Mercoledì, 15 Gennaio 2025

Madama Butterfly

Aggiunto il 27 Maggio, 2018


GIACOMO PUCCINI
MADAMA BUTTERFLY

• Butterfly ANNA MOFFO
• Pinkerton CESARE VALLETTI
• Suzuki ROSALIND ELIAS
• Sharpless RENATO CESARI
• Goro MARIO CARLIN
• Kate Pinkerton MITI TRUCCATO PACE
• Lo zio Bonzo FERNANDO CORENA
• Il Principe Yamadori NESTORE CATALANI
• Il commissario imperiale LEONARDO MONREALE
• Lo zio Yakusidé ANDREA MINEO
• L'ufficiale del Registro ANDREA MINEO
• La madre di Cio-Cio-San LUISA ZERI
• La zia MARIA GRAZIA CIFERI
• La cugina RENATA MATTIOLI

Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Chorus Master: non indicato

Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma
ERICH LEINSDORF

Luogo e data di registrazione: Roma, 1957
Ed. discografica: RCA «Victor» GD 84145 {2CDS} (Europe) (1988)ª; RCA Victor 4145-2 {2CDS} (USA)

Note tecniche sulla registrazione: complessivamente adeguata

Pregi: direzione, Valletti

Difetti: Moffo, orchestra

Valutazione finale: images/giudizi/sufficiente-discreto.png

Prodotto di discreto consumo, carino, complessivamente potabile. È un’incisione che compare abbastanza spesso in offerte speciali, raccolte, crestomazie di vario genere e grado.
Il direttore Erich Leinsdorf, austriaco naturalizzato americano, proprio in quegli anni aveva “riconquistato” il Met di cui, prima della Seconda Guerra Mondiale, era stato direttore assistente. Non era uno da cui aspettarsi letture rivelatrici: era però un uomo di notevole musicalità e senso teatrale, e le sue interpretazioni per me sono sempre fonte di soddisfazione proprio per la capacità di far quadrare tutto in modo chiaro e consapevole. Era quindi la persona più adatta per questo ciclo di registrazioni italiane della RCA Victor, effettuate a Roma e inaugurate con la Tosca: non hanno cambiato la storia dell’interpretazione, ma hanno tutto sommato ancora oggi una loro ragion d’essere come fotografia della storia esecutiva dell’epoca.
Certo, sarebbe stato interessante valutare l’interpretazione di Leinsdorf con un’orchestra diversa da quella davvero modesta dell’Opera di Roma; avendo nelle orecchie le compagini di Karajan e Sinopoli, che svelano tutte le potenzialità di scrittura di questo capolavoro del teatro del Novecento, viene da pensare a una specie di bigino, di compilation davvero poco interessante. La rivelazione dei dettagli di scrittura dovrà aspettare altri interpreti e altre orchestre.
In questo contesto merita un ricordo anche Anna Moffo, che all’epoca di questa registrazione aveva solo 25 anni e aveva fatto il suo ingresso lo stesso anno alla Scala come Nannetta; ma, l’anno prima, aveva proprio debuttato Butterfly in una produzione della RAI. Americana – nonostante il nome, che le veniva da genitori italiani – dotata di splendida presenza e di voce molto gradevole, la Moffo non ha rivoluzionato la storia dell’interpretazione ma ne è stata una più che onorevole e discreta testimone. Oltre a ciò, con Butterfly ha avuto un rapporto importante, fino a farne uno dei ruoli per cui meriterà sempre una menzione; certo, le grandi interpreti stanno altrove.
Il tono è sempre piuttosto “giusto”, delicato, sorridente, fiorito, ma vocalmente il ruolo le va piuttosto largo, sin dall’ingresso in cui fa palesemente fatica. Questa sarà la cifra costante per tutta l’interpretazione: da una parte, il tentativo di trovare il tono giusto, non troppo melenso né troppo drammatico, sempre genericamente gradevole; dall’altra, la difficoltà di trovare la quadra con una parte enorme come questa.
Il grande duetto del primo atto non è male, ma se lo carica sulle spalle soprattutto l’eccellente Valletti. L’attacco di “Un bel dì vedremo” ha una discreta liquidità, ma il prosieguo si sfarina in un accento generico buono per tutti gli usi sino alla limitata espansione finale. Il canto di conversazione è più che gradevole, nonostante le troppe risatine, ma l’espansione di “E questo? E questo?”, nonostante l’orchestra decisamente poco performante, la vede soccombere. Non parliamo della scena dell’avvistamento della nave, che è un altro momento di notevole difficoltà, anche se poi riscattato da un duetto con Suzuki complessivamente buono (grazie anche alla Elias). E il finale è veramente troppo dimesso per meritare una registrazione in studio: per un ruolo del genere, gradevolezza e garbo non sono sufficienti.
Molto, molto meglio Cesare Valletti, uno dei migliori Pinkerton della storia del disco. Canta tutto molto bene, con gusto sorvegliatissimo e, quando occorre, con piglio lievemente guascone, anche se non in modo invasivo e sempre adeguatamente affettuoso. Aveva esordito dieci anni prima ed era esattamente nel suo ambito: quello lirico vero, in cui poteva vantare voce rotonda, tornita, splendidamente emessa, con ottimo gusto.
Eccellente duetto con Sharpless: l’espansione di “Ovunque al mondo” è davvero fra le migliori mai registrate; e duetto finale del primo atto di eccellenti intenzioni e di adeguato soccorso per una partner non esattamente all’altezza e finale che, per una volta, non suona falso come al solito.
Il terzo della compagnia è Renato Cesari, argentino di Buenos Aires e quarantenne all’epoca della registrazione. La voce non è debordante ma usata con intelligenza e sensibilità: il personaggio che ne risulta è giovane e commosso e finisce per essere convincente.
Suzuki è la statunitense Rosalind Elias, all’epoca poco più che trentenne: nessun volo pindarico, come quasi sempre in questo personaggio, ma ottimo buon senso e voce molto fonogenica.
Eccellenti anche tutti gli altri, a cominciare dallo splendido Goro di Carlin e dallo zio Bonzo del solito, impareggiabile Fernando Corena
Pietro Bagnoli

 

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