Domenica, 06 Ottobre 2024

Traviata

Aggiunto il 14 Febbraio, 2016


Giuseppe VERDI
LA TRAVIATA

• Violetta Valéry MARIA CALLAS
• Alfredo Germont ALFREDO KRAUS
• Giorgio Germont MARIO SERENI
• Flora Bervoix LAURA ZANINI
• Annina MARIA CRISTINA DE CASTRO
• Il Barone Douphol ALVARO MALTA
• Il Marchese d’Obigny VITO SUSCA
• Il Dottore Grenvil ALESSANDRO MADDALENA
• Gastone, visconte di Letorières PIERO DE PALMA
• Un commissionario MANUEL LEITAO



Chorus - Teatro Nacional São Carlos (Lisboa)
Chorus Master: Mario Pellegrini e Carlo Pasquale

Orquesta Sinfónica Teatro Nacional São Carlos (Lisboa)
FRANCO GHIONE

Luogo e data di registrazione: Lisbona, 27/03/1958
Ed. discografica: EMI CDS 7 49187-8 {2CDS} (1987)ª; EMI 5 56330-2 {2CDS} (1997)ª; Mike Richter Audio Encyclopedia «WWW Site III - to May 2002» {1CD-ROM} (2002)ª; *Premiere Opera Ltd. CDNO 990-2 {2CDRS} (2003)ª; Pearl GEMS 0228 {2CDS} (2005)ª; Myto «Historical» 00147 {2CDS} (2008)ª, 2 CD

Note tecniche sulla registrazione: suono complessivamente più che accettabile

Pregi: la miglior Violetta della Callas. Resto del cast di altissimo livello

Difetti: non rilevanti

Valutazione finale: images/giudizi/eccezionale.png

Il 1958 è l’anno con cui Maria Callas chiude definitivamente i conti con Violetta, debuttato nel 1951 e rappresentato per 63 recite; uno dei suoi personaggi più amati e rappresentati, secondo solo a Norma. Non è un caso che sia anche uno dei suoi meglio documentati, con un’incisione in studio e 7 dal vivo, tutte bande radiofoniche. In quell’anno l’aveva già fatta a New York (febbraio); dopo queste recite di marzo la farà ancora a Londra (giugno) e Dallas (ottobre). Poi basta.
La Callas del 1958 ha 35 anni ed è già sostanzialmente alla fine della propria parabola creativa. Ci saranno ancora gli Anni Sessanta, tribolati per vicende personali e per il definitivo decadimento dello strumento vocale che, pur forieri di alcune soddisfazioni, saranno quelli della parabola discendente; per cui è probabile che il vero spartiacque sia proprio questo 1958, e con questo personaggio sconfitto dalla vita e dalle convenzioni sociali che la stavano soffocando.
Anche a non voler essere faciloni e retorici, è difficile non pensare alla Callas personaggio del jet-set che si immedesima talmente tanto nella puttana della Haute parigina da arrivare a un’inquietante immedesimazione.
Vocalmente il ruolo le va ancora abbastanza giusto. Il mi bemolle alla fine di “Sempre libera” è stiracchiato ma c’è ancora, anche se non è su questa nota che si costruisce il ruolo.
In compenso l’interpretazione è talmente piena, paradigmatica, polisemica da porsi come riferimento assoluto, almeno sino a Renata Scotto, non altrettanto onnipotente ma di pari intelligenza e personalità.
Tutto il primo atto è un capolavoro di ironia salottiera, almeno sino al momento del grande assolo, vissuto con una profondità, un’eloquenza e una proprietà che sono solo dell’Artista di classe superiore.
Il secondo atto è costruito sul duetto con Germont, prima aggressivo e poi screziato da una dolcezza straziante, autunnale. Soprattutto quello che si percepisce è la dignità, il tratto più distintivo della sua personificazione di Violetta. Eccezionali poi quegli incisi su cui la Callas lavorava con una perfezione che nessun’altra aveva avuto prima di lei: si pensi solo a come passa dalla disperazione di “Dammi tu forza o cielo” al tono pratico e quasi intimidatorio di “Silenzio, va’ all’istante”. Oppure il tono distrutto con cui pronuncia le frasi all’inizio del terzo atto, come per esempio “Dammi d’acqua un sorso”, gestito su un ritmo lentissimo con la complicità di Ghione. E ancora: il filo di fiato su cui muore la frase “Ah con tal morbo ogni speranza è vana”.
La festa a casa di Flora è mantenuta su un ritmo ferrigno e lentissimo, che però la Callas sostiene alla perfezione impostandosi su un eloquio da grande tragedienne che si conclude con un concertato da manuale: “Alfredo Alfredo di questo core” è semplicemente meraviglioso per equilibrio perfetto fra disperazione e consolazione.
L’Addio del passato è probabilmente il più emozionante conservato su disco. Sentite come conclude il “Tu accoglila oh Dio” e come riprende con una messa di voce “Ah! Tutto, tutto finì” concludendolo con una smorzatura su un filo di fiato che sembra lì lì per spezzarsi e invece finisce nel modo giusto.
Interpretazione semplicemente maiuscola, quindi. Ma è proprio la sua grandezza che finisce per essere anche il limite maggiore: difficile pensare di poter fare di meglio, da lì in avanti, tenendo conto anche dei problemi vocali che cominciano ad affacciarsi in modo subliminale, ma che non possono essere ignorati.
Alfredo Kraus aveva 31 anni; aveva debuttato nel 1956, nemmeno trentenne, come Duca di Mantova. Qui è perfetto nei panni di un Alfredo per una volta tanto nobile anziché giovanotto imbranato, molto abbottonato e poco scapestrato, anche se il fraseggio è incandescente come poche altre volte in seguito. Il dominio del fiato è invece già diabolico: canta infatti meravigliosamente con nessuna concessione a effetti da politeama. Tra l’altro, si permette una variante acuta sul “Croce e delizia” durante l’assolo di Violetta del primo atto. Semplicemente magistrale il suo attacco di “Parigi o cara”, cui risponde alla perfezione la Callas, con un tono dolente e lontano, sospeso su mezzevoci e pianissimi timbrati. Difficile pensare a qualcosa di meglio.
Mario Sereni, perugino, aveva 30 anni e aveva debuttato 5 anni prima. Dopo qualche incertezza all’inizio del duetto, trova una misura assolutamente perfetta che gli permette di ribattere misura per misura alla sua geniale collega. Non sarà un Germont memorabile – raramente Sereni è stato “memorabile” nel senso di preferibile a qualcun altro – ma è completo, affidabile, sicuro, eloquente.
Dirige il tutto Franco Ghione, che aveva iniziato la propria attività nel lontano 1913. Aveva un repertorio assolutamente eclettico: ci stava dentro anche il Wagner di Sigfrido, Lohengrin e Maestri cantori; il Peer Gynt; e anche il Boris Godunov.
Direttore fondamentalmente di grande repertorio, qui, a 72 anni, si cimenta in uno di quei titoli che conosceva anche capovolti, e gestisce la materia alla perfezione con notevole buon senso e sapiente utilizzo di quegli effetti (i rubati, per esempio) che esaltano il lavoro dei cantanti. Magari si desidererebbe un po’ più di ritmo e velocità, ma in fondo va bene così.
Comprimari di notevole livello che presentano un simpatico melange fra artisti locali e prodotti di importazione italiana, fra i quali svetta ovviamente il solito, immenso, eterno Piero De Palma
Pietro Bagnoli

 

Chi siamo

Questo sito si propone l'ambizioso e difficile compito di catalogare le registrazioni operistiche ufficiali integrali disponibili sul mercato, di studio o dal vivo, cercando di analizzarle e di fornirne un giudizio critico utile ad una comprensione non sempre agevole.