Samson et Dalila
Aggiunto il 13 Novembre, 2007
Un’edizione di quelle ’anomale’, per fortuna immortalate dalla registrazione live; e per chi non era in età da loggione nel 1959 vale il detto che la realtà supera la fantasia: c’è persino chi esita a riconoscere in tanto slancio, sensualità e veemenza la vocalità di Jean Madeira-Dalila.
Famoso universalmente ma non familiare a tutti, il ’Sansone e Dalila’ di Camille Saint-Saëns rappresentato al Teatro San Carlo di Napoli nella primavera del 1959 con Mario Del Monaco e diretto da Francesco Molinari Pradelli: informazione approssimativa? No, esistono infatti le registrazioni di due fortunate serate (benedetta primavera!): quella del 5 aprile e quella del 5 maggio, che corrispondono alle uniche due presenze di Jean Madeira al San Carlo. Chi è affezionato alla collana ’I gioielli della lirica’ di Longanesi conoscerà meglio la prima, chi ha acquistato il cofanetto della Hardy Classic la seconda, più dinamica e intensa.
L’edizione nasce bilingue: i due protagonisti cantano in francese, i comprimari (ce ne fossero...) in italiano.
Il Sommo Sacerdote di Dagone è interpretato da Lino Puglisi in forma straordinaria, voce bronzea e fluente, tuoni le note e gli accenti.
Abimelecco da Plinio Clabassi, presente in prestigiose incisioni accanto alla Callas e definito da un’autorevole collega un ’signor basso’.
Molinari Pradelli dà vita a due serate dalla verve molto differente: mi concentrerò sulla performance del maggio, senz’altro contrassegnata dal sigillo dell’indimenticabile.
Le fotografie di scena presenti nel libretto danno l’idea di ciò che doveva avvicendarsi sull’ampio palcoscenico: alla bellezza statuaria dei due caratteri principali fanno corona ricchi elementi simbolici, coro e comparse tutti con costumi secondo tradizione. La plasticità e l’espressione compresa del tenore fiorentino (con ottima intuizione moderatamente capelluto rispetto a tante icone dello stesso personaggio) e del grande mezzosoprano statunitense sono degni di un medaglione.
Dalla scena della celebrazione della vittoria di Sansone da parte di Dalila e delle ancelle alla travolgente pagina ’Mon coeur s’ouvre à ta voix’ l’intensità musicale e emotiva non dà tregua.
Jean Madeira è nel pieno fulgore dei mezzi vocali, la voce è carnale, intatta, il registro basso quasi monumentale.
In ’Je viens célébrer la victoire’ il suo fraseggio è un dialogo con l’orchestra, pause e ritmi da grande teatro; l’intervento di Del Monaco molto intimo, intenso e virile ma in un’aura quasi divina.
’Primtemps qui commence’ è un assolo che trova espressione in sonorità possenti e metalliche che danno sfogo a uno struggimento femminile e ad un languore estremo.
La scena nella casa di Dalila sembra animata, nella voce della Madeira, da un vento soprannaturale e l’invocazione ’Amour, viens aider ma faiblesse!’ è un misto di sensuale e esoterico, supportato da una compagine strumentale di granitica possanza e contemporaneamente di musicalità impeccabile.
Il duetto col Sacerdote interpretato da Lino Puglisi è un momento di grande emozione e nulla toglie che sia cantato da lei in francese e da lui in italiano, soluzione che in opere come Carmen rasenta il grottesco. Ogni accento di lui un suono bronzeo di guerra, l’onda di lei un misto di fragilità e determinazione con degli excursus in cavernose e sensualissime note gravi da creare un clima al limite del soprannaturale che raramente è dato di apprezzare.
’Mon coeur s’ouvre à ta voix’, la celebre aria di Dalila, inizia con un attacco che per nulla ricerca l’eleganza e la voce si stende sontuosa, palpitante e afrodisiaca sino a traboccare di sensualità. L’emissione è aperta e i suoni rotondi secondo certa, grande tradizione.
La seguente scena della seduzione è uno scontro tra titani: non c’è massa orchestrale o suono di tempesta che non si riduca a didascalia a confronto con quelle voci! Sansone partecipa con un’estasi drammatica e fulgore di accenti da hidalgo sino al fenomenale ’Trahison!’ che conclude l’atto.
Magistrale la scena della macina, che nel contesto dell’opera smorza il flusso di emozioni, irripetibile forse la scena del tempio, dove il declamato di Sansone, le grida e risa del coro dipingono un momento più da kolossal cinematografico che non da serata operistica pasqualina. A chiosa di questo percorso la scena della vendetta del protagonista culmina in un’accorata nota eroica che scatena l’ovazione.
Ascolto vivamente consigliato a chi è abituato alle eleganti edizioni in studio
Francesco Carzedda