Freischutz
Aggiunto il 13 Gennaio, 2008
Interessante edizione del capolavoro weberiano. Interessante, dicevamo, eppure curiosamente abbastanza ignorata dalle critiche di casa nostra che non la menzionano, il che è strano considerando che il cast messo in campo appare di tutto rispetto e che è un prodotto distribuito dalla Emi.
La direzione profuma molto di Baviera. Questa considerazione non deve apparire come uno scontato stereotipo data la sede di registrazione e l’orchestra, ma anzi come un doveroso omaggio ad una tradizione esecutiva che, probabilmente, a quel punto stava scomparendo a favore di altri canoni interpretativi, quelli cioè che avrebbero fatto piazza pulita dei turgori romantici per fare posto ad altre idee che avrebbero avuto la loro estremizzazione – molti anni più avanti – nel minimalismo dell’edizione di Harnoncourt. Qui, invece, grazie all’eccellente lavoro del non banale Heger, si respira proprio sana aria di bosco in un’atmosfera serena e rilassata (talora anche troppo, forse) che ha già dimenticato le sciabolate di Furtwängler e che celebra i fasti di quest’opera come in una specie di sagra campestre con, al limite, appena un sottofondo di quel paganesimo nemmeno particolarmente sottinteso che contamina un po’ l’idea di base dell’eterna lotta fra Bene e Male.
Complessivamente, quindi, una bella edizione che si ascolta con molto piacere, anche se con un lieve sentore di Oktoberfest; diretta bene, anche se talvolta con un eccesso di rilassatezza; e che trova il suo motivo di maggior interesse in un cast vocale ben più che gradevole.
La punta di diamante è, insospettabilmente, l’Agathe di Birgit Nilsson. La quale Nilsson a quel punto era indiscutibilmente già piuttosto avanti di anni e di carriera, oltre che oberata dal peso di innumerevoli Brunnhildi ed Elektre; eppure riesce a trovare un tono che svaria con molto interesse fra la partecipazione accorata della preghiera e la felicità tanto agognata e infine trovata. Ciò che colpisce, in chi conosce bene la Nilsson, è la giustezza del tono che è dimesso e “silenzioso” – in ciò calata alla perfezione nell’atmosfera creata dal direttore – ma senza mai rinunciare a quegli aspetti che l’hanno resa famosa: sfavillio del registro acuto, intonazione diabolica e quella sorta di sorridente bonomia che non arriva mai all’ironia tagliente di altre sue celebri caratterizzazioni (Elektra in primis), solo perché Agathe è un’altra cosa.
Al suo fianco colui che probabilmente è il miglior Max di tutta la discografia: Nicolai Gedda, che ha il giusto mix di eroismo e di carezzevolezza, in una proiezione vocale che si avvale di quel falsettone di stampo rubiniano che Gedda ha sempre padroneggiato alla perfezione e che gli permise di ottenere risonanze smaltate affascinanti.
Considerazioni di analoga eccellenza possono essere espresse anche per il Kaspar di Walter Berry, anch’egli probabilmente il migliore di tutta la discografia: il suo personaggio ora velenoso, ora sorridente, ora tremebondo, è tutto da ascoltare con autentico godimento.
È splendido anche l’eremita di Franz Crass, in una delle sue caratterizzazioni più belle e giustamente famose: voce carezzevole, pur se non particolarmente tonitruante, e grondante comprensione e bonomia.
Molto bene anche Erika Köth, famoso soprano coloratura dell’epoca, forse un filino smancerosa ma chi l’ha detto che un po’ di smorfiosaggine non ci stia bene in un personaggio di questo genere?…
Ottimo anche l’insieme delle restanti caratterizzazioni, anche se il Samiel di Büttner ci dà troppo dentro nell’urlare le frasi del proprio sgradevole personaggio