Tucidide ha scritto:Ho letto molte cose, anche contrastanti, su questi Ugonotti.
Non ho capito se Matteo abbia ascoltato entrambi i cast. Mi piacerebbe, quando leggeremo le sue impressioni, avere qualche chiarimento sulla superiorità del primo cast rispetto al secondo, in particolare di Cutler su Osborn.
Purtroppo Tucidide, la mia recensione è arenata (come mi succede spesso) per i troppi, sconclusionati e pazzeschi impegni di queste settimane.
Fra l'altro sono appena tornato da Barcellona e già mi devo preparare alla partenza per Aix, dove assisterò a ben tre spettacoli fantasmagorici (fra cui la Traviata della Dessay, la Clemenza McVicar-Davis e il Naso Ono-Kentridge).
Comunque su questo punto posso anticipare una risposta, anche perché credo sia molto interessante.
Premessa: un primo cast è un primo cast; mentre un secondo è un secondo cast!
Sembra una banalità ma non è così! Per chi ha fatto le scelte, per chi ha deciso le scritture (e soprattutto per Minkowsky, che ha fatto appello ad artisti a lui ben noti) il cast che conta è il primo!
E lo stesso vale per il pubblico: non è un caso che per le recite col primo cast fosse tutto esaurito, mentre con quelle del secondo i biglietti te li tirassero dietro.
Così come non è un caso che la radiodiffusione sia stata con il primo cast.
E se per caso (come tutti ci auguriamo, data la bellezza dello spettacolo) uscirà un video, sarà col primo cast.
Organizzare un secondo cast e, tutto sommato, di livello buono era una necessità, vista l'enorme quantità di "prime parti" che gli Ugonotti prevedono.
E considerata anche la difficoltà di queste parti (Raoul anzitutto) non si poteva certo puntare su "cover" o su cantanti scarsamente probanti.
Ci voleva qualcuno (ed è già una grossa difficoltà) che avesse tutte le note. E Osborne, fra i cantanti oggi in circolazione, le note le ha.
Poiché, ripeto, non puoi chiedere a un Osborne di fare da "cover", lo piazzi al secondo cast e intanto lo tieni lì, caso mai succedesse qualcosa.
Questa premessa è importante per chiarire che, nell'ottica della produzione e soprattutto di Minkowski, Cutler e Osborne non si equivalevano affatto.
Non erano due grandi tenori allo stesso livello, ecc... eccc....
L'uno era "il" Raoul di questa produzione, quello voluto dal direttore, quello su cui tutti gli equilibri sonori e teatrali sono stati considerati: in una parola, QUELLO DEL PRIMO CAST.
L'altro era una "copertura" del teatro, nel malaugurato caso in cui Cutler non fosse in grado di esibirsi.
Lo stesso Minkowsky prende posizione in merito ai due tenori.
Lo fa con un certo imbarazzo, ovviamente, perché non può rischiare di mancare di rispetto a un Osborne che comunque non è di solito tenore da piazzare al secondo cast.
E così, specificando le ragioni che lo hanno mosso a tali scelte, egli scrive:
"le opere del Grand-Opéra sono potute esistere grazie a certi cantanti: o per lo meno, senza di loro Meyerbeer non avrebbe composto allo stesso modo"(parentesi... questo vuol dire che Meyerbeer non avrebbe scritto la parte di Raoul allo stesso modo se invece di Nourrit avesse avuto Duprez... mi sembra ovvio). Torniamo a Minkowsky
"per esempio ci troviamo qui un tenore molto acuto che è il prolungamento dell'Haute-Contre Francese dai tempi di Rameau"(altra parentesi: a chi si sta riferendo se non appunto a Nourrit?).
Più avanti, parlando del doppio cast di Bruxelles, scrive:
"Qui alla Monnaie abbiamo in Raoul un "grand-lyrique" e un "lyrique léger", varietà che corrisponde a ciò che Meyerbeer ha potuto conoscere con Nourrit e Duprez (che fu il suo successore)".eheheheh... Qui Minkowsky cade in contraddizione.
A parte il discutibile uso della terminologia ( "grand-lyrique" e "lyrique léger" sono definizione abborracciate nella quali non si riconoscerebbero né Nourrit, né Duprez, né Cutler, né Osborne), il direttore ha appena esaltato i rapporti strettissimi fra la vocalità Nourrit e l'ordito orchestrale, ha appena scritto che senza Nourrit Meyerbeer avrebbe scritto diversamente la parte, ha appena vantato l'accuratezza dell'edizione critica...
E nonostante questo ora ci viene a dire che ...Osborne è stato scelto perché rappresenta il tenore alla Duprez? (tenore per cui non una nota dell'opera è mai stata ritoccata dall'autore?).
La verità emerge chiaramente da queste righe.
Cutler è il tenore che Minkowski ha voluto (e non Osborne) per i suoi Ugonotti.
Anche perché Cutler è l'unico tenore attuale che possa rendere il vero spirito nourrittiano.
Osborne è solo la (pallida, pallidissima) imitazione del classico tenore alla Duprez, che è quello - grosso modo - giunto fino ai nostri giorni.
Cutler invece ha qualcosa di diverso...
Intanto la musicalità: la capacità di respirare con la melodia, di adornare la frase di rubati, di alleggerire il cantabile in sfumature sublimi.
Ed è proprio la straordinaria musicalità che divideva un "professore" come Nourrit, da un posteggiatore muscoloso come Duprez (Berlioz scrisse cose terribili sulla musicalità di Duprez).
Poi la profondità interpretativa: attore consumatissimo, vera torcia da palcoscenico, Cutler ha l'incredibile pregio di saper sfumare il gesto in ripiegamento, nobilità, ironia, il tutto estremamente introspettivo.
La grande differenza con i tenori alla Osborne è che l'esteriorità battagliera di questi ultimi si tramuta, in Cutler, in sensibilità intellettuale, inquieta, ironica.
Non è un caso che Cutler dia un'interpretazione memorabile del Pastore del RE Ruggero, altro ruolo che richiede magia, ripiegamento, fragilità, ironia, e un senso musicale e attorale grandioso.
Anche la vocalità è semplicemente rivelatrice.
Era Nourrit una trombetta? Era un tenore da squilli e da battaglia? Come appunto Duprez? Come tutti gli Osborne?
No! La ragione della radicale contrapposizione con Duprez era proprio questa.
La sua era la voce del sospiro e della disperazione, dell'ironia amara e della profondità ferita: la voce di colui che importò in Francia i quasi contemporanei Lieder di Schubert (ce li avresti visti Lauri Volpi, Corelli, Osborne - i figli e nipoti di Duprez - nei Lieder di Schubert?).
Personalmente a quegli Ugonotti ho ascoltato Cutler come una rivelazione.
Finalmente sento cantare e interpretare un ruolo Nourrit nella sua giusta dimensione vocale, musicale, attorale.
Poi è vero che, oltre il do, la voce si fa schiacciata e poco gradevole... ma nemmeno Nourrit aveva quelle note (si suicidò perché non sapeva agganciare un do di petto). In compenso Cutler ha, al centro, il velluto sognante, il colore "sombré", la morbidezza elegiaca che nessun tenore, tranne Gedda, ha mai associato a questi personaggi (salvo che Gedda mancava di gioventù e sincerità, tutte cose che Cutler possiede in massimo grado).
Non parliamo poi del raffinatissimo uso del falsetto, con cui Cutler gestisce i suoi pianissimi (le frasi finali della benedizione sono da togliere il fiato).
Non parliamo dell'incredibile varietà attorale e mimica, capace di trasalimenti autenticamente tragici (alla Nourrit appunto) come di ironia irridente e intellettuale (fino al vero e proprio atto sessuale compiuto, per volontà del regista, con la regina Margherita: ci avrei voluto vedere Osborne in quella scena o peggio ancora Kunde... che riproporrà lo stesso spettacolo - Dio ne guardi - all'Opera du Rhin).
Beckmesser era presente.
Dica lui se il Raoul di Cutler non è stato semplicemente rivelatore di quel chimerico "quid Nourrit" di cui tanto abbiamo parlato e che ancora, nel '900, nessuno aveva mai sentito.
Poi è chiaro che se non ce ne frega niente del Quid Nourrit e ci va bene il Raoul violentato alla Duprez, noioso ed eroicizzante, con le pose da cavaliere buono e gli acuti a trombetta, allora consiglio non Osborne, bensì Corelli...
Personalmente non ho dubbi: dopo l'Amenophi a Salisburgo con Muti e il Raoul a Bruxelles con Minkowsky, io eleggo Cutler a unico possibile interprete Nourrit non di oggi, ma di tutta la storia del disco.
Sentirò Spyres l'anno prossimo a Parigi (Masaniello) e Florez al Covent GArden. Ma fin d'ora ho molti dubbi.
Salutoni e scusate la risposta un po' arruffata per il poco tempo,
Matteo