Mercoledì, 03 Luglio 2024

Carmen

Aggiunto il 29 Maggio, 2006

ed. Choudens

La frase del Cigno di Busseto messa in apertura è l'evidente dimostrazione che anche un genio, ogni tanto, può dire una fesseria: è la classica eccezione che conferma la regola e nessuno se ne dovrebbe scandalizzare.
Ma men che meno, nessuno dovrebbe prendere certe frasi per oro colato, rivendicando per legittime certe tradizioni che ormai sono morte e sepolte. E senza nessun rimpianto.
Noi amiamo il progresso: nel caso di Carmen, il progresso ci ha portato la fondamentale revisione critica di Oeser che, basandosi sugli autografi di Bizet, ha sicuramente commesso alcuni arbitrii, ma ci ha restituito l'opera nella bellezza selvaggia della sua integrità.
Tale revisione, secondo me, è stata applicata al suo meglio da Georg Solti nelle sue recite londinesi, poi fissate su disco con il cambio della protagonista (chissà perché!…). Tutto ciò che è venuto dopo, nel bene come nel male, ha prodotto edizioni talvolta molto diverse fra di loro, ma accomunate da un unico principio di base: il riconoscimento che Carmen nasce come un'opera comique e che la sua natura dovesse essere rispettata in modo tale da permetterle di estrinsecare tutta la sua violenza espressiva.
Oggigiorno non dovrebbe esserci alcun dubbio sulla veridicità della revisione di Oeser che, con tutti i suoi limiti, ha fissato i margini per una corretta esecuzione dell'opera. Dire qualcosa di veramente nuovo in un repertorio tanto frequentato è oggettivamente difficile. Nessuno lo nega. Ma arrivare al punto di riproporre per una nuova registrazione di Carmen la vecchia, decrepita, sorpassatissima versione con i recitativi di Guiraud mi sembra francamente irritante, tanto più se si assembla un cast come questo dalle ricche potenzialità espressive che invece rimangono inscatolate, bloccate dai paletti dei recitativi e dei tagli imposti da una tradizione che è ben più che ammuffita: è putrefatta, e non se ne sentiva nessuna nostalgia.
A titolo giustificativo di una scelta editoriale così illogica e totalmente priva di attualità, riporto - e traduco - dalle note di presentazione del libretto:

"Nel suo iniziale giro del mondo, Carmen fu raramente rappresentata nella sua forma originale di opera comique. È nella forma di opera interamente cantata che conquistò il mondo. In effetti, ben pochi teatri disponevano di attori-cantanti alla francese e di un genere misto come quello dell'opera comique. Era dunque cosa abituale trasformare le opere che oltrepassavano la frontiera perché esse si adattassero alle convenzioni locali. Bizet lo sapeva e si preparava a scrivere lui stesso i famosi recitativi che avrebbero dovuto sostituire le scene parlate".

E allora, ecco l'uovo di Colombo!

"La presente registrazione è fondata su questa versione (di Guiraud), di cui si possono criticare certi tagli e certe parti musicali aggiunte da Guiraud (che, in effetti, ha talento e mestirer, pur senza possedere il genio di Bizet), ma che ormai fa parte della storia dell'opera e conserva tutta la sua legittimità"

Be' che dire di fronte a tanta malafede?
Lo sappiamo benissimo che certi problemi effettivamente esistevano nel 1875. Non è un mistero per nessuno che la tradizione esecutiva che di fatto snaturò l'opera trasponendola dal genere opera comique a qualcosa di molto più simile ad un generico drammone tardo ottocentesco, semplificava enormemente il lavoro agli artisti (cantanti, regista e direttore) che affrontavano l'opera e la rendeva molto più accettabile ad un palato non ancora pronto a confrontarsi con i terribili ed esasperati contrasti del capolavoro di Bizet.
Noi non condanniamo la prassi esecutiva, ma solo allorquando aggiunge elementi altamente spettacolari e pirotecnici. È il motivo per cui spesso ci contrapponiamo ad esecutori che espungono note e passaggi virtuosistici, nel rispetto di una pretesa filologia, ma senza sostituirli con altri elementi che facciano spettacolo.
Anche per questo riproporre oggigiorno una Guiraud - Choudens non ha alcun senso: non solo snatura totalmente lo spirito dell'opera, ma oltre a tutto non aggiunge nessun elemento spettacolare per cui valga la pena di riproporla. E non è solo questione di recitativi invece di dialoghi parlati.
Facciamo qualche esempio:

- nella scena delle sigaraie del primo atto la versione Choudens - Guiraud elimina completamente l'entrata delle voci maschili ("Sans faire les cruelles"). Infatti, in questa registrazione tale passaggio manca completamente, e non è neanche a dire quanto si smorzi la tensione

- nella scena del lancio del fiore, il tema del destino viene mantenuto completo nella versione di Oeser, enormemente abbreviato in quella di Choudens

- nella scena fra Escamillo e José, al terzo atto, Oeser reintroduce una versione lunga che chiarisce meglio i veri rapporti di forza fra i due e ci fa così capire la casualità del vantaggio di José (conseguito, fra l'altro, grazie ad un inganno)

Ce ne sono altri - si capisce - che non riporto solo perché questa non è la sede per una trattazione critica sulle varie versioni di Carmen. Tali esempi, benché limitativi, servono per rendersi ben conto della miopia di una scelta editoriale del genere.
Il cofanetto presenta questa Choudens nella bellezza di 3 cd: la stessa versione diretta da Pretre con la Callas sta in due cd: ognuno tragga le conclusioni che preferisce.
Infine, l'editore strombazza la collaterale presenza di una versione alternativa dell'Habanera: sarebbe quella originariamente scritta da Bizet, che - anziché essere messa in appendice, come accade spesso in situazioni del genere - viene eseguita illogicamente subito dopo la classica Habanera, con un risultato drammaturgicamente vuoto di significato.
Oltre a tutto, si tratta di brano non brutto, ma di carica ritmica, emotiva e sensuale assai inferiore rispetto all'ipnotica allure della versione più famosa, e si capiscono perfettamente le ragioni che l'hanno relegato nel dimenticatoio.
Tutto questo è irritante anche perché le intenzioni esecutive non sono affatto malvagie. Plasson dirige con molta souplesse una partitura tragicamente limitata, cavandone fuori preziosismi di ironia e di leggerezza, e accompagnando splendidamente il canto, confermando così di essere il più attendibile direttore contemporaneo per il repertorio francese.
Angela Gheorghiu canta Carmen con una tale varietà di inflessioni e con tanta smaliziata scaltrezza da far pensare che sia ormai una veterana del ruolo. La paletta di colori della sua voce non fa per niente rimpiangere quella corda mezzosopranile che dovrebbe essere teoricamente la destinataria del ruolo. L'interprete poi è sempre molto partecipe, ora fiera ed orgogliosa come un'aquila, ora tenera ed appassionata, ora ironica e cinica.
Un personaggio che la Nostra potrebbe tranquillamente riproporre anche in teatro. Roberto Alagna canta molto meglio rispetto ad alcune prove recenti, ma la versione Choudens penalizza ulteriormente un personaggio già di per se stesso alquanto debole. Il fiore è bello, ma non trascendentale: in un brano come questo si desidererebbe qualcosa di più che distingua la performance di un fuoriclasse da quella di un routinier.
La partecipazione emotiva è notevole e la voce non sembra artificiosamente scurita come in altre performances degli ultimi tempi.
Inva Mula è un po' fragile, ma la voce è sicura, luminosa e gradevolissima. L'interprete, poi, è grintosa e sincera, anche se il personaggio di Micaela è troppo stereotipato per riuscire a trarne spunti veramente innovativi.
Hampson si ritaglia un Escamillo fatuo e vanesio molto charmant e, secondo me, è il migliore della compagnia, ma anche lui è troppo penalizzato dalla versione scelta. Eccellenti i comprimari, tutti di madrelingua.
Se la Emi ripensasse ad una scelta così folle, tenesse buoni i passi cantati e ricucisse intorno ad essi una bella versione Oeser, verosimilmente avremmo un'ottima Carmen.
Così com'è, invece, all'utente interessato ad ascoltare la coppia più glamour nell'opera più affascinante di tutte, conviene aspettare la pubblicazione del cd contenente i brani scelti

Categoria: Dischi

 

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