Premetto che le seguenti riflessioni sono scaturite solo da un ascolto radiofonico che mi ha intensamente colpito.
Mentre sono iniziate le repliche scaligere della
Tsarskaya Nevesta, a New York si stanno consumando le ultime repliche di un altro prodotto firmato Cerniakov, lo
Knyaz' Igor del chimico compositore Alexander Borodin. Curiosa questa programmazione in contemporanea e la scelta del regista russo di lavorare su queste due opere praticamente una di seguito all'altra.
Quest'opera è praticamente il lavoro della vita di Borodin. La iniziò infatti nel 1869 su consiglio di Vladimir Stasov, critico russo influentissimo che creò il famoso Gruppo dei Cinque, affermazione del nazionalismo russo in musica. Tuttavia, prima di approdare a tale soggetto, Borodin aveva considerato a lungo di mettere in musica un dramma storico che Lev Mei aveva scritto nel 1849: questo era proprio
Tsarskaya Nevesta, scelto da Rimsky-Korsakov subito dopo l'abbandono del progetto di Borodin ma messo in musica solo 30 anni dopo.
Il libretto, scritto dallo stesso Borodin, è basato su un poema anonimo in antico Slavo, il
Canto della schiera di Igor, e parla della fallita campagna militare, avvenuta nel 1185, dello
knyaz (un titolo nobiliare simile al nostro duca o principe) Igor Svyatoslavic, a quel tempo principe di Putivl e Novgorod, contro i Cumani o Polovesi, popolazione nomade di origine turca stabilitasi in una vasta area che va all'incirca dal Danubio al Volga lungo le coste del Mar Nero. Tale poema è vagamente assimilabile al
Nibelungenlied e a El Cid.
Borodin ci lavorò fino alla morte nel 1887, lasciando l'opera incompiuta. A finirla ci pensarono Rimsky Korsakov, completatore d'eccellenza, e Glazunov. I due si divisero il lavoro. Glazunov praticamente ideò e compose il terzo atto dalle poche idee lasciate da Borodin e l'intera Ouverture (Glazunov sosteneva che Borodin l'avesse suonata al pianoforte in sua presenza), mentre Rimsky-Korsakov prese in consegna il resto completando quello che era da finire e orchestrando il resto, che era in maggior parte scritto solo per piano.
Quella che avuto la sua premiere a Pietroburgo nel 1890 era in sostanza un'opera a sei mani. Poi, a ogni allestimento, ognuno ha scelto cosa mettere e cosa no, facendo diventare quest'opera una sorta di
Les contes d'Hoffmann russo per cui ogni volta è andata in scena con una versione diversa.
Al Met si è tentato di Noseda e Cerniakov, avvalendosi delle ultime teorie e scoperte musicologiche sull'opera, hanno eliminato le parti composte da Glazunov e Rimsky Korsakov (ovviamente non quelle orchestrate altrimenti rimaneva ben poco), integrato parti composte da Borodin e omesse dai due completatori e riarrangiato alcuni pezzi secondo gli appunti lasciati dal compositore alla sua morte.
Quella che è uscita fuori è una nuova versione dell'opera in un prologo e tre atti, contro prologo+4 atti soliti, della durata di circa 4 ore.
I macro-cambiamenti subito visibili sono un riordinamento degli atti: il primo e secondo atto sono stati invertiti; il primo atto, usualmente diviso in due scene, qui è stato diviso in tre, mettendo la prima a dividere in due parti distinte la seconda; il terzo atto è stato totalmente eliminato essendo in buona parte frutto di Glazunov.
Vorrei poter raccontare la regia ma purtroppo ho solo ascoltato la diretta radio. Tuttavia già dal riassemblamento operato da direttore e regista si capisce che è tutto incentrato come se fosse nella testa di Igor. Specialmente nel primo atto diventa tutto un'apparizione, altrimenti lo squarcio della storia di Koncharovna e Vladimir non avrebbe senso dato che era risolta nel terzo atto espunto.
Spero ne esca un dvd anche solo per il primo atto che dalle foto appare qualcosa di meraviglioso:
Al Met, il cast è composto da interpreti di origine slava ed è stato assemblato in maniera molto felice, ma mi vorrei soffermare su due scelte particolari: il personaggio del Principe e quello di Koncharovna, figlia del khan Polovese Konchak.
Il primo interprete del ruolo baritonale del Principe fu Ivan Melnikov. Baritono russo di formazione belcantista, con un repertorio che andava da Riccardo dei Puritani a Wolfram in Tannhauser, Melnikov è stato primo interprete del protagonista del
Boris Godunov a Pietrogrado nel 1874, e ha cantato in tutte le opere di Caikovskij creando anche i ruoli del principe Vyazminsky in
Oprichnik, del Diavolo in
Cherevichki, del Principe Kurlyatev in
Charodeyka (o La Maliarda) e di Tomsky nella
Pikovaya Dama. Al Met il ruolo di Igor è stato affidato a Ildar Abdrazakov, anche lui russo e anche lui di matrice belcantista, e si è rivelato uno
knyaz vocalmente eccellente, ma dai commenti dei conduttori della BBC sembrava che lo fosse anche attorialmente. Non so come si comporti solitamente, ma anche qui Carniakov deve essere riuscito a trarne tutto il carisma possibile per riuscirgli a far interpretare un personaggio di tale statura. Il ruolo infatti può tranquillamente essere considerato uno dei ruoli baritonali più completi dell'opera russa insieme a Boris Godunov e Eugene Onegin.
Il ruolo di Koncharovna è stato invece affidato ad Anita Rachvelishvili, famosa per la Carmen scaligere e ultimamente portata sugli scudi per la sua Ljubasa berlinese. Ebbene, la prima Koncharovna nel 1890 fu Mariya Slavina che nel 1901 cantò Ljubasa nella prima Pietrobrughese dell'opera di Rimsky. Con questi due ruoli bisogna dire che la Rachvelishvili forse ha trovato davvero personaggi nelle sue corde.
Le prescrizioni dei primi interpreti non sono un ordine, specialmente qui in cui il compositore neanche aveva pensato ai possibili interpreti (ma forse gli orchestratori completatori sì) ma visti i risultati direi che in questo caso è stata pensata bene.
Noseda ha approntato questa nuova versione con metodo e ha diretto in maniera molto buona, o almeno così sembrava per radio. A questo punto mi chiedo: perché a New York applica la filologia e a Torino poi si abbandona a Guglielmi Tell tagliati e in traduzione ritmica? Misteri.
Borodin ci ha lasciato una sorta di kolossal di fronte a cui è impossibile non farsi coinvolgere. Non è mastodontica e piena di retorica come si potrebbe pensare ma è vitale, energica, appassionata, con degli squarci lirici potentissimi e dei cori popolari russi dall'aria affascinante. Il primo atto di questa nuova versione specialmente rimane un piccolo capolavoro, con dei veri picchi nel duetto di Koncharovna e Vladimir Igorevic o nelle Danze Polovesiane, forse il pezzo più conosciuto dell'opera.
Avevo anche un commento relativo a Cerniakov ma lo serbo dopo la visione della Sposa dello Zar alla Scala, così in caso ho tempo di ricredermi
Voi che ne pensate di quest'opera? La conoscete? Se sì la apprezzate o pensate che stia svarionando?