Venerdì, 22 Novembre 2024

Così fan tutte

Aggiunto il 08 Settembre, 2007


Wolfgang Amadè MOZART
COSI FAN TUTTE

• Fiordiligi VERONIQUE GENS
• Dorabella BERNARDA FINK
• Ferrando WERNER GÜRA
• Guglielmo MARCEL BOONE
• Don Alfonso PIETRO SPAGNOLI
• Despina GRACIELA ODDONE

Kölner Kammerchor
Chorus Master: Peter Neumann

Concerto Köln
RENÉ JACOBS

Luogo e data di registrazione: Köln, Großes Sendesaal, 3/1998
Ed. discografica: Harmonia Mundi, 3 CD a medio prezzo

Note tecniche sulla registrazione: perfetta, brillante, spaziosa

Pregi: una nuova visione dell’opera; ottima prova d’insieme dei cantanti

Difetti: qualche scompiglio al primo ascolto

Valutazione finale: images/giudizi/buono-ottimo.png

Questa edizione chiude per certi versi il cerchio sulle incisioni ispirate ai criteri esecutivi filologici, proponendo sonorità difficili, complesse, molto teatrali ma anche molto lontane dalla cara, vecchia, affidabile tradizione teatrale. René Jacobs ama moltissimo quest’opera, come precisa nell’intervista alla fine del libretto (la confezione è molto bella, a proposito): “E’ un’opera d’addio a molte forme, a un universo teatrale: questo “dramma giocoso” è direttamente influenzato dall’opera “eroico-comica” (o “erotico-comica”, come si dice per parlare dell’opera veneziana del XVII secolo), a sua volta influenzata dall’opera spagnola del XVI secolo, il teatro di Shakespeare… In questa estetica non si sa più dove inizia il serio e finisce il faceto. Allo stesso modo, in “Così fan tutte” per lungo tempo non sappiamo se i personaggi fanno finta o se sono veramente onesti, e non lo sapremo mai perché la musica a sua volta ci confonde”.
Questa frase di Jacobs, che abbiamo riportato dal testo dell’ottima intervista, ci chiarisce il punto di vista dell’interprete che volutamente recupera tutto ciò che c’è prima e, diremmo, anche tutto ciò che verrà dopo nella costruzione sinfonica e nell’impostazione del dramma teatrale, comprendendovi anche alcune intuizioni che apparentano Mozart ai grandi operisti settecenteschi, in particolare Haendel.
Curiosa poi la risposta alla domanda sul perché scegliere strumenti originali per eseguire Mozart: “Gli strumenti d’epoca sanno disegnare e colorare, mentre gli strumenti moderni sanno solo colorare”. A questa affermazione, chiaramente, ci sarebbe da rispondere che non necessariamente è sempre così allorquando consideriamo che Glenn Gould eseguiva le sue interpretazioni di Bach su un pianoforte tradizionale e rigorosamente moderno, ma con un “modo antiquo” che gli faceva legare pochissimo i suoni ottenendo un effetto in stile clavicembalistica; e che Harnoncourt, nelle sue ultime interpretazioni, ha progressivamente ridotto l’impiego delle orchestre con strumenti originali a favore di compagini moderne però fatte suonare “modo antiquo”. Ma tant’è: Jacobs è uno di quei famosi ragazzi terribili che giustamente stanno conquistando l’amore della critica e il favore del pubblico grazie ad una profonda onestà intellettuale, ad uno spirito filologico non solo nella scelta dell’hardware e a un’esaltazione di certi aspetti che rompono definitivamente i ponti con la pruderie che, a lungo, ha gettato un’ombra di ambiguità su quest’opera in particolare.
Qui ci corre fatto di ricollegarci al concetto di “sound mozartiano” come lo abbiamo sempre inteso sino a metà degli Anni Ottanta e constatare che questo, ormai, è un concetto definitivamente superato. Se vediamo la discografia di “Così fan tutte” vediamo che, a parte un tentativo di restaurazione da parte di Solti nel 1994 (anche se con un’orchestra di dimensioni più contenute), le istanze portano in direzione del superamento di un orizzonte di tranquillità rassicurante, quello che associamo sempre alla calma pensosità degli archi e ai “legni ben torniti e pastosi”.
Qui i violini si sentono molto meno rispetto a un Böhm o a un Karajan e gli impasti timbrici dei legni sono piuttosto secchi, a vantaggio di una speditezza per nulla rilassante. Tale speditezza, poi, è resa ancora più evidente dalle dinamiche suggerite dal direttore, che non indugia mai in riflessioni filosofiche e la butta piuttosto sul pratico, preferendo abbandonare i languori ed esaltando invece le protervie, la cattiveria e – perché no? – le miserie dei protagonisti.
Non avevamo mai avuto particolari dubbi sul fatto che Fiordiligi e Dorabella fossero un po’ troppo consolabili per essere credibili quando si strappano i capelli o quando costruiscono castelli di carta per difendersi dalle avances, ma qui si va un passo oltre: alle fanciulle in questione non gliene importa palesemente nulla di quello che lasciano alle spalle, in una gara di cinismo che supera quello standardizzato di Despina e di Don Alfonso.
La cattiveria con cui Guglielmo racconta a Ferrando del tradimento di Dorabella è genuina e non lascia nessuno spazio ad oasi di sentimentalismo in cui affogare la delusione di un amore tradito.
E il finale dell’opera, qui più che in altre edizioni anche recenti, lascia l’ascoltatore con più di una perplessità sull’evoluzione di una vicenda che ha preso ai protagonisti la mano oltre al lecito, in ciò risollevando i fumi dell’ambiguità che pervadevano le opere di Haendel cui Jacobs – a nostro avviso non impropriamente – apparenta il capolavoro mozartiano tuttora più misterioso ed evanescente.
Di Jacobs abbiamo già parzialmente detto; il ritmo indiavolato, infernale, che elimina ogni sentimentalismo di manierata tradizione ci proietta in un microcosmo guidato solo dalla tensione sessuale in cui i quattro protagonisti sono guidati come marionette dai trucchi di Don Alfonso e di Despina. Ne deriva, ovviamente, un rilievo assolutamente ironico dato agli accompagnamenti delle arie tradizionalmente sentimentali come “Un’aura amorosa” o “Come scoglio”, ma anche al furore espresso dai protagonisti nel momento in cui scoprono gli altarini dei (delle) loro amanti.
Spendidi anche i recitativi, accompagnati al fortepiano da Nicolau de Figuereido
I cantanti scelti per questa impresa formano un complesso omogeneo, pur di non particolare spicco nei singoli componenti; purtuttavia è interessante la caratterizzazione di Spagnoli, un Alfonso più divertito che cinico; è moderna e divertita quella di Werner Güra, che rifugge dai languori; è piuttosto censurabile quella di Graciela Oddone che non riesce a trovare la giusta misura espressiva; è anonima quella di Boone; ed è infine accettabile quella delle due ragazzacce terribili che però si ha la sensazione che siano a disagio in un contesto così sfuggente e difficile da inquadrare

Categoria: Dischi

 

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