Venerdì, 27 Settembre 2024

Traviata

Aggiunto il 14 Marzo, 2010


Giuseppe VERDI
LA TRAVIATA

• Violetta Valéry PILAR LORENGAR
• Alfredo Germont JAUME ARAGALL
• Giorgio Germont DIETRICH FISCHER-DIESKAU
• Flora Bervoix STEFANIA MALAGÙ
• Annina MIRELLA FIORENTINI
• Il Barone Douphol VIRGILIO CARBONARI
• Il Marchese d’Obigny SILVIO MAIONICA
• Il Dottore Grenvil GIOVANNI FOIANI
• Gastone, visconte di Letorières PIER FRANCESCO POLI
• Giuseppe ALFONSO LOSA
• Un commissionario VIRGILIO CARBONARI

Chorus of the Deutsche Oper, Berlin
Chorus Master: Walter Hagen-Groll

Orchestra of the Deutsche Oper, Berlin
LORIN MAAZEL

Luogo e data di registrazione: non indicato, 1968
Ed. discografica: Decca, 2 CD economici

Note tecniche sulla registrazione: ottima, negli standard Decca

Pregi: il solo Fischer-Dieskau

Difetti: protagonista poco carismatica, tenore disinteressato ed impreciso, direzione altalenante e senza un disegno esecutivo preciso

Valutazione finale: images/giudizi/mediocre.png

Quando parliamo dell’inutilità di molte produzioni degli Anni Settanta pensiamo prima di tutto ad incisioni come questa, nata e cresciuta intorno ad un direttore di eccezionale musicalità ma di una superficialità esecutiva ed interpretativa raggelante, almeno in questo specifico contesto. Sarà che il titolo non lo ispira particolarmente, sarà che evidentemente questa doveva essere una registrazione-centone tipica del periodo (quindi senza nessuna pretesa di fissare uno standard esecutivo), ma è difficile pensare ad una direzione più scombinata ed inconcludente di questa.
Cosa fa percepire Maazel del dramma di Violetta, dell’indifferenza della società che le vive accanto, dell’amore che avrebbe potuto redimerla ma che deve abbandonare per permettere ad una ragazzina sconosciuta di avere la sua dose di felicità rigorosamente rispettosa delle convenzioni dell’epoca? Nulla: legge la sua solfa, la batte senza particolari problemi, adotta dinamiche piuttosto bizzarre, e la cosa finisce lì. Dicevamo delle dinamiche: non c’è praticamente mai un disegno interpretativo preciso. Un po’ corre, un po’ rallenta, alle volte va come un fulmine, qualche altra volta – per esempio nella festa a casa di Flora – sembra quasi catatonico; si stenta davvero a trovare un filo logico. A proposito della festa da Flora, va sottolineata una piccola curiosità: la canzone del matadore “E’ Piquillo un bel gagliardo” diventa un’aria solista per Gastone, anziché un brano per coro maschile; strana scelta, probabilmente unica in tutta la discografia (almeno quella a me conosciuta) e nemmeno giustificata dalla presenza di un comprimario outstanding, giacché Poli sembra avere un timbro vecchieggiante che mal si combina con il suo personaggio.
Pilar Lorengar è protagonista assai poco carismatica. Bravina, per carità, con quasi tutte le note al loro posto e, ovviamente, il mi bemolle alla fine di “Sempre libera”, anche se è nota assai poco raggiante. Ma manca tutto il resto: in bocca a lei, Violetta è una ragazzina linfatica alle prese con una cotta adolescenziale che, alla fine, muore silenziosamente di qualche cosa come la alcottiana Beth di “Piccole donne”. Non c’è carisma, non c’è percussività né credibilità, non c’è emozione se non quella generica concitazione che suona più che altro come fame d’aria e che mette il sospetto di qualche difficoltà nel gestire la scrittura. Non c’è nulla nemmeno nel colloquio con papà Germont: per esempio, quel misto di ribellione e rassegnazione che contraddistingue altre interpreti molto più famose, ed è un peccato perché la Lorengar nella fattispecie si trova di fronte un partner che stimolerebbe ben altre risposte. Questa non è Violetta: è una sciacquetta di periferia, totalmente insipida e priva di qualunque appiglio degno di quella grande tragedienne che il personaggio era già diventato in bocca a grandi interpreti. Una prova che sarebbe di accettabile routine in un teatro di provincia, ma che non ha nessun senso ricordare su disco: e questo è un topos tipico degli Anni Settanta, che hanno visto sfiorire dischi inutili intorno a personaggi di secondo o terzo ordine.
Quindi l’unico vero motivo per conoscere questa registrazione – nonché la ragione della mezza stelletta in più nel nostro giudizio per una volta assolutamente demolitivi – è la presenza di Dietrich Fischer Dieskau, che compone un papà Germont assolutamente esemplare. A parte che rispetta in modo maniacale tutti i segni di espressione, ma poi la sua baldanza giovanile, il timbro algido e chiaro, il fraseggio vibratile e inquieto: tutto contribuisce a tratteggiare un personaggio davvero indimenticabile, fra i migliori di tutta la discografia. Eccezionale davvero il “Pura siccome un angelo”, ricco di affetto pieno di pudore; favoloso il “Di Provenza”, con il rispetto preciso di tutte le acciaccature, ma anche con accento autenticamente verdiano: intimo, dolcissimo, a fior di labbro, pudico, affettuoso, quasi esalato. Lezione di magistero superiore che spicca, in questa scombinatissima edizione, come il proverbiale fiore nel letamaio.
Infatti bisogna per forza render conto di quell’altro disastro umano che è Jaume Aragall. Teoricamente sarebbe stato il tenore dotato di voce più bella di quegli anni. Teoricamente. In pratica, grazie ad una musicalità assolutamente precaria e ad una personalità inesistente, ha quasi sempre fatto la figura del posteggiatore. Il suo Alfredo è un disastro: passeggia allegramente per la parte con intonazione non sempre inappuntabile, urlacchia invece di sfumare quando dovrebbe, non ha un briciolo di personalità che gli suggerisca un qualsivoglia disegno interpretativo. Immaginate cosa diventi “Un dì, felice, eterea” – per di più con una partner linfatica come la Lorengar – in bocca a questo verdicida; o, peggio ancora, il “Parigi o cara”. Molto peggio comunque i passi concitati che mettono alla frusta la delicata organizzazione di un Aragall che ricorderemo più ispirato e convincente in altre occasioni.
Accanto ai tre protagonisti stranieri, un gruppo di comprimari italiani, fra i quali ricordiamo con piacere il terzetto di eccellenti bassi Foiani-Carbonari-Maionica, la cui presenza però non risolleva le sorti di un’incisione inutile e malriuscita

Categoria: Dischi

 

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