Mercoledì, 03 Luglio 2024

Falstaff

Aggiunto il 16 Settembre, 2006


• Sir John Falstaff Hans HOTTER
• Ford Arno SCHELLENBERG
• Fenton Philipp RASP
• Dr. Cajus Peter MARKWORT
• Bardolfo Wilhelm ULBRICHT
• Pistola Gottlieb ZEITHAMMER
• Alice Henny NEUMANN-KNAPP
• Nannetta Martina WULF
• Quickly Hedwig FICHTMÜLLER
• Meg Else TEGETTHOFF


Chor und Orchestre des Reichssenders Leipzig
Chorus Master: non indicato

HANS WEISBACH

Luogo e data di registrazione: non indicato (Lipsia?), 9 Aprile 1939
Ed. discografica: Preiser Records, 2 CD economici

Note tecniche sulla registrazione: accettabile; frequenze dinamiche estremamente compresse con molto rumore di fondo. Molto meglio i brani in appendice del 1942

Pregi: niente male gli interpreti di Alice, Nannetta e Ford

Difetti: il protagonista

Valutazione finale: images/giudizi/mediocre-sufficiente.png

C’è antiquariato e antiquariato. Questo, con tutto il rispetto, è proprio passato di cottura. Anzi: è bric-à-brac da fiera sui Navigli.
Siamo sicuramente di quelli convinti che in Germania facessero un Verdi di riferimento assoluto, e proprio in quegli anni in particolare; ma non è detto che tutte quante gli riuscissero col buco.
L’ovvio motivo di interesse di questa registrazione (di cui compare la data esatta di registrazione. Recita dal vivo? Non sembra, visto che mancano gli applausi) è la presenza del supremo Hans Hotter nei panni del protagonista. Infatti, il resto del cast – con l’eccezione di Marwort, nei panni di Cajus – è composto da personaggi di secondo piano, come a voler rimarcare ancora di più lo stagliarsi del protagonista sullo sfondo. Con questa premessa, ahinoi, non c’è la possibilità di spostare l’attenzione nel parterre intorno al panciuto cavaliere, anche se oggettivamente – come in questo caso – sono ben più interessanti di lui. Ma, sempre con tutto il rispetto, nessuno prende questi dischi per Arno Schellenberg o per Henny Neumann-Knapp, anche se – a conti fatti – sono nettamente i più interessanti in campo: questi sono dischi che si prendono per sentire un ruolo inconsueto del più importante Wotan della Storia.
E se si aggiunge – se fosse necessario – l’ovvia constatazione che un Falstaff senza Falstaff non è un Falstaff, ce n’è abbastanza per avanzare più di una perplessità sull’opportunità di riportare in auge un vecchio arnese come questo che, tutto sommato, meglio fora se se ne fosse restato in naftalina in qualche soffitta.
Gli è che Hotter non può essere Falstaff. Può essere tante cose, da Wotan sino a quell’Amonasro di cui viene riportata un’ampia selezione in chiusa (del 1942, con la Scheppan, la Klose, Schirp e Rosvaenge: e scusate se è poco). Ma non Falstaff, di cui non ha l’arguzia, il senso sottile di prendersi in giro e l’amabile cialtroneria che non può mai essere sottaciuta, sia pure tenendo presenti le origini nobili del personaggio. Siamo d’accordo: Falstaff non è Geronte di Ravoir o Don Magnifico, ha una sua dignità e un’eloquenza he lo rendono il centro dell’attenzione nel microcosmo del mondo che lo circonda. Ma è pur sempre quello che si accompagna a due guitti da strapazzo e che manda due biglietti uguali a due donne amiche fra di loro perché accettino la sua corte, avendo la presunzione di pensare che l’una non lo racconti all’altra. Di questa malizia arguta e faconda in Hotter non c’è nulla: il monologo dell’onore risuona della stessa dignità offesa di Wotan davanti ad Alberich che gli ha appena fregato l’Oro del Reno. Il “Va vecchio John” sembra il “Die frist ist uhm” dell’Olandese. E la corte ad Alice bella, con annesso aneddoto del paggio del Duca di Norfolck ha lo stesso approccio che potrebbe essere riservato a Fricka nel secondo atto di Walkiria.
Non che Hotter fosse incapace di ripiegamenti e dolcezze: prova ne sia il suo Hans Sachs che, secondo noi, è probabilmente il migliore di tutta la discografia, per i ripiegamenti intimistici, il pudore espressivo, la commozione ritenuta e corroborata da una calda umanità che non disdegna anche le sane sfuriate. Magari era ancora presto per affrontare questo personaggio così complesso (nel 1939 aveva appena 30 anni), oppure – più verosimilmente – non lo sentiva proprio: fatto sta che il personaggio non salta mai fuori. E questo vuol dire che questa è un’edizione mancata.
Peccato, perché benché costituito da cantanti per lo più sconosciuti almeno in Italia, il resto del cast è tra i più funzionali messi insieme per quest’opera, a cominciare dai tre componenti della famiglia Ford.
Arno Schellenberg è un fior di baritono, dotato di voce bella ed estesa, che si disimpegna splendidamente nel monologo delle corna: una prova maiuscola in ogni sua parte. Sua moglie, Alice bella, è Henny Neumann-Knapp, bella voce di soprano lirico che ricorda un po’ Ilva Ligabue, ricca di charme e buon senso. Nannetta, infine, risuona delle splendide smorzature con cui Martina Wulf arricchisce la sua aria da Regina delle Fate nel terzo atto.
Interessante, ma poco partecipe come interprete, il Fenton di Philipp Rasp e ben assortiti i comprimari.
Quanto alla direzione, pur difettando un po’ di brio e di energia propulsiva, non le si negherà quel tanto di logica narrativa e di buon senso esecutivo che permette di portare a termine il progetto esecutivo; peccato solo che Weisbach, evidentemente un buon routinier, non abbia puntato a sviluppare meglio il personaggio del protagonista avendo a disposizione nientemeno che un Hotter…

Categoria: Dischi

 

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