Domenica, 06 Ottobre 2024

Editoriale: Luca Ronconi e la reinvenzione del barocco – di Francesco Brigo

Aggiunto il 24 Febbraio, 2015

Il teatro d´opera di Luca Ronconi è stato un teatro fedele a se stesso, anche a costo di negarsi ogni possibilità di evoluzione. Un teatro dagli stilemi ben definiti e delineati, e di cui il regista ha sempre voluto approfondire alcuni aspetti a scapito di altri. Una visione del teatro d´opera certamente parziale, ma di grande coerenza.
Ronconi aveva una concezione antinaturalistica e antiborghese del teatro, visto come il regno dell´artificio che va esibito in quanto tale, della magia che scaturisce dal trucco e dall´inganno, dell´effetto che nasce dalla manipolazione e dalla macchina. La sua Walkiria alla Scala, spettacolo tramandato nella memoria e nell´immaginazione collettiva grazie ad una manciata di foto, proponeva una vicenda di dei ed eroi sradicandola dal mito ed immergendola nel terreno della storia, senza che ne venisse alterato il fascino arcano. Il suo Wagner antinaturalistico si contrapponeva così sia all´astrazione neo-Appiana di Wieland e dei suoi seguaci che allo storicismo critico ed antiproletario di Joachim Herz. Una concezione antinaturalistica e antiborghese, quella di Ronconi, che riusciva nello stesso tempo a prendere le distanze dallo straniamento tipico del teatro epico brechtiano, proprio per il programmatico rifiuto alla rinuncia dell´effetto, della “maraviglia”. Il teatro d´opera di Luca Ronconi è stato davvero una reinvenzione del barocco. Un barocco fatto di macchine, strumenti, scenografie, meccanismi ad orologeria. Un barocco che è anche un mondo (e un modo di fare ed essere teatro) in cui l´uomo ha perso ogni riferimento, ogni identità, ogni autonomia, essendone stato scaraventato ai margini più estremi, ridotto ad automa, a burattino, a ingranaggio di una macchina sul quale non esercita più alcun controllo. Non è un caso che la scenografia abbia rivestito un ruolo assolutamente centrale nelle regie d´opera di Ronconi. Che ne sarebbe stato del Ronconi regista senza l´apporto, fondmentale, di Gae Aulenti? In Ronconi la

scenografia, la “messa in scena” tendeva ad identificarsi, di fatto, con la regia. Il disinteresse per la gestualità dell´attore-cantante - spesso schiacciato, immobile sotto il peso di scenografie monumentali, statiche ed incombenti - sembrava voluto, programmatico. Spesso questa accentuazione della natura fittizia del personaggio operistico veniva addirittura esplicitata: la Rosina, che nel Barbiere di Siviglia osava rivolgersi al tutore con una cattiveria mai vista prima, era la proiezione (vivente?) di un manichino che si muoveva meccanicamente ai lati del palcoscenico. Nell´Armida pesarese, suo testamento operistico, il ricorso alle maschere dei pupi della tradizione siciliana svuotava di ogni corporeità e vitalità i personaggi della vicenda. Ne veniva esaltata la natura irreale, fantastica, barocca del teatro d´opera e dei suoi personaggi, ridotti a pupazzi vuoti, incapaci di agire ma, per così dire, “agìti” dall´esterno, mossi da fili invisibili. Profondamente cupa, la visione ronconiana del teatro e dell´uomo contaminava persino la folle spensieratezza delle opere rossiniana, facendone emergere con originalità estrema gli aspetti più cupi, quasi da dark comedy. Ronconi strappava la maschera a Rossini, e ne lasciava intuire il fondo di nevrosi, di morte, di dolore.
Un teatro fedele a se stesso e alle proprie premesse ideologiche, quello di Ronconi. E, in fondo, un teatro fuori dal tempo, un teatro fatto di prigioni, di macchine, di automi, sospeso in un eterno presente. Un teatro sottratto al divenire del tempo, un luogo che vive la propria autonomia, rinunciando a farsi specchio della società e dialogo con la storia. Un teatro dove nulla esiste al di fuori di esso. Un teatro autosufficiente, che vive di sé. Un teatro che non è specchio del mondo, ma è mondo che specchia se stesso, all´infinito. Natura morta. Teschio posto su un tavolo. Fiore reciso. Specchio. Memento mori. Vanitas vanitatis. Nella grandezza del teatro d´opera di Ronconi sta anche lasua debolezza.

Francesco Brigo – Dottor Malatesta

Categoria: Editoriale

 

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