Sabato, 23 Novembre 2024

Siegfried

Aggiunto il 01 Ottobre, 2007


Richard Wagner

SIEGFRIED

• Siegfried BERND ALDENHOFF
• Brunhilde ASTRID VARNAY
• Wanderer HANS HOTTER
• Alberich GUSTAV NEIDLINGER
• Mime PAUL KUEN
• Erda MELANIE BUGARINOVIC
• Fafner KURT BOHME
• Waldvogel RITA STREICH

Orchestra of the Bayreuth Festival 1952
JOSEPH KEILBERTH

Luogo e data di registrazione : Bayreuth, 1952.

Edizione discografica : Arlecchino, Archipel ed altre etichette - 3 cd economici (disponibili in cofanetto col ciclo completo)

Note tecniche : audio più che buono. Prevalenza delle voci a scapito dell’orchestra.

Pro : la novità rappresentata dal Siegfried di Aldenhoff; il Mime sensazionale di Kuen
Contro : il registro acuto del tenore non è propriamente impeccabile

Valutazione complessiva : images/giudizi/ottimo.png

Wieland Wagner, proprio quando pensava alla riapertura del Bayreuth, rincorreva un problema preoccupante; a chi avrebbe dato Siegfried? Per ragioni politiche voleva evitare Max Lorenz, ma non avrebbe trovato un cantante con qualità vocali drammatiche adeguate ad interpretare il ruolo. Fu Paul Kuen, che stava diventanto il Mime per definizione del Nuovo Bayreuth e che aveva legami stretti con Wieland Wagner, a consigliargli Aldenhoff, gia’ conosciuto nel 1943 al Nurnberg Opera, come riferisce nelle sue memorie. Wieland e Aldenhoff s’incontrarono e nonostante non ci fossero affinità reciproche, decisero di lavorare insieme. Le tre rivelazioni della riapertura del Bayreuth nel 1951, erano le capacità di Herbert Von Karajan di rinnovare l’interpretazione orchestrale della “Tetralogia” e la scoperta di due cantanti dalla nuova generazione che offriva raggianti prospettive per i ruoli di Brunnhilde e Siegfried, ovverossia la Varnay e proprio Aldenhoff.

Bernd Aldenhoff, nativo di Duisburg (14 giugno 1908) fu un notevole cantante, preparato dalla rigorosa e rinvigorita scuola della Dresden Opera. Aveva pazientemente sviluppato uno strumento drammatico impressionante, con tale potenza e abilità nel fiato che solo Melchior, Lorenz e il giovane Svanholm, tre famosi interpreti del ruolo di Siegfried del periodo immediatamente precedente, avrebbero potuto reggere il confronto. Aldenhoff inoltre aveva una preferenza per una interpretazione estremamente vivace e contrastata, un talento per un canto sostenuto ed una particolare presenza fisica, oltre ad uno scrupoloso rispetto, attenzione e cura per le caratteristiche del “declamato” wagneriano. Il suo Siegfried – con una giovinezza vocale arrogante ed un eroismo naturale stupefacente – sembra riscoprire tutto il vigore primitivo del carattere. Egli lasciò una traccia nelle memorie dei visitatori del festival che assistevano alla riapertura del Bayreuth, e non esitavano nell’affermare che Windgassen era da considerarsi un semplice sostituto nei due ruoli di Siegfried. Aldenhoff era per natura un interprete estremamente fantasioso, grazie anche ad uno stupefacente talento per l’improvvisazione. Il suo approccio estremamente libero e cangiante lo rendeva incapace di tollerare le ascetiche restrizioni imposte da Wieland Wagner e dal 1951 le relazioni tra i due uomini soffrirono a causa delle loro differenze estetiche. Infatti i dissensi precipitarono nel 1952, con una discussione della quale Wieland fu largamente responsabile. Annunciò ad Aldenhoff, a mezzo telegramma, il 26 giugno del 1952, che il Siegfried dell’ultima giornata l’avrebbe interpretato Gunther Treptow (successivamente poi affidato a Max Lorenz, visto l’impossibilita da parte di Treptow di poter sostenere l’ardua tessitura). Aldenhoff acconsentì con rancore, tanto che ritornò a Bayreuth solo nel 1957, e sempre per rappresentare il ruolo principale. Dal 1953 in poi, lasciò la prerogativa a Wolfgang Windgassen, un tenore di Stoccarda che fu l’invenzione personale di Wieland Wagner, anche se dotato di mezzi vocali meno spiccati. Da sottolineare che lAstrid Varnay affermò di non aver mai trovato un Siegfried migliore di Bernd Aldenhoff. Fattore non di poco conto.

Fatta questa doverosa premessa, più che altro per inquadrare il momento storico e la scelta del cast, passiamo all’esecuzione vera e propria. Personalmente ritengo l’Aldenhoff del ’52 inferiore a quello del ’51, limitandoci al lato vocale. E’ un Siegfried decisamente innovativo, rispetto a quanto ci avevano prospettato altri cantanti non meno storici. Viene esaltata la giovinezza del personaggio, l’intraprendenza, il tutto supportato anche da una voce al calor bianco, anche se non si può negare che in alcuni frangenti il gioco mostri qualche intoppo. Per esempio l’improba scena della forgiatura della spada, che evidenzia qualche vistoso slittamento d’intonazione a dir poco fastidioso, specie con gli insidiosi e ripetuti "Hoho - hohei". Ciò non toglie nulla alla sua caratura, che resta quella di un grande della lirica; purtuttavia la gloria di Siegfried nell’ambito della Bayreuth di quegli anni sarebbe stata legata al nome di Windgassen. A tale Siegfried fa da contraltare una Brunhilde di splendore solare nella persona di Astrid Varnay. Un personaggio meno interiorizzato rispetto a quella dell’anno precedente diretta da von Karajan, anche per merito di un Keilberth che lascia "briglie sciolte" ai cantanti. Ed il duettone finale, come lo cantano la coppia Aldenhoff-Varnay e’ qualcosa che lascia esterrefatti per la bellezza ed unità d’intenti, difficilmente riscontrabili in altre occasioni.
Paul Kuen era in possesso di una voce da autentico Heldentenor, ma piegata intelligentemente ai ruoli di comprimariato. E’ il caso del suo Mime, storico non solo per l’interpretazione che ne dà, viscido e lascivo come pochi, quanto sopra tutto perchè affidato solo ed esclusivamente al canto, senza che il dettato wagneriano perda in concisione e realtà drammatica.
Altra storica ed insostituibile presenza è quella del Wanderer di Hotter, impossibilitato e travolto dallo svolgersi del destino. Un Wanderer che tenta di lottare, nonostante sia con le spalle al muro, ma è costretto a soccombere al verdetto inesorabile enunciato dalla minacciosa Erda di Melanie Bugarinovic e dalla baldanza giovanile così ottimamente espressa dal Siegfried di Aldenhoff.
Colossale e magmatica la voce di Kurt Bohme, qui al debutto a Bayreuth, nei panni di Fafner; memorabili l’Alberich vendicativo di Neidlinger e l’uccello "gracile" di Rita Streich.

Funzionale la direzione di Keilberth, intelligente da lasciar "respirare" i cantanti, con la giusta dose di teatralità che in grande rappresentazione che si rispetti non dovrebbe mai mancare.
Vittorio Viganò

Categoria: Dischi

 

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