Sabato, 19 Aprile 2025

Norma

Aggiunto il 17 Aprile, 2007


V. Bellini (1801-1835)

NORMA

Personaggi ed interpreti

• Norma GRACE BUMBRY
• Adalgisa LELLA CUBERLI
• Pollione GIUSEPPE GIACOMINI
• Oroveso ROBERT LLOYD
• Clotilde EUGENIA CARDANO
• Flavio PAOLO TODISCO

Orchestra Sinfonica di Bari
Coro Amici della Polifonia e Voci per la Musica
Direttore Michael HALASZ
M. Coro Piero CAVALLI

Luogo e data di registrazione: Martina Franca, Agosto 1977
Ed. DYNAMIC 469/1-2 (2 CD)

Note tecniche sulla registrazione: discreta

Pregi: Cuberli

Difetti: prestazioni interlocutorie di Bumbry e Giacomini

Valutazione finale: images/giudizi/sufficiente-discreto.png



La presente registrazione, molto opportunamente e lodevolmente edita dalla DYNAMIC, riproduce uno dei primi esperimenti di ritornare all’edizione del capolavoro di Bellini concepito per due soprani effettuato al festival estivo di Martina Franca. Dire questo significherebbe in partenza revisione filologica e guardando la data (1977) nessuno potrebbe dire nulla. Una prima svolta filologica di Norma (nel senso non del ripristino dei 2 soprani, ma di una riapertura di tagli di cabalette e riprese strumentali e vocali) era stata effettuata da Bonynge nella celeberrima incisione del 1964 con la coppia Sutherland-Horne. A questa operazione altre edizioni si sono aggiunte seguendo, pur con alterni risultati, il solco tracciato (citiamo Caballé-Cillario; Sills-Levine, p.es.). Guardando questa edizione di M. Franca tutto sulla carta farebbe pensare ad un’operazione di questo tipo. In realtà per molti versi, ad ascolto fatto si è fermi ad un livello ancora molto tradizionale dove i tagli abbondano, dove l’impostazione generale è piuttosto vecchio stile, nonostante l’impegno di cantanti e orchestra. Il che delude, anche perché l’impegno profuso, è bene dirlo, procede un po’ ad intermittenza. Inoltre la qualità stessa della registrazione non è felice in quanto è la somma di esecuzioni in giorni diversi. Il cofanetto infatti porta le date del 12 e del 14 agosto 1977.
Anzitutto la direzione di Halasz, gradevole nelle linee generali, non possiede tuttavia né l’impronta drammatica, né il clima di mito che, in fondo, la vicenda di Norma evoca. Qua e là tende a rallentare eccessivamente. Inoltre in alcuni punti (es. il finale I) si rasenta il caos esecutivo. L’esecuzione corale è invece soddisfacente. L’idea di affidare il capolavoro a due soprani poteva apparire interessante sempre che ci fosse stata gente all’altezza anche a livello stilistico. La Bumbry, grande e sensuale mezzosoprano, non di rado ha sconfinato nel repertorio sopranile in forza di un temperamento volitivo e di certa facilità nel registro acuto. Nel 1964, ad esempio, prima della sua registrazione della sua Eboli con Solti, cantò Lady Macbeth a Salisburgo sotto la direzione di Sawallisch, ma ruoli da lei frequentati sono stati: Tosca, Abigaille Medea, Salome e puranco Turandot. Insomma, eroine ‘fulminanti’. Con Norma però si è su un piano diverso: anzitutto l’impegno è notevole se non altro per la presenza pressoché continua in scena (specie nel II atto) e, in secondo luogo, per la tessitura anche abbastanza variegata riguardo a struttura. Inoltre, se abbiamo ascoltato Norme iperdrammatiche (Callas in testa) non si deve dimenticare di quello che è il ruolo di Norma: sacerdotessa (con le contraddizioni della sua particolare condizione di mediatrice del sacro e costretta al nascondersi per il voto infranto), madre, ma anche materna ascoltatrice delle confessioni della novizia Adalgisa, oltre ad essere desiderosa di punire l’amante infedele. La Bumbry sfoggia il suo timbro pastoso e sensuale, ma non si tarda a riconoscere nella sua Norma una Dalila nobilitata e costretta ad un canto che implica quella vocalizzazione che la cantante americana (a differenza della sua conterranea Verrett che si è prodotta anche in certo Rossini e Donizetti) non ha mai posseduto in toto. Faccio un paio di esempi: la cadenza di finale di “Casta diva” è piuttosto bruttina e non è ineccepibile il complesso di agilità di “Ah bello a me ritorna”. Ne deriva una Norma che si impone nei passi più scopertamente ferini (il duetto “In mia mano” è notevole per grinta, sebbene sia tagliato, verso la fine, della ripresa di “Già mi pasco…”), ma che dice poco nelle parti più scopertamente elegiache. A ciò si aggiunga che il settore acuto non di rado accusa tensioni e stridori ed ugualmente certi attacchi in zona medio-alta non solo l’ideale. Tra l’altro la Bumbry esegue la versione acuta della frase “il sacro vischio io mieto” e non so se ne valeva la pena, da quanto qui si sente. Resta il timbro, bello e brunito, ma che questo solo serva a distinguere Norma da Adalgisa mi pare un po’ pochino. Poi, personalmente, una Norma passionale non so a cosa serva. Ascoltare una “Casta diva” piuttosto lenta nell’impostazione e con un timbro del genere mi pare alquanto lontana dal momento scenico e dalla psicologia del personaggio. Ripeto: non ci sono vere e proprie brutture nel canto della Bumbry, ma – tolto un primo ascolto che può anche colpire – l’impressione di una Carmen o una Dalila che si sono vestite il manto della sacerdotessa raffigurata da Romani è difficile da scacciare dalla mente e… dall’orecchio. In alcuni punti, poi, la dizione non è delle migliori.
La Cuberli invece è eccezionale e, a differenza della Bumbry, è un vero soprano che arriva in alto con miracolosa facilità e canta tutto con una partecipazione straordinaria come è straordinaria la comprensione del personaggio. Tra l’altro vi ritroviamo alcune oasi di smarrimento che servono molto bene il ritratto della giovane novizia (alcune frasi dell’assolo iniziale, “Sgombra è la sacra selva” sono una meraviglia). A mio avviso una delle migliori Adalgise ascoltate in disco e sicuramente, nella versione per due soprani, la migliore: limpidezza esecutiva, eleganza, dizione appropriata sono i suoi costitutivi principali.
Il timbro di Giacomini è robusto, ma per fare Pollione ci vuole anche una certa duttilità che qui non odo. Inoltre il cantante è sempre sull’orlo della stecca (e difatti qua e là la linearità vocale viene meno, specie nel duetto con Norma del II atto), né mi pare particolarmente insinuante come interprete, né nelle profferte amorose (cf. duetto con Adalgisa), né quanto ad impeto (cf. “Me protegge..”) o di sfida dinanzi a Norma. Canta (e nemmeno tutto questo gran bene) e passa con gran monotonia. In sostanza trovo la sua raffigurazione piuttosto manchevole.
Lloyd, altra voce che passa per essere importante, ci offre un Oroveso, dalla voce è ingolata e dalla dizione non ideale, né attraente. Certi attacchi sono francamente brutti. Inoltre tutta la scena della sua esortazione ai guerrieri nel II atto è afflitta da gran lentezza.
Bene Todisco nel breve ruolo di Flavio, meno bene la Cardano in quello di Clotilde.
Luca Di Girolamo

Categoria: Dischi

 

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