Il vibrato nel canto (e nei dischi vecchi e nuovi)

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Il vibrato nel canto (e nei dischi vecchi e nuovi)

Messaggioda Enrico » lun 29 ott 2012, 2:58

DottorMalatesta ha scritto:Scusatemi ma mi sapete dire se c'è un qualche motivo per cui spesso i cantanti dell'era del grammofono presentano alcune oscillazioni vocali così marcate (alla Samuel Ramey ultimi anni, tanto per intenderci?). Voglio dire, realmente la voce di David era così o è un artefatto legato alla modalità d'incisione?


Non so quasi nulla della voce di David, ma possiamo fare un discorso più generale, partendo da molto lontano, non dico da Adamo ed Eva ma almeno dai tempi del canto gregoriano.

Se ascoltiamo l'Introitus Ad te levavi seguendo con lo sguardo le note (qui nella trascrizione moderna su tetragramma) noteremo due particolari effetti che possono essere considerati gli antenati di certi abbellimenti del canto di epoche successive: da una parte una serie di note ribattute sulla stessa sillaba, per esempio sul non di non erubescam, o sulla seconda e di neque irrideant inimici mei: a una prima nota ferma e un po' più sostenuta seguono due o tre note che ci danno un tipico effetto di oscillazione (uso questa parola ma dopo dovremo chiarirne meglio i possibili significati).
L'altro effetto vocale, indicato con un segno un po' ondulato chiamato credo quilisma, può essere interpretato sia come nota di passaggio, e quindi da eseguire in maniera più leggera rispetto a quelle tra le quali si trova, sia come una sorta di tremolo o trillo. Nel video che propongo come esempio si può vedere questo segno sulla terza i di inimici.

Nella trascrizione dei "neumi" in campo aperto tratta da manoscritti della "famiglia" di San Gallo (riportata al di sotto del rigo nell'edizione del Graduale Triplex stampata a Solesmes nel 1979) lo strano segno ondulato assomiglia moltissimo al segno utilizzato in epoche più recenti per indicare il trillo o il cosiddetto doppio mordente, ornamenti che, eseguiti più o meno velocemente, possono essere associati all'effetto di vibrato o di oscillazione di cui stiamo parlando.
Non facciamo qui tutta la storia del trillo dalle origini ai nostri giorni. Ricordiamo però che nella musica italiana rinascimentale e barocca il trillo era eseguito ribattendo velocemente una stessa nota, mentre il trillo eseguito con l'alternanza di due note era spesso definito tremolo: bisogna quindi fare attenzione a dare ai termini musicali il giusto significato tenendo conto dell'epoca in cui vengono usati.
Parlando di "oscillazione" credo che si debba fare una distinzione tra l'oscillazione dovuta a una certa difficoltà da parte del cantante di controllare il suono (pensiamo appunto all'ultimo Ramey, che però, secondo me, sfrutta l'oscillazione in modo consapevole, o a Carreras che negli ultimi concerti vibrava tutto, dalle mani al sopracciglio, quando doveva emettere una nota appena appena più lunga o più alta di quanto l'inevitabile usura vocale gli permettesse) e il vibrato usato volutamente e consapevolmente come abbellimento, come ornamento del canto, nello stesso modo in cui un violinista o un flautista o un oboista possono usarlo per dare espressività alla loro esecuzione.
Mi sono chiesto varie volte che cosa significasse l'aggettivo "oscillante" riferito alle voci dei cantanti in alcune recensioni ottocentesche. Ricordo di aver letto alcune recensioni, che ora non posso citare con precisione, in cui la voce di alcuni cantanti esibitisi nel Teatro Vittorio Emanuele di Messina, veniva definita "magnificamente oscillante". Si trattava di cantanti dei quali non credo esistano testimonianza discografiche: il recensore voleva parlare di voci ben risonanti, capaci di "correre bene" nel teatro, o ricche di armonici, o effettivamente caratterizzate da un particolare tipo di vibrato?
Troviamo invece, consultabile on-line, un testo in cui si dice che era bella, robusta, oscillante, armoniosa la voce della Malibran (o almeno una parte della voce della Malibran), e che gli acuti erano egualmente oscillanti dei bassi.
Potete leggerlo tutto intero, se vi interessa, a questo indirizzo:
http://books.google.it/books?id=TxMQAAAAYAAJ&pg=RA1-PA50&dq=voce+oscillante&hl=it&sa=X&ei=45aNUMGKH8qh4gT3toGACg&ved=0CEQQ6AEwBA#v=onepage&q=voce%20oscillante&f=false
Il fatto che altrove, parlando di pianoforti, si dica che la loro "voce" deve essere ugualmente oscillante in tutti i suoni, gravi, di mezzo e acuti, e che gli acuti devono essere bene oscillanti potrà chiarirci le idee o confondercele ancora di più (http://books.google.it/books?id=8dsrAAAAMAAJ&pg=PA301&dq=acuti+oscillanti&hl=it&sa=X&ei=_ZqNUJiFM4eG4gTUj4DIAQ&ved=0CDUQ6AEwAQ#v=onepage&q=acuti%20oscillanti&f=false).
Sicuramente negli esempi che ho citato l'aggettivo "oscillante" non ha l'accezione negativa che assume nella terminologia di certi "vociologi" moderni: quando Stinchelli, per fare un esempio, parla degli acuti oscillanti della Varnay, vuole dire sicuramente che erano acuti che "ballavano" perché mal controllati (E.Stinchelli, Le stelle della lirica, pag.103).
Cercando in internet possiamo trovare ancora molti esempi: di un tal Cosselli si dice, nel 1833, che la sua voce è estesa e forte, ma oscillante di soverchio, e che quindi non è adatta a sostenere note lunghe. Altrove (dopo le lodi a una certa D'Alberti impegnata in opere donizettiane: che fosse la trisavola della Aliberti?) si dice, di un suo collega, che era accusato, ingiustamente, di "spinger troppo la voce": voce definita di nuovo "robusta, piena, [i]oscillante".[/i]

Ognuno può cercare di trarre le sue conclusioni sul significato di "oscillante" nell'accezione positiva. Possiamo intanto dire con certezza che quel tipo di "oscillazione consapevole" e voluta, che per maggiore chiarezza ci conviene chiamare vibrato e che distingueremo dai suoni incerti e traballanti dovuti a limiti tecnici o a difficoltà fisiche del cantante, può considerarsi un ornamento del canto, a volte fine a sé stesso, a volte utile a scopi espressivi, a volte necessario per motivi strettamente tecnici per l'emissione e per il sostegno di alcune note.

Sul tubo ci sono tanti video che spiegano che cos'è il vibrato e come si può ottenere e utilizzare: questo è breve, e anche se non fa riferimento specifico alla musica lirica, presenta alcuni esempi semplici e chiari.


Noi che ci occupiamo di canto lirico cercheremo esempi di cantanti che usano il vibrato e li confronteremo con cantanti che lo usano poco o non lo usano affatto. E prima di parlare dei dischi antichi (per i quali si pone la domanda se la presenza del vibrato possa derivare da certe caratteristiche delle tecniche di incisione) ci conviene ricordare alcuni cantanti moderni nella cui vocalità il vibrato è spesso presente.

E senza bisogno di cercare esempi difficili vi consiglio di andare a rivedere qualche video di Mirella Freni che canta "Mi chiamano Mimì": su alcune note il vibrato è evidentissimo, e a volte assomiglia perfino a un trillo. Nel video di San Francisco anche Pavarotti, rispondendole a metà dell'aria, fa vibrare il suo "Sì". Chiaramente se la qualità dell'audio non è elevata, come spesso avviene su youtube, oltre alla voce del cantante sentiremo vibrare anche il fruscio e i rumori che la accompagnano, come spesso avviene nei vecchi dischi di cui fra poco parleremo. Questa presenza di vibrato nel canto della Freni non ci impressiona perché siamo abituati a sentirla nel canto di tante altre Mimì, dalle più antiche a quelle più moderne (avete presente Licia Albanese? o la Kabaivanska? o la Olivero ottantenne che faceva vibrare la voce esattamnete come cinquant'anni prima, vibrando tutta lei stessa?).

Licia Albanese ci fornisce un esempio utile di vibrato applicato soprattutto all'ultima nota di ogni frase: Voi lo sapete o mamma-a-a-a-a-a, prima d'andar soldato-o-o-o-o-o-o... volle spegner la fia-a-a-a-a-mma-a-a-a-a. L'effetto non è di oscillazione continua perché il vibrato non è usato allo stesso modo su tutte le note: è possibile che le servisse effettivamente a sostenere meglio le note lunghe, ma anche a dare enfasi a certi passaggi: per esempio me l'ha rapi-i-i-i-i-i-to, me l'ha rapito-o-o-o-o, dove l'ultima o da nota tremola si trasforma in pianto singhiozzante.


Beniamino Gigli, che per fortuna o purtroppo sapeva fare con la voce tutto ciò che voleva, sapeva ben cantare con voce liscia e ferma, ma utilizzava il vibrato quando decideva, ahinoi, che l'interpretazione doveva essere commossa-lacrimosa-singhiozzante e piangente. Alcune sillabe sono legate, altre staccate, altre vibrate. Potremmo ascoltare "Ma se m'è forza perderti", oppure "Tu che a Dio spiegasti l'ali", o anche una canzone come questa, nella quale l'artificio è evidentissimo e ha senza dubbio uno scopo espressivo, buono o cattivo che sia:

Anche in questo caso il vibrato è usato in particolare su alcune sillabe: Mia bella Napoli-i-i-i, la tua soave immagine-e-e-e, l'azzurro fulgido-o-o-o-, la placida marina-a-a-a-a, e così via.
La stessa cosa avviene in alcune incisioni di Pavarotti: mi viene in mente "Parlami d'amore Mariù", nella versione incisa in studio con la direzione di Mancini, dove il vibrato è utilizzato quasi alla fine di ogni frase con un effetto quasi violinistico.
Il vibrato è più scoperto se la voce è accompagnata dal solo pianoforte. Ascoltate "Giunto sul passo estremo" e vedrete come il buon Luciano non fosse, per questo aspetto, troppo lontano dal caro vecchio Alessandro Bonci:


L'incisione di Bonci è del 1905, e, se non ricordo male, è una di quelle effettuate per la Fonotipia.
In questo caso potremmo cominciare a chiederci quanto la vecchia registrazione possa rendere fedelmente la voce del cantante: che qui è sì vibrata, ma un po' meno del solito, forse perché non c'è troppo rumore di fondo e di superficie.
Ma il dubbio sui "problemi tecnici di registrazione" si risolve facilmente. Da un lato basta confrontare le registrazioni di Schipa del 1913 o quelle di Gigli degli anni 1918-1924 (ancora realizzate col sistema acustico) con quelle fatte alla fine degli anni '40 o nei primi anni '50 (già su nastro magnetico) per rendersi conto di come le voci fossero sempre, negli elementi fondamentali, ben riconoscibili (e ben riproducibili) anche nelle registrazioni più vecchie: per cui possiamo sì pensare che alcuni cantanti fossero più o meno fonogenici di altri, ma non che le loro voci fossero totalmente alterate o distorte. Dall'altro possiamo vedere che in registrazioni effettuate da una stessa casa discografica alcune voci risultano più vibrate e altre decisamente più ferme.
L'esempio tipico di "vibrato stretto", al di là della questione degli abbassamenti di tono, è quello di Fernando De Lucia: ascoltiamolo in questo duetto con Maria Galvany, del 1908, perchè ci permetterà un confronto molto istruttivo:

Possiamo notare facilmente che quando le voci si uniscono in quella del tenore c'è molto più vibrato che in quella del soprano.
La Galvany ha lasciato alcuni duetti incisi col tenore Aristodemo Giorgini: tenore dalla voce abbastanza morbida e senza eccessive "oscillazioni": vi propongo il suo "A te o cara", del 1905, dove esibisce anche un acuto abbastanza "fermo".

Provare a cercare, se ne avete voglia, la registrazione di Bonci, e sentirete la differenza.

Ci sono anche cantanti antichi ai quali, come ad alcuni moderni, la voce su certe note si spezza o balla involontariamente: mi viene in mente il simpatico Giuseppe Anselmi, che se non sbaglio incideva anche lui per la Fonotipia; ma non ho a portata di mano le sue registrazioni e non mi ricordo in quale si verificasse lo strano fenomeno.

La Galvany, nel 1910, ancora nella Sonnambula, esibisce una voce abbastanza "stabile", al di là dello stile molto "personale": anzi il fatto che la voce sia abbastanza ferma permette di percepire i veri trilli che di tanto in tanto esegue:

De Lucia non rinunciava ai trilli: ma come fare un trillo se già la voce è un trillo continuo? nella sua registrazione di Ah sì ben mio, del 1917, i trilli ci sono, ma appaiono strani perché sono gli unici momenti del brano in cui sparisce dalla sua voce il "tipico vibrato italiano" con effetto un po' innaturale:

Ma forse i suoi trilli ci sembrano strani perché altri cantanti utilizzano l'espediente del vibrato per simulare l'effetto del trillo: per esempio Enrico Caruso, nel 1920, in Ombra mai fu (ascoltate da 2'30'' circa):

E si tratta, attenzione, di uno che i trilli, se voleva, li sapeva fare: in "Pietà Signore", sulla i di "dal tuo rigor", fa addirittura un trillo in terzine! Anche Pavarotti qualche volta faceva dei veri trilli, altre volte si accontentava di un semplice vibratino per darne l'idea.

Come dicevo prima, possiamo avere la certezza che il vibrato dei cantanti antichi non fosse prodotto dalle apparecchiature di registrazione se confrontiamo alcune registrazioni fatte per la stessa casa discografica nello stesso giorno e presumibilmente nello stesso luogo e, possibilmente, con una discreta qualità di riveramento che ci impedisca di scambiare per effetti di vibrato i normali rumori e fruscii del vecchio disco: e il confronto può avvenire direttamente fra De Lucia e Caruso, il 30 novembre 1902, con la registrazione di Amor ti vieta.
Non chiedetemi chi tra i due abbia inciso il pezzo per primo: Caruso ha l'onore di essere accompagnato al pianoforte dall'autore in persona, e, fatto che destava lo stupore dei suoi ascoltari, usa il vibrato quasi solo alla fine (non t'a-a-a-a-merò-o-o-o-o-) per dare enfasi alla conclusione; De Lucia invece canta con l'accompagnamento di Salvatore Cottone (il pianista che troviamo anche nelle altre registrazioni di Caruso), e, col suo costante vibratino, rimane più fedele alla tradizione alla quale il pubblico era abituato. È chiaro che se il vibrato è costante diventa solo un'abitudine, un vezzo o un vizio, che significa poco dal punto di vista musicale ed espressivo. Ho il sospetto però che in certi pezzi gli permettesse di risolvere con più facilità, e con qualche trucchetto, i passi d'agilità (provate a cercare il suo "Ecco ridente in cielo").


Quanto lo stile di Caruso fosse nuovo, quanto fosse moderno e "inaudito" rispetto a quello dei suoi predecessori lo possiamo intuire se confrontiamo il suo "O teco", nella "Pira" (1906), con quello "magnificamente oscillante" del grande Francesco Tamagno (1903):


E direi che per ora può bastare. Vi saluto con uno dei dischi più belli di Tamagno, che, se non lo conoscete già, vi stupirà col suo vibrante finale: "Noi rialzerè-e-e-è-m l'àl-tà-a-a-à-r / dèl gran Dì-i-i-i-i-i-i-i-i-i-i-i-i-i-ì-o / d' I-i-i-i-i-i-i-i-i-ìsraèl".
Enrico B.
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Re: Il vibrato nel canto (e nei dischi vecchi e nuovi)

Messaggioda DottorMalatesta » lun 29 ott 2012, 17:42

Una lezione davvero magistrale, professore!!!!
;-)
Interessante (e con divisibilissima) la distinzione tra vibrato (con connotazione sostanzialmente positiva) e oscillazione (con connotazione negativa, legata a difetti di tecnica o a usura vocale come nel caso del giá citato Ramey degli ultimi anni, o del Bruson…).
Secondo te, la moda dilagante del vibratino stretto in quei lontani anni, era una questione di moda, di gusto? Strano pensare come questo tipo di suoni fosse davvero apprezzato. Agli orecchi di un ascoltatore di oggi questi suoni sono a tratti difficili da tollerare… Quanto è cambiata la percezione del suono in pochi anni, non trovi?
E secondo te qual era la finalità espressiva di questo tipo di suono? Soprattutto quanto il vibratino non è dilagante, ma è concentrato in alcuni punti… Era usato solo nei brani elegiaci o anche in brani Brillanti, o comici?

Davvero complimenti! E´ sempre un piacere leggerti!
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Re: Il vibrato nel canto (e nei dischi vecchi e nuovi)

Messaggioda pbagnoli » mar 30 ott 2012, 10:28

Bellissima trattazione, Enrico! Davvero splendida!
E' per me un periodaccio - ieri sera ho finito tardissimo, oggi parto per Berlino per lavoro e starò via fino a fine settimana - ma mi voglio rileggere con calma tutto soprattutto con gli ascolti che hai proposto.
E' un argomento interessante e molto controverso, merita effettivamente qualche puntualizzazione; speriamo che ne possa scaturire uno dei nostri bei dibattiti vociologici
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Re: Il vibrato nel canto (e nei dischi vecchi e nuovi)

Messaggioda Milady » mar 30 ott 2012, 21:24

Enrico,
sei grande grande grande ...
Grazie!
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Re: Il vibrato nel canto (e nei dischi vecchi e nuovi)

Messaggioda Enrico » mar 30 ott 2012, 22:43

Grazie a te Milady, e grazie a voi Signori Dottori.
Pubblicando il mio post intorno alle due di notte, ho fatto solo una sintesi di ciò che avevo in mente, tralasciando molti esempi e molte registrazioni che dovremmo esaminare per chiarire alcune questioni e per rispondere alle nuove domande di Malatesta, che spostano il discorso dagli aspetti strettamente "meccanici" e tecnici a quelli stilistici e interpretativi. Come dice Pietro, dovremmo continuare e "puntualizzare".
Enrico B.
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Re: Il vibrato nel canto (e nei dischi vecchi e nuovi)

Messaggioda MatMarazzi » ven 09 nov 2012, 19:44

Riprenderei un attimo il bellissimo tema aperto da Enrico.
Premetto che sono perfettamente d'accordo con le conclusioni di questi sulla non responsabilità dell'incisione antica sul suono "vibrato".
Tranne nel caso (evidente a mio avviso in alcuni degli esempi da lui proposti) in cui un disco avesse il foro centrale lievissimamente scentrato; basta una frazione infinitesima di millimetro (cosa assai frequente) perché sul finire dell'incisione si avvertissero oscillazioni che possono sembrare vibrato e non lo sono.
Ma un orecchio esperto se ne accorge.

Piuttosto io mi sentirei di aggiungere una considerazione.
Premetto che si tratta solo di una sensazione, non di una certezza... che vi espongo nella speranza che possiate aiutarmi a chiarirla.

Per me esiste "vibrato" e "vibrato".
Uno, che chiameremo "vibrato vero" è quello di cui Enrico ha descritto brillantemente la storia.
Si tratta di un accidente musicale, un effetto espressivo, una figura retorica che il cantante ha in comune con quasi tutti gli strumentisti.
E' il frutto di una volontà dell'esecutore che quindi può decidere di applicarlo o no, come farebbe un violoncellista sulla corda.
Anche se si parla di canto "non classico", il video esplicativo di Youtube postato da Enrico rende perfettamente l'idea.
In pratica il cantante decide di applicare questo "vibrato" a un suono come farebbe con altri accidenti (un trillo, un mordente, ecc...).
Può farlo lentamente o velocemente, in modo costante o in modo progressivo, ecc....
E se decide di non vibrare (come certe note della Yakar o della Kirkby, o di Jadlowker e della Destinn) può benissimo evitare di farlo.
Perché il suono esiste "a monte" rispetto al vibrato.

Ma a me pare che esista anche un altro tipo di vibrato ...connaturato al suono.
Ed è questo il vibrato (che io propongo di chiamare "emissione vibrata") che oggi non esiste più e che solo i dischi del passato ci tramandano.
In questi casi pare che la vibrazione nasca insieme al suono; che l'uno senza l'altra non sia possibile, proprio perché quella determinata tecnica (ad esempio di Ester Mazzoleni o del tenore David o di Magda Olivero) prevede la vibrazione a monte del suono stesso, come condizione della produzione sonora.
In questo caso il cantante non sarebbe in grado di "decidere" come e quando applicare il vibrato (come farebbe un violoncellista o come, secondo Enrico, potrebbe fare un Gigli) perché ogni suono da loro prodotto avrebbe fra le sue caratteristiche connaturate proprio quella vibrazione.
La mia tesi è che chi praticava questa tecnica (emissione vibrata) producesse sì sonorità caprine e sgradite in molti paesi (specie nordici e anglosassoni) ma ricavasse impressionanti vantaggi in termini di dinamica.
Non è un caso che tutti gli artisti citati (oltre alla Mazzoleni, a David, alla Olivero, pensate a De Lucia o alla Kabaywanska) fossero tutti maestri della smorzatura a qualsiasi altezza della voce.

Io credo che il problema posto dal dottor Malatesta non riguardasse il vibrato propriamente detto (l'accidente musicale, per intenderci) ma questa emissione - oggi non più insegnata e non più praticata - per cui la vibrazione del suono diventa sostanza tecnica.
A lui (che si capisce non essere molto avvezzo di 78 giri) :), tale tecnica pare irrimediabilmente superata, tanto da essere fastidiosa.
In passato invece doveva essere applicata da moltissimi artisti e insegnata da molti maestri, specie per quei repertori (ad esempio quello belcantistico) in cui il fraseggio e la varietà dinamica fossero necessari.

Personalmente ritengo che sia un peccato che questa tecnica non sia più applicata e praticata, perché in tutti i casi (come tutte le tecniche) permette cose particolari che altre emissioni non consentono.
L'ultimo che ne conosceva il segreto è stato Giuseppe Morino.
E sappiamo come è andata a finire: il pubblico dei vecchi (abituato all'emissione vibrata di molti cantanti storici) lo ha amato; ma il pubblico dei giovani lo ha respinto, perché non riconosceva più in quell'emissione suoni appartenenti al vocabolario lirico attuale.
Ed è un peccato. Perchè con quella tecnica Morino poteva permettersi cose che a ben pochi tenori attuali sono concesse.



Quale che sia il seguito del dibattito, io mi auguro che il Dott.Malatesta superi questi sua idiosincrasia per l'emissione vibrata! :)
Perché quello che conta nella storia del canto non sono mai i suoni in sè, ma il mondo poetico che con quei suoni si riesce a evocare.
Privarsi del piacere di David e del suo genio (o di quello della Mazzoleni o di De Lucia) perché non ci piace un tipo di suono, è esattamente come privarsi delle infinite gemme di Kauffman o della Dessay (e peggio giudicarli non-cantanti) ... perché i loro suoni sono diversi da quelli di cellettiana osservanza! :)

Salutoni,
Mat
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Re: Il vibrato nel canto (e nei dischi vecchi e nuovi)

Messaggioda DottorMalatesta » ven 09 nov 2012, 22:02

MatMarazzi ha scritto:Ma a me pare che esista anche un altro tipo di vibrato ...connaturato al suono.
Ed è questo il vibrato (che io propongo di chiamare "emissione vibrata") che oggi non esiste più e che solo i dischi del passato ci tramandano.
In questi casi pare che la vibrazione nasca insieme al suono; che l'uno senza l'altra non sia possibile, proprio perché quella determinata tecnica (ad esempio di Ester Mazzoleni o del tenore David o di Magda Olivero) prevede la vibrazione a monte del suono stesso, come condizione della produzione sonora.
In questo caso il cantante non sarebbe in grado di "decidere" come e quando applicare il vibrato (come farebbe un violoncellista o come, secondo Enrico, potrebbe fare un Gigli) perché ogni suono da loro prodotto avrebbe fra le sue caratteristiche connaturate proprio quella vibrazione.
La mia tesi è che chi praticava questa tecnica (emissione vibrata) producesse sì sonorità caprine e sgradite in molti paesi (specie nordici e anglosassoni) ma ricavasse impressionanti vantaggi in termini di dinamica.
Non è un caso che tutti gli artisti citati (oltre alla Mazzoleni, a David, alla Olivero, pensate a De Lucia o alla Kabaywanska) fossero tutti maestri della smorzatura a qualsiasi altezza della voce.

Io credo che il problema posto dal dottor Malatesta non riguardasse il vibrato propriamente detto (l'accidente musicale, per intenderci) ma questa emissione - oggi non più insegnata e non più praticata - per cui la vibrazione del suono diventa sostanza tecnica.
A lui (che si capisce non essere molto avvezzo di 78 giri) :), tale tecnica pare irrimediabilmente superata, tanto da essere fastidiosa.
In passato invece doveva essere applicata da moltissimi artisti e insegnata da molti maestri, specie per quei repertori (ad esempio quello belcantistico) in cui il fraseggio e la varietà dinamica fossero necessari.

Personalmente ritengo che sia un peccato che questa tecnica non sia più applicata e praticata, perché in tutti i casi (come tutte le tecniche) permette cose particolari che altre emissioni non consentono.
L'ultimo che ne conosceva il segreto è stato Giuseppe Morino.
E sappiamo come è andata a finire: il pubblico dei vecchi (abituato all'emissione vibrata di molti cantanti storici) lo ha amato; ma il pubblico dei giovani lo ha respinto, perché non riconosceva più in quell'emissione suoni appartenenti al vocabolario lirico attuale.
Ed è un peccato. Perchè con quella tecnica Morino poteva permettersi cose che a ben pochi tenori attuali sono concesse.

Quale che sia il seguito del dibattito, io mi auguro che il Dott.Malatesta superi questi sua idiosincrasia per l'emissione vibrata! :)


Ciao Mat,
devo fare un piccolo esame di coscienza. In effetti, amo alla follia cantanti come Vickers o Kaufmann che tutto hanno tranne che una tecnica vocale "cellettiana" ;-). E quindi magari sforzandomi un po' cercherò di superare la mia difficoltà e diffidenza (legata, come hai giustamente indovinato, al mio non essere granchè avvezzo ai 78 giri!) per questo tipo di emissione.

By the way, il fatto che l' "emissione vibrata", come la chiami tu (e condivido la terminologia) fosse molto diffusa tra i cantanti dell'era dei 78 giri suggerisce che proprio questo fosse il tipo di emissione dei cantanti d'opera dell'ottocento (quando dico questo penso a Tamagno e alla Patti)??

Grazie dell'incoraggiamento ;-) e degli interessanti spunti di riflessione!

Ciao,
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Re: Il vibrato nel canto (e nei dischi vecchi e nuovi)

Messaggioda Enrico » ven 09 nov 2012, 22:30

Il cd di Morino l'ho ascoltato decine di volte nei primi anni Novanta, purtroppo era uno di quei bellissimi dischi della Nuova Era che si autodistruggono col passare degli anni: evidentemente è destino che nei dischi dei cantanti col vibrato "antico" debbano esserci anche rumori estranei per difetti di fabbricazione!
Senza dilungarmi troppo, questa volta, cito altri due cantanti sul cui suono possiamo ancora interrogarci.
Uno è Salvatore Fischella, che ho sentito dal vivo diverse volte, e che, in alcune occasioni, mi sembra adottare un tipo di emissione molto simile a quella in cui il vibrato sembra nascere col suono stesso. Tuttavia Fisichella non mi è mai sembrato particolarmente interessato alle dinamiche o alle smorzature in cui il suono diventava quasi impercettibile come in certi virtuosismi di Bonci o di De Lucia. L'esempio che vi suggerisco è Vieni fra queste braccia da I Puritani:

Un altro cantante che per il timbro e per il vibrato, dal vivo, in anni recenti, mi ha fatto pensare a Bonci, è il tenore Francesco Paolo Panni. Metto qui la serenata del Don Pasquale, ma potete trovare sul tubo anche arie di altre opere (Rigoletto, Attila). Effettivamente queste ultime sopravvivenze del vibrato rimangono confinate nei piccoli teatri di provincia, e anche lì non sono molo apprezzate da chi non ha confidenza con la possibile varietà degli stili e ha in mente solo il tipo del "moderno tenore italiano".


Lascio da parte ora un'altra questione che dovremmo discutere, ma la riprenderò prossimamente.
Enrico B.
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Re: Il vibrato nel canto (e nei dischi vecchi e nuovi)

Messaggioda Enrico » ven 09 nov 2012, 23:12

Alla ricerca del vibrato perduto: smorzature a confronto.

Giuseppe Sabbatini, 1995


Giovanni Manurita, 1929


Fernando De Lucia, 1902 (ma nella chiusa vibra o non vibra?)
Enrico B.
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Re: Il vibrato nel canto (e nei dischi vecchi e nuovi)

Messaggioda DottorMalatesta » ven 09 nov 2012, 23:33

Concordo con la diagnosi di un'emissione vibrata a proposito di Sabbatini. Konig Heinrich sei davvero... maestoso!!! : King :

Secondo voi, anche la voce di Matteuzzi adotta a tratti l' emissione vibrata?





Ciao!
Doc
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Re: Il vibrato nel canto (e nei dischi vecchi e nuovi)

Messaggioda MatMarazzi » sab 10 nov 2012, 1:25

Cari amici,
Temo di non riuscire a spiegare quello che intendo.
O forse sentiamo le cose da punti di vista diversi.

Io quando sento Fisichella o Matteuzzi, o Sabbatini sento dei cantanti che vibrano (anche molto, anche moltissimo) le note che emettono.
Ma sento comunque voci ed emissioni che se volessero potrebbero anche non vibrare, perché il vibrato è un "di più".
Il suono è prima, a monte... e su quel suono il vibrato è applicato.

In altri casi (De Lucia, per dire) il vibrato mi sembra partire ancora prima del suono, ancora prima dell'attacco.
Idem per Manurita.
Li mi resta la sensazione che il vibrato parta dalla gola, dalle stesse corde vocali, dalle radici più profonde della sonorità.

Sentite Ester Mazzoleni.


Se anche convincessimo la Callas a cantare questo brano vibrando come una pazza non ci darebbe comunque la sensazione della Mazzoleni.
Qui avvertiamo che il suono, per come è progettato a monte, per come si espande e si assottiglia, non potrebbe esistere senza il vibrato che lo compone. Verrebbe da dire che con la Mazzoleni e con Bonci il suono non è "vibrato" (come con Fisichella e Sabbatini) ma è plasmato dal vibrato.
Anche nel suo caso, ça va sans dire, le smorzature sono celestiali, come quelle di David e di De Lucia.
Nessuno mi toglie dalla testa che questa tecnica fosse praticata per le enormi possibilità dinamiche che apriva e per quello scintillio (da campanello) che attribuiva ai timbri.
Non mi si parli, quindi, di "stile"... questa è una varietà TECNICA bella e buona!!!

Alla domanda molto interessante del dottor Malatesta (che non ha assolutamente bisogno dei miei incoraggiamenti :) ) risponderei che - sulla base delle testimonianze sonore - mi parrebbe esagerato pensare che nell'800 tutti avessero l'emissione vibrata (Battistini non cantava certo così, e nemmeno la Abendroth o la Nordica o la Adini, e nemmeno Urlus o Slezak o la Gutheil Schoder... non parliamo delle allieve della Marchesi!!), ma sicuramente molti la praticavano.

Sarebbe curioso (ma in questo solo Enrico può aiutarci) cercare di capirlo dalle recensioni d'epoca.
Chissà cosa intendevano quegli antichi commentatori da lui citati quando parlavano dei suoni "ben oscillanti" della Malibran?
Forse che anche lei aveva adottato questa singolare e ahimè perduta tecnica di canto?

Salutoni,
mat
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Re: Il vibrato nel canto (e nei dischi vecchi e nuovi)

Messaggioda Enrico » sab 10 nov 2012, 3:14

MatMarazzi ha scritto:Temo di non riuscire a spiegare quello che intendo.
...il vibrato mi sembra partire ancora prima del suono, ancora prima dell'attacco.
...mi resta la sensazione che il vibrato parta dalla gola, dalle stesse corde vocali, dalle radici più profonde della sonorità.


È tutto chiarissimo, anche io avrei detto le stesse cose e avevo già pronti molti esempi: ma ho finito solo oggi con la correzione dei compiti e con i consigli di classe quasi quotidiani.
Nel mio primo intervento ho semplificato, omettendo molti passaggi, perché il primo scopo, credo raggiunto, era quello di dimostrare che nei dischi antichi esistono tanti tipi di suoni, vibrati o non vibrati, indipendentemente dalla tecnica di incisione (salvo difetti del disco stesso, rumori di superficie, foro non centrato e così via).
Farei però una distinzione fra De Lucia e Bonci, non solo perché, avendoli ascoltati per decine o centinaia di ore, li sento abbastanza diversi, ma anche perché è difficile giudicare la "brillantezza" o lo "scintillio" del timbro di De Lucia che può variare di molto con la variazione della velocità del disco e di conseguenza con il cambiare del vibrato: finché si credeva che De Lucia fosse tenore acuto e quasi contraltino il suo vibrato appariva molto più stretto di come lo sentiamo ora con gli aggiustamenti di tonalità (Malatesta ci sei? questa faccenda l'abbiamo discussa in altre parti del forum).
Nel citare Fisichella e gli altri sono stato troppo rapido: quando dico che Fisichella vibra sì, ma non è capace di smorzature o di dinamiche particolari, suppongo implicitamente che il suo vibrato sia artificioso, non connaturato alla voce, probabilmente un espediente per legare meglio, sostenere i suoni e salire con facilità. Stesso discorso per Sabbatini: la differenza con Manurita e De Lucia è evidente, ma Sabbatini ha sicuramente capito che, con un po' di vibrato "aggiunto", i suoni si smorzano meglio, e ricordo un concerto in cui smorzava con facilità estrema le note acutissimi di Je crois d'entendre encore, e ricordo un'apparizione televisiva in cui imitava il vibrato (purtroppo non c'è un'altra parola da utilizzare) di Gianni Morandi: ma poi, se cantava 'O sole mio, tornava a una più moderna emissione "carusiana"; e la prima volta l'avevo sentito dal vivo in una Bohéme nella quale la "manina" era molto simile a quella di Pavarotti. Il qual Pavarotti però, se lo senti in Giunto sul passo estremo nella registrazione compresa tra le "Arie veriste" (diretta da De Fabritiis: il recital, non l'opera completa) noterai sicuramente che, diversamente dalle registrazioni presenti sul tubo e da quella che avevo postato sopra, fa il vibrato "alla Gigli" nelle prime frasi, ma poi, per almeno due terzi del pezzo e fino alla fine, comincia ad emettere una vibrazione costante quasi come se cercasse di ottenere un suono alla Bonci (al quale non era tecnicamente avvezzo), e a quel punto smorza con più facilità e ottiene delle mezze voci timbrate e non sbiancate.
Lascio aperto il discorso per quel tal Panni, perché in teatro sembrava veramente un piccolo Bonci, con quella vibrazione perpetua nella gola. Scarterei Matteuzzi perché nel Tancredi mi sembra una pessima imitazione di Merritt, e nell'Italiana, se anche tenta di fare un vibrato, non ne è capace: inoltre dal vivo la sua voce mi era apparsa piccola e sorda, la vibrazione non si percepiva, mentre nel caso del già citato Panni la vibrazione (naturale o artificiale?) permetteva alla voce di viaggiare bene nell'aria e riempire il teatro (come accadeva con le mezze voci di Pavarotti).
Possiamo anche dire che il vibrato che nasce "dalla gola" è una tecnica: ma è anche una tecnica asservita alle esigenze dello stile, perché i cantanti che adottavano il vibrato stretto lo sfruttavano per ottenere smorzature, salite agli acuti (solitamente di testa, forse con un po' di falsetto), smorzature, filature, crescendo, agilità, portamenti e abbellimenti vari, in funzione della loro concezione interpretativa e in sostanza del loro stile.
Però ripeto la domanda che ho fatto prima: perché alla fine di Se il mio nome la voce di De Lucia sembra perdere il vibrato? che stranezza è mai questa?


Verrebbe da dire che con la Mazzoleni e con Bonci il suono non è "vibrato" (come con Fisichella e Sabbatini) ma è plasmato dal vibrato.

Potresti avere ragione su quest'aspetto paradossale: la Kabaivanska, se la [url]guardi[/url] quando canta D'amor sull'ali rosee nel video con Karajan, ha difficoltà nel far percepire i trilli perché ha già il suo vibrato "naturale", ma quando vuole aggiungere un vibrato "ornamentale" (forse per facilitarsi salite e discese e note lunghe) lo ottiene facendo oscillare velocemente la mandibola (su uno schermo grande si vede benissimo: movimento voluto o involontario? Pavarotti negli ultimi tempi usava quest' espediente per far "brillare" alcuni acuti). E però c'è sempre il problema di De Lucia che per fare il trillo deve "spianare" la voce.
Della voce della Kabaivanska potremmo dire che in teatro era molto più ampia e ricca di quanto non risulti dai dischi: io ricordo una gran quantità di vibrazioni sovapposte, alcune basse, alcune acute, come tanti diversi suoni che viaggiavano nell'aria e giravano nel teatro, vibrando perfino a diverse velocità: nei dischi (e, peggio, nelle riprese televisive della Rai) il suono sembrava più piatto, più omogeneo, e più stridulo.


Ci sarebbe forse un modo per risolvere alcuni problemi: tu vai a intervistare la Raina, e Pietrone va a cercare la Magda (o le propone qualche giorno di ricovero e di controlli, per interrogarla bene, magari con radiografia alle corde vocali per vedere come sono fatte)

mi parrebbe esagerato pensare che nell'800 tutti avessero l'emissione vibrata (Battistini non cantava certo così

E Tamagno, se a tratti faceva vibrare i suoni, aveva un'emissione di tutt'altro tipo, secondo me. C'erano anche quelli che, nel passaggio dal vecchio stile al nuovo, non sapevano come comportarsi.
Piuttosto che pensi del vibratino di un Lauri Volpi, che sembra diminuire con l'avanzare degli anni? prova ad ascoltare il suo Mi par d'udire ancora, confrontandolo eventualmente con quello di Morino.


Chissà cosa intendevano quegli antichi commentatori quando parlavano dei suoni "ben oscillanti" della Malibran?
Forse che anche lei aveva adottato questa singolare e ahimè perduta tecnica di canto?

Sto cercando di capirlo, dammi tempo, e spera che non debba ricominciare troppo presto con le riunioni a scuola.
I vocabolari moderni (per esempio quello di De Mauro) non mi hanno dato nessun aiuto. Ne ho uno antico, forse più vecchio della Melba, ma in questo momento davanti allo scaffale c'è appoggiato il ritratto di un mio trisavolo, con pesante cornice, che attende di essere collocato al suo giusto posto su una parete: devo procurarmi un gancio, un tassello, un trapano e un amico che sappia usare il trapano, ma anche l'amico, ahimè, è spesso intrappolato in corsi o impegni scolastici.

Comincia a prepararti psicologicamente: c'è il rischio che nel discorso sul vibrato debba entrare a un certo punto anche Rubini, e che il problema debba intrecciarsi con quello del falsetto, che abbiamo lasciato in sospeso, e dei "rubiniani" di oggi. E in realtà dovremmo proporre qualche esempio anche tra i baritoni e tra i bassi: ne ho trovati di belli...
Aggiungo anche un altro suggerimento: se è vero che il vibrato stretto, di gola, connaturato al suono, e quello ornamentale, volontario, violoncellistico, convivono e coesistono nella stessa epoca, dovremmo chiederci più in generale se avvenisse la stessa cosa anche nel campo strumentale, e poi cercare di capire quale potesse essere, nel corso del tempo, il rapporto che si creava tra il vibrato degli strumenti e quello delle voci: ho in mente, su quest'aspetto, diversi ascolti interessanti (ma l'amico violoncellista, impegnato in corsi e concerti qua e là nel bel mezzo dell'Europa, tace mai sempre: su alcune registrazioni mi servirebbe un suo parere strettamente tecnico).

E anche questa volta siete riusciti a farmi scrivere fino alle due. Buona notte e sogni d'oro, e chi vuol fare sogni d'amore ascolti questo grande classico nell'interpretazione di Manurita con la Pagliughi (1938):
Enrico B.
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Re: Il vibrato nel canto (e nei dischi vecchi e nuovi)

Messaggioda DottorMalatesta » sab 10 nov 2012, 15:11

Ciao Enrico e Mat e altri operoinomani,
ho capito che vuoi dire, Mat: tu distingui tra emissione vibrata come "emissione naturale" (DE Lucia) ed emissione vibrata come emissione artificiale o tecnica vocale. (Sabbatini)... Giusto?

Enrico ha scritto:Però ripeto la domanda che ho fatto prima: perché alla fine di Se il mio nome la voce di De Lucia sembra perdere il vibrato? che stranezza è mai questa?


Forse sfuma in falsetto e quindi non vibra piú??? :roll:


Enrico ha scritto:Ci sarebbe forse un modo per risolvere alcuni problemi: tu vai a intervistare la Raina, e Pietrone va a cercare la Magda (o le propone qualche giorno di ricovero e di controlli, per interrogarla bene, magari con radiografia alle corde vocali per vedere come sono fatte)


Ehi, e il neurologo lo lasciate a casa???? : Andry : : Andry :
;-)

Enrico ha scritto:
Chissà cosa intendevano quegli antichi commentatori quando parlavano dei suoni "ben oscillanti" della Malibran?
Forse che anche lei aveva adottato questa singolare e ahimè perduta tecnica di canto?


Me lo domando anch´io!


Enrico ha scritto: Sto cercando di capirlo, dammi tempo, e spera che non debba ricominciare troppo presto con le riunioni a scuola. I vocabolari moderni (per esempio quello di De Mauro) non mi hanno dato nessun aiuto. Ne ho uno antico, forse più vecchio della Melba, ma in questo momento davanti allo scaffale c'è appoggiato il ritratto di un mio trisavolo, con pesante cornice, che attende di essere collocato al suo giusto posto su una parete: devo procurarmi un gancio, un tassello, un trapano e un amico che sappia usare il trapano, ma anche l'amico, ahimè, è spesso intrappolato in corsi o impegni scolastici.


Se mi dai qualche ora mollo l´ospedale, prendo la macchina,arrivo da te e ti do una mano a spostare il ritratto dell´antenato (questa non é una scena da Freischütz??? ;-) ).

Ciao,
Doc

P.S.: a fatica ma ti seguo!!!!

P.P.S.: in che senso l´emissione vibrata aiuta il cantante? Voglio dire, come avviene questo in fisiologia?
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Re: Il vibrato nel canto (e nei dischi vecchi e nuovi)

Messaggioda Enrico » sab 10 nov 2012, 15:57

DottorMalatesta ha scritto:Ciao Enrico e Mat e altri operoinomani,
ho capito che vuoi dire, Mat: tu distingui tra emissione vibrata come "emissione naturale" (DE Lucia) ed emissione vibrata come emissione artificiale o tecnica vocale. (Sabbatini)... Giusto?


Zitti zitti, piano piano, non facciamo confusione. Io direi che si tratta di tecnica in entrambi i casi: da un lato si sceglie, con la tecnica, di adottare un'emissione che produce un suono costantemente vibrato (e allora il suono sarà vibrato "per natura" perché nasce così); dall'altro lato si decide, sempre con la tecnica, di aggiungere il vibrato, di tanto in tanto, a un suono che in sé potrebbe anche non averlo (per esempio Pavarotti sulle -a- di mamma, sempre nel disco con Mancini).

perché alla fine di Se il mio nome la voce di De Lucia sembra perdere il vibrato?

Forse sfuma in falsetto e quindi non vibra piú???


Ho invece l'impressione che il vibrato potesse servire anche ad aggiungere corposità e timbro a quello che altrimenti sarebbe stato un falsetto o un suono troppo "bianco". Ne riparleremo sicuramente.


Enrico ha scritto: [b]tu vai a intervistare la Raina, e Pietrone va a cercare la Magda [/b


Ehi, e il neurologo lo lasciate a casa????


Lo dicevo per il tuo bene: ma se vuoi puoi ricoverarle entrambe nel tuo ospedale e consultare gli altri esperti per una diagnosi.

Chissà cosa intendevano quegli antichi commentatori quando parlavano dei suoni "ben oscillanti" della Malibran?

prendo la macchina,arrivo da te e ti do una mano a spostare il ritratto dell´antenato


Tranquillo, posso spostarlo da solo, ma non volevo farlo alle tre di notte per consultare i vocabolari della Crusca. Tu nel frattempo vai a cercare la Olivero.

in che senso l´emissione vibrata aiuta il cantante? Voglio dire, come avviene questo in fisiologia?

E che no so io? laureato in Lettere sono! ho solo qualche vaga idea e la esporrò forse più tardi: vediamo come si sviluppa la discussione.
Ultima modifica di Enrico il sab 10 nov 2012, 16:11, modificato 2 volte in totale.
Enrico B.
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Re: Il vibrato nel canto (e nei dischi vecchi e nuovi)

Messaggioda DottorMalatesta » sab 10 nov 2012, 16:07

Enrico ha scritto:Zitti zitti, piano piano, non facciamo confusione. Io direi che si tratta di tecnica in entrambi i casi: da un lato si sceglie, con la tecnica, di adottare un'emissione che produce un suono costantemente vibrato (e allora il suono sarà vibrato "per natura" perché nasce così); dall'altro lato si decide, sempre con la tecnica, di aggiungere il vibrato, di tanto in tanto, a un suono che in sé potrebbe anche non averlo (per esempio Pavarotti sulle -a- di mamma, sempre nel disco con Mancini).


OK: nessuno nasce capra :mrgreen:


Enrico ha scritto:Tranquillo, posso spostarlo da solo, ma non volevo farlo alle tre di notte per consultare i vocabolari della Crusca. Tu nel frattempo vai a cercare la Olivero.


La Magda l´ha giá rapita Marazzi, sorry!!! :lol:

in che senso l´emissione vibrata aiuta il cantante? Voglio dire, come avviene questo in fisiologia?
[/quote]
E che no so io? laureato in Lettere sono! ho solo qualche vaga idea e la esporrò forse più tardi: vediamo come si sviluppa la discussione.[/quote]

Propongo sull´istante la laurea honoris causa in vociologia (cosí poi non hai piú scuse... :mrgreen: )

;-)

Ciao,
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