Venerdì, 22 Novembre 2024

Arias for Farinelli di Vivica Genaux

Aggiunto il 15 Aprile, 2008


Elenco delle tracce:

1. Porpora, Orfeo: Dall’mor più sventurato
2. Broschi, Idaspe: Ombra fedele anch’io
3. Broschi, Idaspe: Qual guerriero in campo armato
4. Giacomelli, Adriano in Siria: Mancare Dio mi sento
5. Galuppi, Concerto a 4 in do minore: grave
6. Galuppi, Concerto: allegro
7. Galuppi, Concerto: andante
8. Porpora, Polifemo: Oh volesser gli Dei…Dolci fresche aurette
9. Porpora, Polifemo: Or la nube procellosa
10. Hasse, Artaserse: Per questo dolce amplesso
11. Giacomelli, Merope: Quell’usignolo


Akademie für Alte Musik Berlin
RENÉ JACOBS

Luogo e data di registrazione: Telex-Studio, Berlin, Gennaio 2002
Ed. discografica: Harmonia Mundi, 1 CD a prezzo medio

Note tecniche sulla registrazione: tecnicamente perfetta

Pregi: eccezionale versatilità di una grande protagonista del canto

Difetti: qualche eccentricità nella vocalizzazione rapida

Valutazione finale: images/giudizi/ottimo-eccezionale.png


Apprendiamo da Wikipedia che l’addestramento dei fanciulli castrati da avviare al canto era difficilissimo; il programma di una scuola romana del 1700 “consisteva in un'ora di canto di pezzi difficili, un'ora di pratica nel trillo, un'ora di pratica nei passaggi ornati, un'ora di esercizi di canto alla presenza dei maestri e di fronte a uno specchio per imparare a evitare movimenti superflui del corpo o smorfie del viso, e un'ora di studio di letteratura; tutto questo prima del pranzo. Dopo il pranzo, mezz'ora era dedicata alla teoria musicale, un'altra alla scrittura del contrappunto, un'ora alla copiatura dello stesso sotto dettatura, e un'altra ora allo studio di letteratura. Nel resto della giornata, i giovani castrati dovevano trovare il tempo per esercitarsi al clavicembalo e per comporre musica vocale, sacra o profana a seconda della loro inclinazione” (G. Bontempi, “Historia musica”, Perugia, 1695). L’unica testimonianza – peraltro molto evanescente – che ci rimane della favolosa arte di questi cantanti, sono le registrazione della voce di Alessandro Moreschi, castrato della Sistina verosimilmente a fine carriera e forse nemmeno particolarmente talentuoso: è chiaro che non è sufficiente nemmeno per farsi un’idea anche parziale di quello che doveva essere l’impatto sul pubblico dell’epoca di queste autentiche superstar che, per effetto del divismo sempre presente in ogni momento della storia della rappresentazione artistica, potevano permettersi ogni genere di capriccio.
Fra i più grandi rappresentanti di questa arte scomparsa, ci fu Carlo Broschi, poi passato alla Storia col nome di Farinelli, che mutuò il proprio nome d’arte da quello del suo benefattore (Farina). Un virtuosista vertiginoso, in grado di duettare con trombe, corni, oboi e ogni altro genere di strumento, di una bravura talmente trascendentale da stimolare i compositori a scrivere pezzi che stimolassero questa capacità della voce di duettare con gli strumenti; in questo disco possiamo renderci conto di questa peculiarità andando ad ascoltare l’ultimo brano proposto, cioè l’aria di Epitide della Merope di Geminiano Giacomelli “Quell’usignolo”, sicuramente uno dei brani più spettacolari di tutto il disco grazie alle capacità virtuosistiche di una delle cantanti più intriganti del panorama contemporaneo.
Nella densa introduzione di René Jacobs, che dirige da par suo questo splendido disco (giustamente finito nella collana celebrativa di Harmonia Mundi “HM Gold”), si ricostruiscono tutte le problematiche legate alla prassi esecutiva passata, ma soprattutto presente, del repertorio legato a queste voci favolose. Sono ben note le connotazioni di ambiguità tipiche di questi personaggi; Jacobs ci ricorda una rappresentazione di “Marc’Antonio e Cleopatra” di Hasse dove il ventenne Farinelli interpretava Cleopatra e il contralto Vittoria Tesi dava voce al protagonista maschile, in un delirio di gioco delle parti (invertite) che mandava in visibilio il pubblico.
È sicuramente difficile ricreare oggi questo mondo di sospensione: i controtenori – uno dei tanti nomi con cui vengono indicati i falsettisti maschili – sono probabilmente una risposta non convincente al problema, laddove si consideri che anche all’epoca avevano una propria collocazione ben precisa e non alternativa a quella dei castrati. Si dà poi anche il caso che lo stesso Haendel preferisse una voce femminile di contralto come alternativa alla presenza di un costoso castrato; tra l’altro, le caratteristiche androgine della voce di contralto permettevano ricreare un altro tipo di suggestione erotica non meno rilevante di quelle evocate dai castrati.
Oggi come oggi possiamo dire di aver fatto sicuramente molti passi avanti nel ricreare i mondi perduti, e proprio grazie a studiosi raffinati ed intelligenti come Jacobs, la cui scatenata fantasia interpretativa sta aprendo mondi imprevisti anche in repertori prevedibilissimi come quello mozartiano (si vedano, a titolo di esemplificazione, le recensioni di Operadisc agli indirizzi http://www.operadisc.com/rec_dischi.php?id=757 e http://www.operadisc.com/rec_dischi.php?id=743). In momenti di progresso così ruggente, i sei anni trascorsi fra l’incisione di questo disco e la sua ripubblicazione hanno comportato un’ulteriore evoluzione che ci potrebbe portare a pensare che, tutto sommato, la voce di falsettista maschile possa oggi essere considerata come una valida alternativa per il recupero dell’antica voce dei castrati (penso a personaggi come Scholl, oppure Bejun Mehta, che uniscono bellezza straordinaria del mezzo vocale a dominio virtualmente perfetto del canto di sbalzo). Tra l’altro, l’ascolto delle registrazioni di Moreschi è abbastanza confortante da questo punto di vista: nonostante l’evanescenza delle registrazioni, per di più sicuramente affrontate in età avanzata, si può ipotizzare un tipo vocale che si avvicina molto a quello dei migliori falsettisti odierni, molti possono vantare una voce ben timbrata ed intonata su tutta la gamma.

Ciononostante, è assolutamente entusiasmante il fatto di poter contare su una professionista del calibro di Vivica Genaux, una delle più grandi protagoniste del canto dei nostri tempi. Originaria di Fairbanks, nell’Alaska; figlia di un professore di biochimica di ascendenze belghe-gallesi, e di mamma messicana di ascendenze svizzero-tedesche (un bel melting pot, non c’è che dire!…) è stata allieva di Nicola Rossi-Lemeni e di Virginia Zeani alla Indiana University Bloomington. Ha iniziato la sua carriera con alcuni ruoli rossiniani brillanti (Rosina, Angelina e Isabella), per altro reiterati per diverse recite, prima di dedicarsi al repertorio barocco nel quale ha approfondito una trentina di ruoli, dei quali è diventata un vero e proprio riferimento: alla faccia di chi afferma – evidentemente ignorando – che il cantante “baroccaro” nasce e muore in questo repertorio e non avrebbe l’opportunità di cantare il cosiddetto “grande repertorio”.
Chi è, oggi, Vivica Genaux?
È proprio una delle Dive dei nostri tempi. Se io fossi il direttore artistico di un Teatro, è una di quelle cantanti che cercherei di avere sempre in organico. A parte quella qualità non comune, specie fra i Divi, che è la professionalità, e che si percepisce chiaramente in ogni sua performance, c’è anche costantemente presente una forte personalità di interprete condita da una giusta dose di fantasia. Un esempio rilevante è percepibile proprio in questo disco, che passa dal furore di “Qual guerriero in campo armato” – ove gli ornamenti di forza sono di una bellezza straordinaria – alla poesia delicatamente onomatopeica di “Quell’usignolo”. La Genaux dipana una quantità impressionante di colori che riescono a trovare il tono giusto in ogni situazione.
Oggi la Genaux è una di quelle cantanti cui nessuno può rinunciare. Intelligente, versatile, musicale, ipercritica: riassume in sé il meglio degli aspetti puramente tecnici del modo moderno di interpretare il repertorio antico. Esemplare, da questo punto di vista, l’intesa straordinaria con la fantasia esagerata e la sensibilità esasperata di Jacobs, che la porta a cesellare dei brani ove veramente “le charme opère”: dove, cioè, c’è l’illusione di trovarsi di fronte ad uno di quei meravigliosi cantanti che fecero impazzire le folle del XVII e XVIII secolo. C’è veramente in lei il meglio di quel movimento straordinario che è la prassi moderna dell’esecuzione del repertorio barocco “modo antiquo” che, secondo noi, è una delle vere rivoluzioni culturali dell’ultimo quarto di secolo. Uscito dal magma ribollente della sperimentazione, questo criterio diventa una vera e propria prassi esecutiva di cui Vivica Genaux è non solo una dei più fulgidi esponenti, ma un termine di paragone anche con prassi del passato che avevano rivestito criteri di autorevolezza per il nome che le rappresentava (pensiamo, per esempio, a Sutherland e Horne), ma che da adesso in avanti possiamo definitivamente ritenere superate.

La carrellata di brani proposti è varia e interessante, con le punte di eccellenza che dicevamo, ma si potrebbe desiderare comunque qualcosa di più. Tanto per essere chiari, non si capisce bene il motivo dell’interpolazione del Concerto in do minore di Galuppi, che è interessante per dare l’ennesimo saggio di bravura dell’Akademie für Alte Musik e del suo direttore (comunque, secondo me assai più bravo ad accompagnare il canto), ma poco utile ai fini di quello che il disco ci vuole raccontare

Categoria: Recitals

 

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