pbagnoli ha scritto:Ciao Teo.
Io adoro quel Parsifal.
E lo adoro proprio per il sound di Karajan, giacché nemmeno a me piacciono i cantanti vivi rappresentati (con l'eccezione di Van Dam, per me ancora l'Amfortas per antonomasia; e in parte di Moll).
In sé, io non ci trovo nulla di male nel remixaggio in studio: è un'incisione di studio, così come The dark side of the moon, è ovvio che certi artifici siano richiesti in un contesto del genere e non replicabili nella realtà di una recita teatrale. In fondo, le incisioni in studio esistono anche (non solo) per quello: per poter proporre situazioni che a teatro non sarebbero permessi.
Poi, ovviamente, ognuno giudichi come vuole.
Ovviamente rispetto la tua opinione
Ciao Pietro, qui però siamo un poco oltre. Concordo sul fatto che un'incisione in studio sia differente da uno spettacolo teatrale, ma quando le dinamiche orchestrali, la presenza del suono, il riverbero, la spazialità viene decisa e modificata dal movimento di una manopola, quando la frase dei violini (ad esempio) emerge non perché il direttore la pone in rilievo attraverso la gestione orchestrale, ma perché un ingegnere ne cattura il suono e lo "porta avanti" in una sala mixer, quando le voci e l'orchestra si amalgamano in virtù di un mero processo tecnologico in modo da non interferire tra loro...allora siamo aldilà di un utilizzo della tecnologia come strumento, ma alla sua idealizzazione come fine. Sono d'accordo con te quando dici che il vero Karajan è l'ultimo Karajan. Aggiungo solo un "purtroppo". Perché l'ideale estetico di Karajan si realizza come mera spettacolarizzazione sonora, asettica perfezione raggiungibile SOLO in laboratorio. Tutto questo può essere affascinante, ma cosa resta della musica? Del suo lato umano e vitale? Quel Parsifal è stata la mia prima opera wagneriana (addirittura la acquistai in LP, ora perduti chissà dove, forse prestati a un amico che se n'è appropriato), l'ho ascoltato e riascoltato. Alla fine ho maturato la convinzione che fosse un "mostro". Sai bene quali sono i miei Parsifal (Kegel e Boulez), e quale sia la mia idea di musica (che prescinde dal mero dato sonoro). Il Parsifal di Karajan sembra la realizzazione in chiave operistica di quei film di fantascienza dove si sostituisce la vita artificiale (e robotica) a quella umana...
pbagnoli ha scritto:Piuttosto mi incuriosisce una tua considerazione: prima parli dei cantanti pessimi, poi dici che i loro suoni sono frutto di manipolazione sulla consolle del tecnico del suono. Non ti sembra che i termini siano in contraddizione fra di loro?
Se fosse vero quello che dici, perché non correggere certi suoni della Vejzovic?
Avendola poi sentita dal vivo e proprio in Kundry, ho avuto la conferma che quei suoni erano proprio tutti suoi; e quindi non credo fossero stati prodotti in laboratorio.
Questo non rileva: i suoni brutti della Vejzovic erano funzionali all'idea del direttore e, in ultima analisi, poco importanti. Poteva essere sostituita anche da una voce artificiale. Ma il discorso sui cantanti qui non c'entra (Karajan, l'ultimo, ha sempre optato per scelte infelici...non so se fosse un suo limite o una precisa imposizione), ho detto prima che io non li trovo gradevoli, ma può valere anche l'opposto. E poi i suonacci non possono essere migliorati dai tecnici, che invece possono manipolarne la presenza, il volume, l'ampiezza.
pbagnoli ha scritto:Credo che quel Parsifal, ancora a distanza di anni, sia una meraviglia, uno dei capolavori di HvK
Sicuramente è la più compiuta realizzazione dell'estetica di Karajan