Les Huguenots (Meyerbeer)

recensioni e commenti di spettacoli visti dal vivo

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Les Huguenots (Meyerbeer)

Messaggioda MatMarazzi » gio 16 giu 2011, 20:01

Ebbene sì... ieri ho visto la super-produzione di Bruxelles degli Ugonotti, prima tappa di una vera e propria rinascita del genere ad opera delle grandi Maisons dell'opera (cui faranno seguito la Muette all'Opéra Comique e il Robert le Diable alla ROH).
Come sempre (per la gioia di quei due o tre coglioncelli che ancora ci chiamano "esterofili") sono tutte operazioni che nascono in Belgio, proseguono a Parigi e finiscono a Londra...
E noi siamo esterofili perché, amando l'opera, vogliamo andarci?
Certo, per frequentare i teatri esteri e godere di questi spettacoli bisogna saper scegliere! Non è possibile, non è pensabile che tutto ciò che si fa a Bruxelles o a Londra sia di livello eccelso! :)
Il fatto è che se qualcosa di eccelso c'è, è in questi teatri che lo si trova!
Basta saperlo scegliere! :)
C'è un ben noto e inevitabile vecchietto sul web italiano (di quelli che ci leggano avidamente e poi riportano per vari siti frasi intere copiate da noi) che ha scritto, parlando di me, che dovunque vada io torno con recensioni entusiastiche, da pellegrino di santuario.
A parte che non è del tutto vero, è pur vero che nei sei-sette spettacoli che ogni anno organizzo di vedermi all'estero (di più non potrei permettermi ovviamente) ho cura di scegliere cose importanti! :)
E' colpa mia se sono capace di selezionare gli spettacoli migliori invece di andare per i teatrucoli della periferia tedesca a beccarmi quel che capita o di organizzare un weekendino low cost a Parigi e, già che sono lì, farmi la fila per qualche posticino in piedi alla ripresa di qualche stravecchio spettacolo alla Bastille e poi uscirmene con recensioni perplesse (tutta qui l'Opera all'estero?) su qualche blogghino affamato di testimonianze estere che gli diano un po' di tono....
Saper scegliere gli spettacoli più importanti, cosa in teoria facilissima, in pratica non lo è....
Altrimenti, i vecchietti suddetti, invece che leggere avidamente le mie recensioni e poi manifestare la loro gelosia, farebbero bene ad andarci anche loro a vedere la Salome con i Berliner, Rattle e Herheim, o l'Ariana di Guth, o il Comte Ory con la Bartoli, o il Franco Cacciatore di Gardiner o questi Ugonotti...
E scegliere impone attenzione: ad esempio al cast!
Questi Ugonotti presentavano due cast: il primo con una serie di nomi assolutamente necessari al risultato finale, alla poetica di Minkowski (in particolare Cutler, la Petersen, la Leshneva), il secondo con nomi non solo meno altisonanti, ma quel che è peggio (è il caso di Osborne) lontanissimi dal senso stesso dell'operazione, scelti solo in virtù del fatto di possedere, se non altro, le note.

A dispetto di una regia con vari limiti, a dispetto di piccole fastidiose ombre nei ruoli secondari (e talvolta primari, considerando che né Varnier come Marcel, nè stranamente la Delunsch Valentine hanno tenuto tutte le promesse) questi Ugonotti sono stati fantasmagorici, sensazionali, esaltati da un Minkowski semplicemente incendiario e da alcuni interpreti capaci di sbatterci in faccia la verità di personaggi che pensavamo, credevamo di aver capito (Cutler e la Petersen).
Una gioia, amplificata dal fatto di ritrovarmi lì, senza preavviso, una colonna di Operadisc come Beckmesser, anche lui entusiasta, anche lui... uno che se si muove per spettacoli lo fa a ragion veduta!

Mi dispiace per il vecchietto di cui sopra, ma per vedere grandi spettacoli non occorre andare a Fatima e in altri luoghi miracolistici! In quelli si va semmai per chiedere la grazia di saper scegliere cosa andare a vedere e cosa no!

Al più presto vi preparerò una recensione.
Salutoni,
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Re: Les Huguenots (Meyerbeer)

Messaggioda pbagnoli » ven 17 giu 2011, 8:14

MatMarazzi ha scritto:

Mi dispiace per il vecchietto di cui sopra, ma per vedere grandi spettacoli non occorre andare a Fatima e in altri luoghi miracolistici! In quelli si va semmai per chiedere la grazia di saper scegliere cosa andare a vedere e cosa no!

L'uomo di cui parli, che pure avrebbe un sito ove scrivere, si adatta a una chatbox con atteggiamento mistico-adorante nei confronti di chi comanda e con due target essenziali:
:arrow: parlare male di noi (in particolare di te), sempre e comunque, in qualunque discussione
:arrow: apprezzare un'interpretazione che sia precedente alla più decrepita disponibile, tanto per dimostrare ai giovani di essere più realista del re
Sono due aspetti che gli permettono di essere parzialmente apprezzato nel salotto ove scrive, ma non al punto di ammetterlo nelle stanze più elitarie.
E' - insomma - un uomo di chat: e pertanto, al posto tuo, smetterei di parlarne. Conta come il due di bastoni quando la briscola è a coppe; e comunque dice cose di nessun interesse.
Un salutone e tanta sincera invidia per gli spettacoli cui assisti :evil:
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
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Re: Les Huguenots (Meyerbeer)

Messaggioda Tucidide » lun 27 giu 2011, 23:00

Ho letto molte cose, anche contrastanti, su questi Ugonotti.
Non ho capito se Matteo abbia ascoltato entrambi i cast. Mi piacerebbe, quando leggeremo le sue impressioni, avere qualche chiarimento sulla superiorità del primo cast rispetto al secondo, in particolare di Cutler su Osborn.
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Re: Les Huguenots (Meyerbeer)

Messaggioda MatMarazzi » mar 28 giu 2011, 16:17

Tucidide ha scritto:Ho letto molte cose, anche contrastanti, su questi Ugonotti.
Non ho capito se Matteo abbia ascoltato entrambi i cast. Mi piacerebbe, quando leggeremo le sue impressioni, avere qualche chiarimento sulla superiorità del primo cast rispetto al secondo, in particolare di Cutler su Osborn.


Purtroppo Tucidide, la mia recensione è arenata (come mi succede spesso) per i troppi, sconclusionati e pazzeschi impegni di queste settimane.
Fra l'altro sono appena tornato da Barcellona e già mi devo preparare alla partenza per Aix, dove assisterò a ben tre spettacoli fantasmagorici (fra cui la Traviata della Dessay, la Clemenza McVicar-Davis e il Naso Ono-Kentridge).
Comunque su questo punto posso anticipare una risposta, anche perché credo sia molto interessante.

Premessa: un primo cast è un primo cast; mentre un secondo è un secondo cast!
:)
Sembra una banalità ma non è così! Per chi ha fatto le scelte, per chi ha deciso le scritture (e soprattutto per Minkowsky, che ha fatto appello ad artisti a lui ben noti) il cast che conta è il primo!
E lo stesso vale per il pubblico: non è un caso che per le recite col primo cast fosse tutto esaurito, mentre con quelle del secondo i biglietti te li tirassero dietro.
Così come non è un caso che la radiodiffusione sia stata con il primo cast.
E se per caso (come tutti ci auguriamo, data la bellezza dello spettacolo) uscirà un video, sarà col primo cast.

Organizzare un secondo cast e, tutto sommato, di livello buono era una necessità, vista l'enorme quantità di "prime parti" che gli Ugonotti prevedono.
E considerata anche la difficoltà di queste parti (Raoul anzitutto) non si poteva certo puntare su "cover" o su cantanti scarsamente probanti.
Ci voleva qualcuno (ed è già una grossa difficoltà) che avesse tutte le note. E Osborne, fra i cantanti oggi in circolazione, le note le ha.
Poiché, ripeto, non puoi chiedere a un Osborne di fare da "cover", lo piazzi al secondo cast e intanto lo tieni lì, caso mai succedesse qualcosa.

Questa premessa è importante per chiarire che, nell'ottica della produzione e soprattutto di Minkowski, Cutler e Osborne non si equivalevano affatto.
Non erano due grandi tenori allo stesso livello, ecc... eccc....
L'uno era "il" Raoul di questa produzione, quello voluto dal direttore, quello su cui tutti gli equilibri sonori e teatrali sono stati considerati: in una parola, QUELLO DEL PRIMO CAST.
L'altro era una "copertura" del teatro, nel malaugurato caso in cui Cutler non fosse in grado di esibirsi.

Lo stesso Minkowsky prende posizione in merito ai due tenori.
Lo fa con un certo imbarazzo, ovviamente, perché non può rischiare di mancare di rispetto a un Osborne che comunque non è di solito tenore da piazzare al secondo cast.
E così, specificando le ragioni che lo hanno mosso a tali scelte, egli scrive:
"le opere del Grand-Opéra sono potute esistere grazie a certi cantanti: o per lo meno, senza di loro Meyerbeer non avrebbe composto allo stesso modo"
(parentesi... questo vuol dire che Meyerbeer non avrebbe scritto la parte di Raoul allo stesso modo se invece di Nourrit avesse avuto Duprez... mi sembra ovvio). Torniamo a Minkowsky
"per esempio ci troviamo qui un tenore molto acuto che è il prolungamento dell'Haute-Contre Francese dai tempi di Rameau"
(altra parentesi: a chi si sta riferendo se non appunto a Nourrit?).
Più avanti, parlando del doppio cast di Bruxelles, scrive:
"Qui alla Monnaie abbiamo in Raoul un "grand-lyrique" e un "lyrique léger", varietà che corrisponde a ciò che Meyerbeer ha potuto conoscere con Nourrit e Duprez (che fu il suo successore)".

eheheheh... Qui Minkowsky cade in contraddizione.
A parte il discutibile uso della terminologia ( "grand-lyrique" e "lyrique léger" sono definizione abborracciate nella quali non si riconoscerebbero né Nourrit, né Duprez, né Cutler, né Osborne), il direttore ha appena esaltato i rapporti strettissimi fra la vocalità Nourrit e l'ordito orchestrale, ha appena scritto che senza Nourrit Meyerbeer avrebbe scritto diversamente la parte, ha appena vantato l'accuratezza dell'edizione critica...
E nonostante questo ora ci viene a dire che ...Osborne è stato scelto perché rappresenta il tenore alla Duprez? (tenore per cui non una nota dell'opera è mai stata ritoccata dall'autore?).
:)
La verità emerge chiaramente da queste righe.
Cutler è il tenore che Minkowski ha voluto (e non Osborne) per i suoi Ugonotti.
Anche perché Cutler è l'unico tenore attuale che possa rendere il vero spirito nourrittiano.
Osborne è solo la (pallida, pallidissima) imitazione del classico tenore alla Duprez, che è quello - grosso modo - giunto fino ai nostri giorni.
Cutler invece ha qualcosa di diverso...

Intanto la musicalità: la capacità di respirare con la melodia, di adornare la frase di rubati, di alleggerire il cantabile in sfumature sublimi.
Ed è proprio la straordinaria musicalità che divideva un "professore" come Nourrit, da un posteggiatore muscoloso come Duprez (Berlioz scrisse cose terribili sulla musicalità di Duprez).
Poi la profondità interpretativa: attore consumatissimo, vera torcia da palcoscenico, Cutler ha l'incredibile pregio di saper sfumare il gesto in ripiegamento, nobilità, ironia, il tutto estremamente introspettivo.
La grande differenza con i tenori alla Osborne è che l'esteriorità battagliera di questi ultimi si tramuta, in Cutler, in sensibilità intellettuale, inquieta, ironica.
Non è un caso che Cutler dia un'interpretazione memorabile del Pastore del RE Ruggero, altro ruolo che richiede magia, ripiegamento, fragilità, ironia, e un senso musicale e attorale grandioso.
Anche la vocalità è semplicemente rivelatrice.
Era Nourrit una trombetta? Era un tenore da squilli e da battaglia? Come appunto Duprez? Come tutti gli Osborne?
No! La ragione della radicale contrapposizione con Duprez era proprio questa.
La sua era la voce del sospiro e della disperazione, dell'ironia amara e della profondità ferita: la voce di colui che importò in Francia i quasi contemporanei Lieder di Schubert (ce li avresti visti Lauri Volpi, Corelli, Osborne - i figli e nipoti di Duprez - nei Lieder di Schubert?).


Personalmente a quegli Ugonotti ho ascoltato Cutler come una rivelazione.
Finalmente sento cantare e interpretare un ruolo Nourrit nella sua giusta dimensione vocale, musicale, attorale.
Poi è vero che, oltre il do, la voce si fa schiacciata e poco gradevole... ma nemmeno Nourrit aveva quelle note (si suicidò perché non sapeva agganciare un do di petto). In compenso Cutler ha, al centro, il velluto sognante, il colore "sombré", la morbidezza elegiaca che nessun tenore, tranne Gedda, ha mai associato a questi personaggi (salvo che Gedda mancava di gioventù e sincerità, tutte cose che Cutler possiede in massimo grado).
Non parliamo poi del raffinatissimo uso del falsetto, con cui Cutler gestisce i suoi pianissimi (le frasi finali della benedizione sono da togliere il fiato).
Non parliamo dell'incredibile varietà attorale e mimica, capace di trasalimenti autenticamente tragici (alla Nourrit appunto) come di ironia irridente e intellettuale (fino al vero e proprio atto sessuale compiuto, per volontà del regista, con la regina Margherita: ci avrei voluto vedere Osborne in quella scena o peggio ancora Kunde... che riproporrà lo stesso spettacolo - Dio ne guardi - all'Opera du Rhin).

Beckmesser era presente.
Dica lui se il Raoul di Cutler non è stato semplicemente rivelatore di quel chimerico "quid Nourrit" di cui tanto abbiamo parlato e che ancora, nel '900, nessuno aveva mai sentito.

Poi è chiaro che se non ce ne frega niente del Quid Nourrit e ci va bene il Raoul violentato alla Duprez, noioso ed eroicizzante, con le pose da cavaliere buono e gli acuti a trombetta, allora consiglio non Osborne, bensì Corelli...

Personalmente non ho dubbi: dopo l'Amenophi a Salisburgo con Muti e il Raoul a Bruxelles con Minkowsky, io eleggo Cutler a unico possibile interprete Nourrit non di oggi, ma di tutta la storia del disco.
Sentirò Spyres l'anno prossimo a Parigi (Masaniello) e Florez al Covent GArden. Ma fin d'ora ho molti dubbi.

Salutoni e scusate la risposta un po' arruffata per il poco tempo,
Matteo
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Re: Les Huguenots (Meyerbeer)

Messaggioda Tucidide » mar 28 giu 2011, 17:56

Grazie mille. Beh, direi che su Cutler - Nourrit - Raoul hai già scritto tutto lo scrivibile :mrgreen: Involontariamente ti ho sollecitato la penna. : Sig :
Molto interessanti le considerazioni. E' possibile che in un ruolo Nourrit Cutler risulti valido, credibile e convincente. Purtroppo, l'ascolto dei Puritani con la Netrebko mi aveva talmente lasciato interdetto da giudicarlo, forse superficialmente, come elemento ancora da "rodare".
Una cosa mi incuriosisce:
Poi è vero che, oltre il do, la voce si fa schiacciata e poco gradevole... ma nemmeno Nourrit aveva quelle note (si suicidò perché non sapeva agganciare un do di petto).

Se parliamo dell'emissione "di petto" è verissimo, purtroppo. :cry: Ma in falsettone, credo che Nourrit fosse tutt'altro che sgradevole, se è vero che i ruoli scritti per lui abbondano di note sopra il rigo, che egli eseguiva tutte rigorosamente di testa.
Da quel che ho capito dalla tua descrizione, Cutler in falsettone sa farsi valere (devo ancora scaricare la registrazione, quindi non l'ho sentito), molto meno a voce "piena". Allora, mi chiedo, perché non ha osato cantare TUTTO il registro acuto in falsettone? Se un tenore avesse le palle di presentarsi davanti ad un pubblico con un'emissione totalmente "alla Nourrit" e non "alla Duprez", io sarei felicissimo! :D
E se fosse realmente bravo, credo che in molti apprezzerebbero. : Sailor :

A proposito. Spyres, sentito nella Cenerentola, potrebbe essere un altro tenore di caratteristiche simili: è debole in acuto, ma non usa il falsettone se non in casi rari, e guarda caso in quelle occasioni la voce è molto più naturale. Non so... potrebbe essere una sorpresa. : Thumbup :
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Re: Les Huguenots (Meyerbeer)

Messaggioda MatMarazzi » mar 28 giu 2011, 18:29

Tucidide ha scritto:Molto interessanti le considerazioni. E' possibile che in un ruolo Nourrit Cutler risulti valido, credibile e convincente. Purtroppo, l'ascolto dei Puritani con la Netrebko mi aveva talmente lasciato interdetto da giudicarlo, forse superficialmente, come elemento ancora da "rodare".


Ben detto.
E se senti il suo Duca (pantofolaio e zanzaresco) ti irriterà ancora di più.
Sono sempre più convinto (anzi, no... sono già convinto al massimo, di più non si può :)) che sia indispensabile trovare il "quid" di tutti i cantanti e cercare affinità con quello dei creatori.
Cutler è l'anti-tenore, in base alle definizioni romantiche e novecentesche di questo registro.
E' sottile, multiforme, inquieto e sarcastico. Non regge nei ruoli Rubini (Puritani) e risulta troppo greve per quelli "ingenui" dell'Opéra Lyrique.
NOn ha il virtuosismo per cimentarsi con Rossini, né il fascino per i personaggi "comici" di Mozart.
Si fa presto, sentendolo in queste parti (che sono quelle che i direttori artistici attribuiscono alle voci come la sua) a sottovalutarlo.
Anche per me fu uno shock sentirlo nel Moise di Muti a Salisburgo: in un cast piuttosto modesto (in cui regista e direttore la facevano da padroni, travolgendo i personaggi) solo lui si staccava, con una visione del personaggio nuovissima, con una capacità di morbidezza e persuasione da lasciare di stucco.
Poi venne l'altro shock del Kroll Roger parigino.
Questi Ugonotti sono stati una conferma.

Se parliamo dell'emissione "di petto" è verissimo, purtroppo. :cry: Ma in falsettone, credo che Nourrit fosse tutt'altro che sgradevole, se è vero che i ruoli scritti per lui abbondano di note sopra il rigo, che egli eseguiva tutte rigorosamente di testa.
Da quel che ho capito dalla tua descrizione, Cutler in falsettone sa farsi valere (devo ancora scaricare la registrazione, quindi non l'ho sentito), molto meno a voce "piena". Allora, mi chiedo, perché non ha osato cantare TUTTO il registro acuto in falsettone?


Non è che Cutler non abbia il registro sopracuto di petto. Ce l'ha. Solo che la voce assume rifrazioni non proprio piacevoli.
Per arrivare a un interprete odierno che canti tutti i ruoli Nourrit in falsetto (e allora perché non DAvid e Nozzari e Garcia?) c'è ancora della strada da compiere, caro il mio Tuc. Il pubblico non sarebbe pronto.
E non è questione di palle! Nemmeno Merrit e Blake le hanno avute!

Diciamo che, nell'obbiettivo di giungere a questo risultato (a cui arriveremo di sicuro, come da tempo auspico), Cutler è un'ottima approssimazione.
Usa ampiamente il falsetto, ma non fino al punto di esibirlo in quei due o tre punti scopertissimi ed attesi, come il vocalizzo finale della prima aria, o la cadenza al re bemolle di "Tu l'as dit"; lì è necessario scendere a patti con un pubblico che non è ancora disposto a rinunciare al suono di petto (e nemmeno Minkowsky, che ha richiesto spesso il falsetto ai suoi tenori gluckiani, qui lo ha preteso).
In compenso sul do bemolle di "tu m'aimes" (non il primo ovviamente, e nemmeno il secondo, bensì il terzo) Cutler ci dimostra che il falsetto in acuto ce l'avrebbe eccome.. e pure molto bello.

Va poi detto che Cutler, pur non essendo un acutaro al cardiopalma, non è "corto".
Di petto i re bemolle li tira fuori. Non saranno bellissimi, ma ci sono (anche se su questo fronte i nostalgici di Corelli avranno apprezzato di più Osborne e tutti i "finti" Raoul di tradizione novecentesca).
Semmai un piccolo incidente (l'unico della serata) è stato sfiorato sul do di "Courons".
Peccato perché finalmente il brano era stato eseguito e accompagnato nel modo meno cabalettaro possibile. Finalmente non è stato trattato come un "nonno della pira".

Spyres, sentito nella Cenerentola, potrebbe essere un altro tenore di caratteristiche simili: è debole in acuto, ma non usa il falsettone se non in casi rari, e guarda caso in quelle occasioni la voce è molto più naturale. Non so... potrebbe essere una sorpresa. : Thumbup :


Spyres non è proprio debole in acuto, avercene... :) e, alcuni mesi fa, proprio Teo4ottave (sul nostro forum) l'aveva proposto come alternativa Nourrit.
Devo dire che il nostro forum è anticipatore degli eventi: :) Com'è come non è, dopo aspre consultazioni, all'Opéra Comique hanno scelto lui per Masaniello.
Ora resta da vedere chi dei due sia più "nourritiano". Io voto Cutler senza pensarci...
Perché , come ho già detto varie volte, il "quid Nourrit" non consiste solo in un fatto vocale, ma anche poetico, espressivo, intellettuale.

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Re: Les Huguenots (Meyerbeer)

Messaggioda pbagnoli » mar 28 giu 2011, 21:35

Posso essere d'accordo sul quid Nourrit di Cutler; ma non sulla mancanza di sincerità di Gedda!
Mi sto ascoltando il duettone - tra l'altro, eccezionali Minkowski e la Delunsch, Valentine meravigliosa per quello che si ascolta: apprezzo incondizionatamente alcune bellezze vocali di Cutler che davvero rimandano alle cose sbalorditive che faceva sentire Gedda.
Ma questo è Gedda:

Io credo che questa parte non abbia veramente conosciuto nulla di meglio: sicurezza in tutta la gamma, dominio diabolico delle smorzature ad altissima quota, uso perfetto del registro di testa, emissione contraltina, acuti lucenti come lame, accento virile e dolcemente malinconico allo stesso tempo.
Me l'avevi fatto ascoltare tu la prima volta, ricordi? A tutt'oggi, quando voglio far capire a qualcuno cos'è l'arte della voce di tenore, gli faccio sentire questo spezzone perché c'è tutto.
Purtroppo sul Tubo non c'è ancora il video di Cutler per poter fare un'utile comparazione.
Poi, ovviamente, sono d'accordo: l'arte dell'esecuzione non è statica, è dinamica, dobbiamo andare avanti e sì, certo, ben venga un Minkowski che recupera questi capolavori, si pone i problemi esecutivi di far rivivere l'arte di Nourrit e - sia lode a lui per questo - dà un ruolo Falcon alla Delunsch; ma, per il momento, pur mancandomi l'ascolto dal vivo, tendo a preferire ancora il mio vecchio Nicolai
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Re: Les Huguenots (Meyerbeer)

Messaggioda Tucidide » mar 28 giu 2011, 23:04

MatMarazzi ha scritto:Per arrivare a un interprete odierno che canti tutti i ruoli Nourrit in falsetto (e allora perché non DAvid e Nozzari e Garcia?) c'è ancora della strada da compiere, caro il mio Tuc. Il pubblico non sarebbe pronto.
E non è questione di palle! Nemmeno Merrit e Blake le hanno avute!

Blake no, e difatti la sua rivoluzione fu relativa ad altri aspetti. Ma Merritt aveva un approccio al registro acuto che, se non in falsettone puro, mescolava in modo molto innovativo sonorità di testa al corpo della voce di petto. La diseguaglianza timbrica che presentava ai suoi bei dì rossiniani, che qualche critico attivo sull'etere scambiava per imperizia tecnica, :) era proprio sintomo di questa scelta tecnica e stilistica.

Spyres non è proprio debole in acuto, avercene... :) e, alcuni mesi fa, proprio Teo4ottave (sul nostro forum) l'aveva proposto come alternativa Nourrit.

Spyres, sentito da vivo, mi ha invece dato l'idea di avere come tallone d'Achille proprio gli acuti. E' una voce molto naturale nel centro e soprattutto nei gravi, che risultano sonorissimi e quasi baritonali senza sforzo (merritteggia un po' : Chessygrin : ) ma in acuto non funziona sempre a dovere. Non spinge all'impazzata come Meli, certo, ma non è fornito in alto come Florez o Brownlee.
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Re: Les Huguenots (Meyerbeer)

Messaggioda MatMarazzi » mer 29 giu 2011, 2:59

pbagnoli ha scritto:Posso essere d'accordo sul quid Nourrit di Cutler; ma non sulla mancanza di sincerità di Gedda!
Mi sto ascoltando il duettone - tra l'altro, eccezionali Minkowski e la Delunsch, Valentine meravigliosa per quello che si ascolta: apprezzo incondizionatamente alcune bellezze vocali di Cutler che davvero rimandano alle cose sbalorditive che faceva sentire Gedda.
Ma questo è Gedda:
Io credo che questa parte non abbia veramente conosciuto nulla di meglio: sicurezza in tutta la gamma, dominio diabolico delle smorzature ad altissima quota, uso perfetto del registro di testa, emissione contraltina, acuti lucenti come lame, accento virile e dolcemente malinconico allo stesso tempo.


Pietro, intendiamoci.
In questa specifica pagina Gedda compone una delle più esaltanti espressioni canore di tutto il novecento. Ti posso già anticipare che Cutler non è altrettanto.
Ma il "quid Nourrit" non si ricava da una pagina.
In passato, quando parlammo dei Nouritiani novecenteschi, ho spesso detto che Gedda, al momento, figurava come il più "plausibile".
Perché aveva, oltre a queste prodezze vocali e tecniche, quel qualcosa di intellettuale e di sapiente.
Ma il quid nourrit prevede anche senso della tragedia, virilità aggressiva e sofferta, sensualità, erotismo, rabbia, oltre a quella singolare, ricorrente vocazione all'ambiguità etica (il precario equilibrio fra bene e male) che è la principale costante dei personaggi scritti per lui: vedi Robert le Diable, vedi Heleazar, vedi il Comte Ory, vedi Macbeth.
Tutto questo non c'era in Gedda: c'era una grande raffinatezza, una forbitezza lieve e arcadica, una velata ironia, una totale mancanza di eroismo e di sensualità.
L'eroismo alla Nourrit, intendiamoci, non è di quelli barricaderi, di quelli sbraitanti e maledicenti che Duprez mise in voga; in questo meglio Gedda dei Lauri Volpi.
E tuttavia di eroismo ce n'è eccome: sarà pure un eroismo corneliano, dalle sfumature intimiste e raccolte, ma c'è: l'eroe Nourrit è ipercinetico e patologico. Gedda no.

Il duettone viennese fatto da Gedda resta un must (come tu dici) dell'arte del canto, ma complessivamente non mi pare che il grande svedese ci abbia rivelato fino in fondo il mistero di questi personaggi. Ci ha aiutato a capirli un po' di più in anni in cui nessuno ci capiva nulla! E questo è molto...
Ci ha fatto comprendere quanta impostura si nascondesse dietro i Raoul alla Corelli e gli Arnould alla Pavarotti.
Ma la natura "sonora" e "poetica" delle disperazioni di Raoul e Arnould... avevano bisogno d'altro per rivelarsi pienamente.
Con Cutler (anche se in quel brano risulta molto meno "perfetto" ed esaltante) abbiamo fatto un passettino in più... almeno per me.


Tucidide ha scritto: Merritt aveva un approccio al registro acuto che, se non in falsettone puro, mescolava in modo molto innovativo sonorità di testa al corpo della voce di petto. La diseguaglianza timbrica che presentava ai suoi bei dì rossiniani, che qualche critico attivo sull'etere scambiava per imperizia tecnica, era proprio sintomo di questa scelta tecnica e stilistica.

Che il registro acuto di Merritt suonasse "strano" è un conto... ma questo non significa affatto che avesse qualcosa in comune col falsetto nozzariano.
Se cerchi rivoluzioni "con le palle" di gente che osi il falsetto in queste parti proto-romantiche, Merritt non c'entra nulla.

Spyres, sentito da vivo, mi ha invece dato l'idea di avere come tallone d'Achille proprio gli acuti. E' una voce molto naturale nel centro e soprattutto nei gravi, che risultano sonorissimi e quasi baritonali senza sforzo (merritteggia un po' ) ma in acuto non funziona sempre a dovere. Non spinge all'impazzata come Meli, certo, ma non è fornito in alto come Florez o Brownlee.


Be' se vogliamo dire che un tenore come Spyres che mitraglia i Do e i Re bemolle è corto, allora diciamolo pure! :)
Non so davvero come potremmo definire allora Bergonzi e Vickers!
A te sarà parso corto perché hai sentito Spyres nella Cenerentola, in una parte acutissima e troppo leggera per una voce come la sua. Ma da questo ad affermare che gli acuti siano il suo tallone d'achille! :)
Allora anche la Sutherland, se la ascolti nella Regina della Notte, pena disperatamente in alto e doveva abbassare la tonalità.
Avresti detto per questo che gli acuti erano il suo tallone d'Achille?

Per la stessa ragione, il paragone con Florez e Brownle, non regge. Sono vocalità infinitamente più leggere di quella di Spyres (infatti non mi pare che nessuno dei due sia stato chiamato in Ugonotti, Guglielmo Tell e Muta di Portici).
Sarebbe come se tu affermassi che la Simionato era corta di acuti...
"Come? - si chiederebbe il tuo interlocutore - Un mezzosoprano che ti spara do come folgori sarebbe corta?"
"Ok, ok... risponderesti tu - ma rispetto alla Peters":) Bella forza! :)

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Re: Les Huguenots (Meyerbeer)

Messaggioda Teo » mer 29 giu 2011, 9:20

Scusate lo sfogo ma dire che Michael Spyres abbia come tallone di Achille gli acuti davvero mi sembra grossa, ma tanto grossa.
Non voglio davvero inserire la quantità di ascolti che c'è sia sul tubo che nel suo sito (quasi tutti live tra l'altro), per cui consiglierei davvero di andare a dargli un occhiata : Thumbup :

A proposito del Raoul di Cutler, qui c'è qualcosa registrato dagli Ugonotti di Madrid.

http://ericcutler.com/ericcutler/Live_Audio.html

A me è parso davvero interessante, sopratutto per l'utilizzo del falsettone. Ad oggi, è l'unico da me ascoltato fra i tenori in carriera che lo sanno utilizzare in maniera davvero appropriata.
Se mi è concesso, ovviamente dai due ascolti proposti sul suo sito, mi pare che in alcuni momenti tendi un tantino a calare (specialmente quando canta scoperto) e come ha detto l'amico Marazzo, gli acuti sono forse un po' schiacciati e direi anche un po' biancastri. In compenso il fraseggio e la musicalità sono davvero notevoli.

Non so se Spyres sia un tenore che possa avere il "quid" Nourrit, però a mio parere lo statunitense è davvero interessante e canta con un istinto e tecnica ragguardevole.
Io spero di ascoltarlo presto o alla Scala nella prossima Donna del lago, o nel Masaniello a cui il Marazzo parteciperà sicuramente : Sailor :

Detto questo, personalmente sono comunque felicissimo di avere due nuovi interpreti sulla scena tenorile di questa caratura, anche perché oggi, non credo ci sia una così vasta scelta di interpreti.

Salutissimi.

Teo
l'idea è creatrice di vocalità...
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Re: Les Huguenots (Meyerbeer)

Messaggioda Tucidide » mer 29 giu 2011, 12:55

Teo ha scritto:Scusate lo sfogo ma dire che Michael Spyres abbia come tallone di Achille gli acuti davvero mi sembra grossa, ma tanto grossa.
Non voglio davvero inserire la quantità di ascolti che c'è sia sul tubo che nel suo sito (quasi tutti live tra l'altro), per cui consiglierei davvero di andare a dargli un occhiata : Thumbup :

MatMarazzi ha scritto:Be' se vogliamo dire che un tenore come Spyres che mitraglia i Do e i Re bemolle è corto, allora diciamolo pure!

Se vuoi, dillo tu: io non l'ho detto! :) Se ci guardi, noterai che ho detto "debole in acuto", e che "ha problemi", non che è corto. Sono due cose diverse. : Sig :
Forse devo precisare il concetto: per me avere problemi in acuto non significa essere corti, ma emettere in modo imperfetto gli acuti.
Di Stefano aveva acuti e sovracuti facilissimi, ma li emetteva aperti e quindi erano, da un certo periodo in poi, problematici, fibrosi, a volte sgradevoli. Non era corto, ma in acuto penava.
Schipa era cortissimo, ma fino all'ultima nota spendibile (che fosse un si naturale o un si bemolle a seconda del periodo di carriera) l'emissione era perfetta e quindi non aveva problemi. Era corto, ma non aveva problemi in acuto.
Spyres è per natura estesissimo, e raggiunge acuti e sovracuti con facilità, si sente che "ce li ha". Non è corto, assolutamente; però in alto l'emissione va "indietro", e in teatro, senza i microfoni, il suono è proprio qualitativamente (e anche quantitativamente) diverso dal resto della voce. Se sistemasse gli acuti, sarebbe un'iradiddio, con quelle note gravi ferme e sonorissime, di bellissimo timbro.
Quanto a Ramiro, è troppo acuto per Spyres? Sicuramente, è vero. Ma (visto che il paragone con Brownlee e Florez non va bene) uno come Merritt, che era ancora più baritonale di Spyres, non aveva problemi nei do dell'aria del II atto. Questo perché aveva un'emissione più smaliziata in acuto.
Per inciso, il medesimo problema l'avevo sentito anche in una parte molto più centrale di Ramiro, Ozia nella Betulia liberata di Mozart. Lì c'erano pochissimi acuti, e nemmeno troppo "acuti", ma già bastavano per far sentire qualche imbarazzo.
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: Les Huguenots (Meyerbeer)

Messaggioda marco » ven 08 lug 2011, 16:14

ho visto lo spettacolo di Bruxelles e concordo sull'ottima e per me sorprendente prestazione di Cutler, mi è piaciuta molto anche la Petersen, meno la Delunsch (troppi problemi vocali IMHO), su tutti comunque Minkowski che ha reso un vero Evento questo spettacolo
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