Sabato, 23 Novembre 2024

Tosca

Aggiunto il 23 Aprile, 2014


Giacomo PUCCINI
TOSCA
(selezione)

• Tosca RÉGINE CRESPIN
• Mario Cavaradossi GIANNI RAIMONDI
• Il Barone Scarpia GIUSEPPE TADDEI
• Spoletta ITALO PASINI
• Sciarrone HÉCTOR BARBIERI
• Un Carceriere PINO DE VESCOVI

Orquestra y Coro del Teatro Colòn di Buenos Aires
CARLO FELICE CILLARIO


Luogo e data di registrazione: Buenos Aires, luglio 1962
Ed. discografica: PONTO, 4 CD economici (PO 1057)

Note tecniche sulla registrazione: Buona resa audio

Pregi: La Crespin e Raimondi (bisogna prenderli per quelli che sono)

Difetti: La direzione

Valutazione finale: images/giudizi/sufficiente.png


NB: questa selezione è contenuta in un cofanetto Ponto con altre due edizioni di Tosca e una selezione di Dama di Picche. Le recenzioni sono pubblicate in quattro articoli diversi

Diciamo subito che, pur essendo elencato il cast di questa edizione (di cui non è precisato il giorno), udiamo pressoché esclusivamente la Crespin e G. Raimondi in quanto vi sono riportati i duetti del I e del III (quest’ultimo riportato, salvo il mattutino di apertura, quasi al completo) e il rituale «Vissi d’arte». La prima chiaramente con voce leggermente più fresca rispetto alla recita di tre anni dopo. La dizione non è eccelsa, ma la cantante marsigliese si disimpegna bene nel duetto del I atto anche se si sarebbe desiderata una maggiore varietà di toni ed accenti. Raimondi vantava una voce fresca e non palesava quegli sforzi belluini del pessimo Di Stefano di tre anni dopo ma l’interpretazione di Cavaradossi, pur piacevole e simpatica, non si impone per quel certo eroismo che, seppur un po’ fittizio, tuttavia serpeggia nel personaggio. Certo, con la voce Raimondi fa tutto e anche abbastanza bene, ma risulta un po’ incompleto.
Il «Vissi d’arte» della Crespin inizia piuttosto lentamente e non senza qualche sfasatura ritmica, ma rivela subito che i fiati non sono presi a dovere (la frase «Quante miserie conobbi e aiutai» è tenuta non certo in modo irreprensibile). Ma anche certi attacchi sono imprecisi proprio sul piano dei tempi. L’ascesa al settore acuto è meno problematica di quanto si ode nella successiva edizione. Ma lo stesso pubblico che, tre anni dopo le decreterà un’ovazione, applaude non però con quel delirio di cui si è detto.
Nel III atto, Raimondi ci dà un addio alla vita, timbricamente molto simile a quello di Di Stefano, ma pur riuscendo meglio in alto, non è esente da certa durezza e poca luminosità, finendo poi, sul piano espressivo, nell’enfasi che ricorda un po’ certi modi di Del Monaco. Il pubblico: altra ovazione. Nel resto si fa interlocutore (piuttosto monotono espressivamente pur con una verniciatura di giovinezza nel timbro) di una Crespin, tutto sommato abbastanza valida, ma non da farne una specialista del ruolo. Ciò che le manca è un tratto fondamentale: il sentirsi artista con tutta quell’aura di ‘diva’ che circondava pomposamente una cantante del XIX secolo. In una parola carenza di ‘carisma’: a tratti appare una giovinetta con tratti più consoni ad una Liù o Butterfly. Si riscatta in parte nel finale, ma questo stona con quanto sentito fino ad allora: sentirla urlacchiare dopo aver sentito tinte fondamenta mentalmente liriche non è un bell’effetto.
La direzione di Cillario è assai inferiore a quella di Bartoletti e più acquiescente ai rallentamenti di comodo della protagonista e più enfatica
Luca Di Girolamo

Categoria: Dischi

 

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