Lunedì, 07 Ottobre 2024

Backstage: Le Cronache di Flipperino - Carmen al Met

Aggiunto il 09 Febbraio, 2015

Ci si può annoiare mortalmente ad una recita di Carmen? Pensavo fosse impossibile ma devo tristemente ricredermi. Sulla carta doveva essere una serata elettrizzante, grazie alla presenza di Elina Garanča, Roberto Alagna e la nuova lanciatissima Aylin Perez e invece…..
La Garanča canta bene, anzi no canta benissimo. La voce è bella, anzi no bellissima. Lei è bellissima, anzi no è stupenda. La donna è affascinante, anzi no è magnetica! Eppure tutto questo non basta se si ha l’impressione – durante tutto lo spettacolo – di essere in Siberia….
Non c’è sensualità, non c’è charme, non c’è il fascino e il mistero dell’ambiguo personaggio, non c’è soprattutto una presa di posizione, in un ruolo che dovrebbe essere oramai completamente “suo”. Annunciata come appena ripresasi da una pesante influenza, la bella lettone è sembrata algida, svogliata, distante, tremendamente “impiegatizia”: caratteristiche che sono la esatta negazione di Carmen. E più la perfezione vocale della cantante prendeva il sopravvento – con acuti sfolgoranti, centri corposi e gravi ben controllati - più la noia si faceva insopportabile. Quale uomo si può innamorare di una virago così? Mistero, delusione, disillusione.

Alagna invece non ha più lo smalto vocale straordinario dei primi anni, gli acuti suonano più duri ma paradossalmente con queste difficoltà crea un personaggio. Magari poco fantasioso, prevedibile ma almeno c’è un personaggio credibile e adeguato alle richieste del regista, di cui parlerò dopo.

Aylin Perez è sicuramente la trionfatrice della serata. Voce bellissima, acuti luminosi, caldi, bruniti. E dopo alcune timidezze iniziali (il debutto al Met lascia il segno) ha mostrato grande sicurezza, naturale charme ed è passata con estrema naturalezza nell’ostica aria del III atto. Meritata l’ovazione con cui è stata salutata.
Lo sconosciuto (a me) Gabor Bretz ha cantato Escamillo con un filo di voce, piccola, inubile in una salacosì vasta come quella del Met. Costantemente occupato A “gonfiare le gote” è arrivato stanco al III atto, rendendo praticamente impossibile parlare di una qualche interpretazione. Una prova poco convincente.

Responsabile principale della noia però è Louis Langrèe che cade nell’errore più frequente e più subdolo di questa opera. Volendoci dimostrare ad ogni nota che Carmen non è quella serie di effettacci stile rosa tra i denti alla Rise Stevens ottiene l’esatto risultato contrario, annacquando le sonorità, sottolineando preziosismi timbrici che rallentano senza motivo lo svolgersi della vicenda. Incomprensibile il suo continuo “soffocare” l’orchestra con questi suoni diafani e rarefatti, salvo poi esplodere in luccichii e brillantezze interessanti ma totalmente incongrue con quanto ascoltato prima. Orchestra comunque in buona forma, non così il coro ma al Met non è certo una novità. Peccato per tutti quei ragazzini stonacchianti e strillanti.....

La regia di Eyre trasforma Carmen in una donna meditabonda, crudele, asessuata (Carmen???), pensierosa, quasi afflitta dagli effetti collaterali della quetiapina. La sensualità latita, la temperatura scende e l’effetto freezer, tra orchestra, regia e protagonista è presto fatto. Il pubblico non ha gradito moltissimo alcuni movimenti chiesti ai cantanti, come il continuo abbracciare i pali da parte di Don Josè o certe immobilità infinite di Carmen.

Una serata molto deludente. Aspettiamo la Garanča nello stesso ruolo tra poco alla Scala per essere smentiti e considerarla semplicemente una serata no.

Marco Delfini Strozzi

Categoria: Backstage

 

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