoico dei segni di espressione. Lo stesso discorso vale anche per il continuo che veniva spesso improvvisato al fortepiano e violoncello nei recitativi e nei preludi alle scene: non tutto, fortunatamente – viene da dire con Jacobs – veniva scritto sullo spartito e soprattutto esisteva ben dominante l’idea che l’interprete potesse avere una libertà d’espressione fondamentale.
Infine, i tempi. Mozart non ha lasciato indicazioni metronomiche, ma possiamo egualmente ricavare elementi di affidabilità, per esempio dalle danze che si intersecano nella scena finale del primo atto: minuetto, contro-danza e danza paesana, tutt’e tre con ritmi differenti e ben codificati.

Queste ed altre considerazioni, splendidamente dibattute da Jacobs nel fascicolo di accompagnamento a questa fondamentale edizione discografica del capolavoro mozartiano, ci chiariscono senza ombra di dubbio i paletti fra i quali si muove il geniale direttore belga:
1. il superamento definitivo dell’etica romantica che sino ad ora aveva posto il seduttore di fronte alla potenza sovrannaturale che, sfidata, lo precipita nell’inferno. Don Giovanni è un libertino, un seduttore, un “giovane uomo estremamente licenzioso”, è simpatico e colto, è intelligente ed affascinante, ma non è l’eroe che tutto nega e che prosegue (o anticipa) la sfida dell’Olandese: è un altro Cherubino, cresciuto e diventato sempre più audace. Jacobs ci invita a considerare le sue arie solistiche: “Fin ch’han del vino” è un gioioso invito alla danza, “Deh vieni alla finestra” è una serenata, nessuna delle due contribuisce alla creazione del mito di un eroe protoromantico. Il Don Giovanni è un “dramma giocoso”, con le sue regole ed una distribuzione di ruoli ben precisa che risponde a tali regole. Nessuno rinnega ciò che è stato fatto da Hoffmann in avanti, ma la storia dell’interpretazione di questo capolavoro ricomincia decisamente da qui
2. l’improvvisazione gioca un ruolo fondamentale nell’opera settecentesca, e questo deriva dalle variazioni delle arie delle grandi opere barocche. La follia insita nelle improvvisazioni è qualcosa che nobilita, piuttosto che mortificare, il genio creatore. L’improvvisazione del continuo con fortepiano e violoncello ha una sua ben precisa collocazione storica per sottolineare l’inizio delle scene e i recitativi
3. la scelta dei tempi è sostanzialmente lasciata all’arbitrio dell’interprete che dovrebbe muoversi con una certa logica basandosi su alcuni dati di fatto. Oltre ai già citati ritmi di danza, Jacobs fa un’interessante disquisizione sulle differenze fra un i vari tempi come venivano indicati dall’autore e come venivano interpretati all’epoca
4. la scelta dei cantanti nasce, ovviamente, da tutte le considerazioni precedenti. E qui è necessario intendersi

Johannes Weisser, il protagonista, è ideale per un’incisione di questo genere, mentre non lo sarebbe mai stato per un disco di Furtwaengler,di Walter o di Mitropoulos. Il senso della parola che lo contraddistingue ha ben pochi paragoni e termini di riferimento nella sterminata discografia di questo capolavoro: Allen, Hampson e, forse, Gilfry, il geniale protagonista dell’incisione di Gardiner (quella cioè che, per certi versi, maggiormente assomiglia a questa di Jacobs); ma è comunque superiore a tutti questi quanto ad espressione di una gioventù incosciente e buttata allo sbaraglio in pieno stile Cherubino, quello cioè che viene evocato non impropriamente da Jacobs. Certo, la pronuncia italiana è di qualità assai modesta; ma la dominanza della prosodia in compenso è da manuale del canto e il senso di improvvisazione, così importante in questo contesto, è perfetto.
Al suo stesso livello – anzi, un gradino al di sopra – l’Elvira della Pendatchanska, sicuramente una delle migliori mai documentate dal disco. La voce è ampia e squillante. Il fraseggio è impetuoso e di notevole violenza espressiva. Il dominio del senso di articolazione della frase è notevole ed è guidato da una personalità d’interprete di quelle che si impongono subito al primo ascolto.
Del pari interessante l’Anna di Olga Pasichnik, cantante di origini ucraine dotata di notevole eclettismo, se si considera che i suoi interessi spaziano dal Barocco a Blanche dei Dialogues des Carmelites. Qui è proprio brava, con un canto vario e fantasioso, ricco di contrasti e di affetti: riesce ad essere impetuosa, pur essendo sempre molto “quadrata” nel canto e i passaggi di coloratura le riescono proprio bene.
Scendiamo di un gradino con Lorenzo Regazzo, che è molto bravo ma anche assai più convenzionale nell’emissione. Si ritaglia una parte di primo piano e non fa nessuna fatica nel proporre un personaggio vario e ben cantato, ma nel corso dell’ultimo quarto di secolo sono stati talmente tanti i Leporelli di spessore che non si può dire che Regazzo si segnali per qualche qualità particolarmente rilevante: è un’ottima prestazione, ma nulla di più.
Kenneth Tarver è complessivamente piuttosto bravo e varia discretamente le proprie arie (la seconda, “Il mio tesoro”, appartiene alla versione di Praga e quindi è messa in appendice, così come l’aria di Leporello “Ah pietà signori miei” sostituita dal duettino “Per queste tue manine” dell’edizione di Vienna), ma non è un grande interprete. È sicuramente più a suo agio con Don Ottavio che con Giacomo V della rossiniana “Donna del lago”, ma siamo ancora lontani le mille miglia dal trovare l’esatta quadratura di questo ruolo.
Altra zanzara è Sunhae Im che canta Zerlina. È lo stesso Jacobs a svelarci che la preferenza per una soubrette è dovuta al carattere esplicitamente buffo del personaggio. Non ci convince del tutto, ma non si può negarle una buona verve e una discreta musicalità.
Alessandro Guerzoni è ormai un veterano del ruolo del Commendatore, mentre Borchev non si segnala per particolari meriti o demeriti.
E, infine, lui, il grande timoniere non solo di questa registrazione, ma di tutto questo processo di rinnovamento dell’interpretazione mozartiana: René Jacobs. Il lavoro intellettuale che è alla base di questa registrazione è straordinario, ma non sarebbe nulla se non ci fosse alla base un talento teatrale di primissimo ordine accompagnato da una musicalità da grande artista. L’orchestra – che ha un suono dorato, ricco di armonici – suona nelle sue mani con una precisione degna dei Berliner ed è scattante come una frusta o flessuosa come una pantera: raramente capita di emozionarsi così tanto riascoltando una musica così nota come questa. Particolarmente azzeccate ci sembrano non solo le scelte ritmiche, emozionanti e ben diversificate anche all’interno dello stesso brano; ma anche – come abbiamo già visto – il continuo che accompagna i recitativi, affidato a fortepiano e violoncello. Il lavoro sui cantanti, infine, si intuisce minuzioso e ricco di sfumature. Nulla è lasciato al caso: questo è un lavoro fortemente permeato dalla personalità di un grande artista.

Grande registrazione: la storia interpretativa di “Don Giovanni” ricomincia da qui

Categoria: Dischi

 

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