mattioli ha scritto:E perché mai "che simpatia"? Ho perfino messo la faccina ridente.
Venendo alle cose serie, naturalmente non mi riferivo al dvd e nemmeno al bluray. Mi riferisco al teatro. Le traduzioni esistevano perché bisognava che il pubblico capisse quel che si andava cantando in palcoscenico. Visto che questo problema non c'è più, perché esistono i sottotitoli, non esiste più nemmeno la necessità di tradurre le opere. Infatti non lo si fa più, e anche dove lo si fa (sempre meno, all'Eno sì, ma per esempio alla New York City Opera non più e alla Komische non sempre), lo si fa per puro rispetto delle tradizioni (la tradizione della traduzione).
La tua è la consueta incapacità di valutare l'opera in una prospettiva storica, come un fenomeno che cambia con il tempo, ma sempre nei termini astratti (bello/brutto, giusto/sbagliato, professionale/non professionale, evoluzione/involuzione) di un idealismo che, per essere cellettiano, non è meno idealista.
Anche a me piace ascoltare Kozlovsky nel Rigoletto, divertendomi con le agilità e i sopracuti e i picchiettati, ma so bene che quel modo di cantare appartiene a un mondo storicamente determinato e finito, quindi OGGI improponibile se non come (gradevolissimo) fenomeno da baraccone, perché sono finite le ragioni culturali, estetiche, sociali e in un ultima analisi STORICHE che lo rendevano non solo "bello" ma necessario. Quindi dire che quello è il miglior Rigoletto di tutti i tempi è, semplicemente, assurdo.
La stessa cosa per le traduzioni. Io posso dire che non mi piacciono, tu puoi dire che invece a te piacciono, resta il FATTO che non si usano più, non si portano più, come la tuba o la crinolina. Perché si deve sempre prescindere dai fatti? La realtà può non piacerci, ma resta la realtà.
Simpaticamente tuo
AM
Tutto vero, ma ci si potrebbe chiedere allora perché i film vengono ancora doppiati. Perché sono culpop, cioè nazionalpopolari, quindi presuppongono un pubblico meno esigente? Forse, ma allora il teatro di prosa? E' vero, fa molto cool

andare a vedere
Molto rumore per nulla, pardon,
Much Ado about Nothing, nella meravigliosa lingua del Bardo di Stratford, ma resta il fatto che in Italia la stragrande maggioranza degli spettacoli teatrali si dà in italiano: Brecht, Strindberg, Shakespeare, Molière, Racine... tutti spietatamente in italiano. E non mi pare che il pubblico della prosa sia culpop...
A me pare, ma posso sicuramente sbagliarmi, che la lingua originale sia un portato dello snobismo intellettualistico che ha attanagliato il mondo dell'opera, rendendolo "cul" senza "pop". Forse c'è stata anche l'influenza della musica leggera, nella quale la pratica delle cover in lingua diversa dall'originale è da tempo quasi scomparsa (
Stand by me che diventava
Pregherò,
Nights in white satin che diventava
Ho difeso il mio amore,
Homburg che diventava
L'ora dell'amore ecc. ecc.), ma secondo me resta predominante lo snobismo.
Ed è un peccato, aggiungo io, ché la traduzione, diversamente dal testo originale, può essere aggiornata e rifatta: per un Wagner in italiano mica bisogna prendere le zanardinate "Cede il verno a' rai del mite april" ecc. ecc.: si possono riscrivere in un italiano mediamente letterario, magari coinvolgendo nell'impresa poeti e scrittori. Esattamente come si fa con Shakespeare, di cui ogni tanto esce una traduzione nuova.
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...