A portrait di Michael Volle
Aggiunto il 02 Settembre, 2013
È piuttosto difficile esprimere un giudizio complessivo su questo CD, pensato e voluto da Michael Volle come una sorta di biglietto da visita, in cui il cinquantatreenne baritono tedesco passa dall´oratorio (Händel) alla musica sacra (il Confutatis dal Requiem di Verdi), e dall´opera all´operetta (Gasparone e lustige Witwe) con esiti qualitativamente molto disparati.
Nei brani di Mozart e Verdi non si va oltre una risicata sufficienza, mentre nei Lieder di Schubert (in versioni riarrangiate per orchestra) e in Wagner Volle potrebbe essere promosso a pieni voti.
Ciò che lascia perplessi è la perfezione estrema della dizione nei brani in lingua tedesca ed inglese, a fronte di una pronuncia francamente imbarazzante in quelli italiani, apice una bella papera nella tirata di Falstaff sull´onore: “vive col suoi vivi” anziché “vive sol col vivi”. In questi brani, inoltre, Volle dimostra una certa superficialitá e grossolanitá interpretativa: Ford e Figaro sono i soliti cornuti vociferanti incattiviti con l´intero universo femminile, Falstaff il solito ubriacone squattrinato. Si intuisce la presenza di una grande, grandissima personalitá, che potrebbe aver molto da dire sulla scena, ma il canto è decisamente antiquato per gusto e stile, e a tratti francamente e insopportabilmente grottesco. Si ha come l´impressione che, in questo repertorio, Volle abbia guardato un po´ troppo al modello Fiescher-Dieskau (un po´ come il collega Thomas Hampson).
Fortunatamente, le cose cambiano, e di molto, nei restanti brani in lingua tedesca ed inglese, nei quali l´allievo di Josef Metternich si trova decisamente più a proprio agio. In particolare, i tre Lieder di Schubert e i brani da Wagner vengono affrontati con una dizione perfetta e con una scansione delle consonanti cosí accentuata che a tratti rischia di frantumare la linea melodica, creando però un contrasto di grande immediatezza ed impatto teatrale.
Volle fa di Erlkönig una ballata quasi espressionista nei toni (in questo in linea con la coloratissima orchestrazione di Liszt), in cui la violenza della dizione e la deformazione della linea vocale sono portate all´estremo; l´invocazione disperata del figlio ("Mein Vater, mein Vater, jetzt faßt er mich an!”) acquista così una valenza universale, diventando il grido di un uomo, di ogni uomo, di fronte all´ineluttabilitá della morte. Nell´invocazione di Wolfram all´Abendstern l´accentuazione delle consonanti e il timbro asciutto contrastano in maniera formidabile con la morbidezza degli archi: ne esce così il ritratto di un uomo giovane, appassionato, e passionale, ben lontano dalla consolidata iconografia del Minnesänger dedito interamente alla poesia e alla sublimazione delle emozioni in canto. Il monologo di Sachs, dalle sonorità dure e taglienti, è intriso di angoscia e sfinimento (l´incipit sussurrato, quasi fosse un gemito, e tutta la prima parte sono davvero una traduzione musicale del male di vivere). Il lamento di Amfortas, con quell’inizio scandito, quasi ogni parola, ogni sillaba fosse frutto di uno sforzo insopportabile, trascolora quasi impercettibilmente dalla rabbiosa spossatezza (“Oh Strafe! Strafe ohne Gleichen!”) alla cupa, disperata rassegnazione (“Erbarmen! Erbarmen!”).
Il fascicolo d´accompagnamento è purtroppo privo dei testi dei brani incisi, ma la dizione è talmente perfetta che non sembra quasi necessario conoscere il tedesco o l´inglese per capire perfettamente cosa Volle stia cantando.
Nel complesso, un disco da conoscere per poter apprezzare le enormi qualità interpretative di una delle più fascinose ed interessanti personalità operistiche dei nostri giorni.
Francesco Brigo (AKA Dr. Malatesta)