Backstage: Con la mia voce ho cantato la patria… - 3° puntata
Aggiunto il 07 Novembre, 2017
Tutto quello che abbiamo detto e scritto precedentemente viene spazzato via negli anni ’60 dall’arrivo di colui che ha saputo impossessarsi del ruolo di Andrea Chenier con la massima forza, facendone il suo personaggio fondamentale, imprescindibile da quel momento in avanti: Franco Corelli. Analizzando la parte musicale Chenier sembra scritto apposta per il tenore anconitano. Parte centralizzante, scatti brucianti verso l’acuto, acuti frequentissimi, squillo, squillo, squillo. Chi ha potuto sentirlo – e vederlo – in scena racconta di questa figura elegantissima, che magnetizzava su di sé lo sguardo del pubblico per poi “investirlo” con massa di suono impressionante, sia verticale sia orizzontale. Paradossalmente poi alcuni problemi del tenore, non ultimo la grande timidezza – quasi ansia da palcoscenico – trovano nella struttura del primo atto dell’opera con l’ingresso di Chenier in scena così in sordina, l’attore ideale. Lo spirito del poeta – così poco incline ai cambiamenti – si sposa assolutamente con lo spirito del tenore.
Ascoltandolo è veramente difficile scegliere un momento indimenticabile dato l’altissimo livello di tutte le esecuzioni, sia in teatro sia in disco, durante l’intera opera. Lasciamoci dunque incantare dall’espressione quasi svogliata con cui ascolta Maddalena nelle prime note del suo ingresso in scena per poi reagire fermamente nell’Improvviso – irresistibile. Quello che colpisce immediatamente è la linea vocale fermissima, la saldatura perfetta tra i centri e gli acuti luminosissimi, scattanti, vere e proprie saette di suono.
Sentiamolo qui: https://www.youtube.com/watch?v=p1H8zhD2KUw
Naturalmente uno come Corelli non poteva che fare faville nel secondo atto. Sentiamo come la sua voce passa con una semplicità disarmante dal mistero di “Credo in una possanza arcana” alla dolcezza del duetto. Gli acuti sono di un bagliore unico, addirittura insolenti per la facilità della salita al “Credi all’amor”
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https://www.youtube.com/watch?v=2DFuLTIhZzM
https://www.youtube.com/watch?v=Uvfeb3HyFX8
L’eroismo al processo, la dignità di uomo onesto, la perfetta adesione al poeta “ha fatto di sua penna arma feroce” sono straordinariamente delineati qui:
https://www.youtube.com/watch?v=QSNyr2gPCxg
Il quarto atto andrebbe ascoltato per intero perché fa capire perché Corelli E’ Andrea Chenier. Un mix perfetto di eroismo, potenza, sfrontatezza, dolcezza, amore.
Sentite l’effetto di alcune vocali allungate e stirate nelle note centrali della grande aria.
https://www.youtube.com/watch?v=0YvdCH5exks
Qui il grande finale
https://www.youtube.com/watch?v=Oxm4_nCy5As
Insomma la grandezza di Corelli sta nell’aver saputo cogliere – non sapremo mai quanto per volontà o quanto per innato istrionismo teatrale – gli atout di Gigli, di Del Monaco, di Tucker e di averli riuniti in una voce unica, indimenticabile.
Le testimonianze discografiche sono innumerevoli: dalla versione in studio con la Stella e Santini, al live al Met, al live di Venezia fino al live del 1960 di Vienna con la strepitosa direzione di von Matacic, probabilmente la migliore versione dell’opera e non solo per il tenore.
Gli anni successivi non trovano più un vero Chenier di riferimento. Da fine anni ’70 si impone prepotentemente Placido Domingo, il quinto dei nostri eroi ma inevitabilmente scendiamo di livello. Voce naturalmente diversa da Corelli. Grande temperamento, grande interpretazione: Domingo fa uno Chenier molto più sofferente e tormentato dei suoi predecessori, esaltando i centri “yankee” della voce, in particolare nel secondo e nel quarto atto. Come sempre grande comunicatore, con quella incredibile caratteristica per la quale sembra sia salito sul palcoscenico per cantare l’opera solo per te. L’Improvviso è rabbioso, sdegnato, molto più di chiunque altro.
https://www.youtube.com/watch?v=4YeHVrX2rtE
Nella grande aria del IV atto però la “lezione” di Corelli non sembra così lontana https://www.youtube.com/watch?v=yb4jhOpxkdM
Due righe su uno Chenier che sorprese molto, soprattutto perché nessuno avrebbe scommesso un penny su di lui. Josè Carreras, ad onta di alcune difficoltà vocali, ha realizzato alcune prove interessantissime, una in particolare alla Scala con Eva Marton e la direzione di Chailly.
Finiscono qui gli Chenier di riferimento? Ne parleremo nell’ultima puntata dove oltre agli altri tenori, intrusi e non, parleremo anche di Maddalena, Gerard e dei direttori d’orchestra.
docflipperino