prima o poi ci dovremo incontrare; magari mi iscrivo al tuo club e vengo a una bella rappresentazione in Inghilterra o in Germania, così litighiamo per qualche migliaio di Km all'andata e qualche migliaio al ritorno. Sotto ti rispondo come riesco e posso.
Il fatto stesso che tu affermi che tra Pertrile e Wittrich vi sia "tanto quanto" dimostra che anche tu li hai messi a paragone traendone la tua personalissima e rispettabilissima conclusione che il loro livello sia uguale.
E' illogico affermare "non vi è opposizione", dal momento che tu stesso hai fondato il tuo giudizio su un confronto.
Non avresti detto la stessa cosa, immagino, se a Wittrich invece che Pertile avessi dovuto paragonare (che so) Martinucci...
Avresti detto (credo) che il primo è superiore al secondo. Con Pertile sei arrivato a un giudizio di uguaglianza rispetto a Wittrich e Company, proprio perché hai operato un confronto e formulato un giudizio, esattamente come Pietro.
Ma evidentemente tu puoi farlo e Pietro no!
O meglio, se lo fa Pietro (arrivando a un conclusione diversa dalla tua) allora è "esterofilia".
Mi riferivo a quanto mi ero permesso di scrivere su Pattiera che avevo (io), nel repertorio italiano, confrontato con italiani. Bagnoli (lui) ha espresso la sua opinione su Pertile confrontandolo (lui per primo) con Jadlowker e company, non io. Proprio con Wittrisch, Jadlowker e Roswaenge avrei (io) misurato Pattiera nel repertorio non italiano o, italiano, ma cantato in tedesco (lo farò appena ne avrò tempo). Obiezione respinta!!!!!!!!!!
Spero che tu mi permetta di dire come la penso...
"Leggere fra le righe" non è un buon esercizio, almeno per me.
Cercare le "intenzioni", coltivare le "impressioni" (tutti termini da te usati) e in definitiva pensare sempre che dietro le opinioni diverse dalle nostre ci sia sempre una ragione recondita è un modo un po' facile di evitare il confronto sui punti: se uno la pensa diversamente è perché ...è esterofilo.
E invece sarebbe più utile, invece che restare basiti, chiedersi perché altri ascoltatori si dilettano più ad ascoltare Roswaenge in Manrico che non Pertile.
E se non si è d'accordo, circostanziare la propria posizione.
Da dove ricavi l'idea che non voglia permetterti di dire coma la pensi? Puoi ritenere che non sia vero, ma "leggere tra le righe" non è un esercizio né buono né cattivo: si tratta di semplice, naturale, spontanea, sacrosanta esegesi del testo che ognuno di noi applica incessantemente a quanto legge; lo si fa in modo progressivamente maggiore tanto più alta è la qualità del testo che si ha sott'occhio. Non vedo perché partire dall'idea che si voglia fare i dietrologi per partito preso. Forse perché il più dietrologo è proprio chi attribuisce agli altri tale inclinazione? Non è vero che non mi chiedo come si faccia a preferire Roswaenge, ma come si faccia, caso mai, parlando di Pertile, a partire dai suoi limiti. Vi ha fatto qualcosa? Obiezione respinta!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Che il belcanto sia nato in Italia è un fatto.
Che sia IL modo corretto di cantare è un'opinione. Non è per nulla un fatto.
Anzi è un'opinione che si potrebbe smontare molto facilmente, usando le armi della logica.
Stai a vedere che il belcanto è diventato il modo "scoretto" di cantare. Se è un'opinione facilmente smontabile mi basta citarti: circostanziare per favore. Obiezione respinta!!!!!!!!!!!!!!
Partiamo dal fatto che tu credi di difendere il modo di fare l'"Opera" dalle "lesioni" di chi ne accetta l'evoluzione, ma non credo sia veramente così.
In realtà tu ti limiti a difendere solo "un" modo di intendere l'opera: quello che tu hai conosciuto e che tu hai amato.
Quello che, per usare una tua espressione, viene "leso" non è l'OPERA, ma tutt'al più l'insieme dei tuoi gusti, delle tue esperienze, delle tue preferenze, delle tue abitudini d'ascolto. Non posso credere che tu seriamente ritenga che questo "tuo" mondo (tuo e di chi condivide i tuoi gusti) sia L'OPERA e che qualunque altro orizzonte d'attesa (e ce ne sono stati tanti in quattro secoli di storia, nei milioni di persone che l'hanno ascoltata e l'ascoltano, nei cinque continenti dove l'Opera si è diffusa) non lo sia.
Io non mi scandalizzo se uno mi dice: quel che amo è questo modo di intendere l'opera e il canto. Il resto non mi interessa.
Mi scandalizzo invece (anzi mi incavolo proprio) se qualcuno mi dice: quello che io intedo E' L'OPERA, E' IL CANTO. Tutto il resto no.
Potrei risponderti sostenendo adversus te lo stesso argomento che tu utilizzi contro di me: ti limiti a ripetere che è giusto in assoluto il TUO modo di intendere l'opera, ecc., ecc.
A me pare che ognuno cerchi di affermare il proprio modo di concepire le cose. Più si argomenta a sostegno delle proprie tesi e più diventerà accoglibile quanto si propone o almeno sarà necessario confrontarcisi. Che amo un certo modo di intendere l'opera è chiaro come il sole. Non è vero però che il resto non mi interessa. Mi interessa eccome!!!!!!!!!!!! A Livorno nel 2007/2008 venne dato Dido et Aeneas di Purcell in dittico con Satyricon di Maderna: dopo la rappresentazione mi trattenni con una firma de l'Opera il quale diceva che sarebbe stato il caso di bruciare tutto perché spettacoli vocalmente indecorosi (il riferimento era a Purcell). Risposi che, sebbene la caratura vocale degli interpreti non fosse proprio entusiasmante (proprio no) bisognava assolutamente che si dessero tali opere, soprattutto con l'idea di proporre ad un pubblico di provincia esperienze culturali comunque importanti con cui, altrimenti, sarebbe privo di contatto. In certi casi è la rappresentazione "quasi" comunque sia, che è importante, non l'elemento esecutivo. Ma qui stiamo parlando dei massimi sistemi e allora, ritengo, bisognerebbe pretendere ciò che la scuola italiana ha sempre predicato e che dovrebbe essere la prima preoccupazione. Solo applicando tutte le raccomandazioni sull'immascheramento del suono, il sostegno del fiato, il canto a fior di labbro, il tener leggeri i centri ecc.. la voce circola come si deve in teatro. Altrimenti circola come gli pare e a questo punto va bene quasi tutto. Anche la Silja in Macbeth!!! Naturalmente tutto questo ha a che fare con la capacità di leggere le esecuzioni da parte del pubblico, del fatto che un tempo l'opera era popolare ed oggi non lo è più perché non si sa bene cosa sia popolare e cosa non lo sia e (e se abbia un qualche senso porre la questione in questi termini), cosa sia d'elite e cosa non lo sia più. Bisognerebbe tirar dentro una riflessione sul rapporto tra udito e suono, tra recettività auditiva odierna e d'un tempo, un discorso sull'inquinamento sonoro, sulla naturalezza o meno della relazione tra (già detto nella discussione sull'amplificazione) emissione del suono atraverso la voce e orecchio....
Sono con te nell'affermare che il canto non è nell'opera un elemento secondario.
Cavolo che concessione!!!!!!!!!! Sono frastornato da tanta generosità!
Mi distacco invece se qualcuno afferma che il canto è "prioritario" rispetto a Teatro e Musica.
I CD si odono e non si vedono: in questo modo posso capire cos'è un'opera. I DVD invece non si guardano con l'audio azzerato. O no?
No, mi spiace. L'opera è nata come genere di teatro e musica, e come tale è rimasta in vita per quattro secoli, non come scusa per sentir cantare.
Qui siamo d'accordo. L'idea originaria era quella. Pertanto, se allarghiamo l'orizzonte, possiamo eventualmente parlare di concezione prioritaria, nella rappresentazione, relativamente al periodo di appartenenza delle opere. Ci sarà pure un criterio prioritario o una costellazione di criteri di riferimento nell'eseguire I Puritani che forse non sono quelli che vanno bene per rappresentare Mosè e Aronne, che non vanno bene per Il mondo della luna, che forse non sono è quelli che vanno bene per Tristan und Isolde. Ma in quasi tutti questi casi una tecnica esecutiva alla Kraus o alla Bergonzi /non voglio dire che Kraus sarebbe stato un grande Tristan, ovviamente) rimane una specie di stella polare.
E' il pubblico che, da svariati secoli in qua, seleziona i suoni operistici. E' il pubblico che ne valuta l'efficienza, il potenziale, il fascino.
Se il pubblico rifiuta un suono, esso non entrerà nel bagaglio dei suoni "consentiti" e non sarà ammesso nelle scuole.
Viceversa è il pubblico che autorizza i suoni nuovi e li fa "passare" come giusti.
Niente di più ovvio: a chi, se non al pubblico, è rivolto il canto? Chi dunque, se non il pubblico (anzi i pubblici della storia) è autorizzato a decidere la proprietà o meno dei suoni, la loro forza emozionale o evocativa?
Non è una domanda retorica: è una domanda seria, Teo.
Ammesso che ci siano delle regole, chi le ha fissate secondo te?
Dio? Il Logos? chi?
Chi se non la "consuetudine" derivata da una scelta originaria formulata dal pubblico?
A questo rispondo domani. Si tratta di una questione delicata e complessa. Ora è tardi e ho sonno. Buonanotte. FRITZ