Don Carlo (Verdi)

recensioni e commenti di spettacoli visti dal vivo

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Re: La mossa di Lissner

Messaggioda Alberich » lun 08 dic 2008, 3:34

Oh beh...da quel poco che ho sentito il buon Anatolij mi è parso tra le poche robe udibili del Don Carlo scaligero. Contro ogni aspettativa Neill se l'è cavata. Gli altri? Non pervenuti. Pessimo Furlanetto, che, sulla carta, era l'unica certezza.
Che kotscherga sbraiti si sapeva di già. Che sbraiti come pochi altri, anche. A parte le due note graverrime ha dipinto un ottimo Inquisitore (nel duetto). Wiwa Anatolio, uno dei pochi cantanti per cui organizzerei una transferta.
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Re: La mossa di Lissner

Messaggioda Maugham » lun 08 dic 2008, 13:07

Alberich ha scritto:Oh beh...da quel poco che ho sentito il buon Anatolij mi è parso tra le poche robe udibili del Don Carlo scaligero. Contro ogni aspettativa Neill se l'è cavata. Gli altri? Non pervenuti. Pessimo Furlanetto, che, sulla carta, era l'unica certezza.
Che kotscherga sbraiti si sapeva di già. Che sbraiti come pochi altri, anche. A parte le due note graverrime ha dipinto un ottimo Inquisitore (nel duetto). Wiwa Anatolio, uno dei pochi cantanti per cui organizzerei una transferta.


Lungi da me l'idea di sminuire il tuo entusiasmo, però che tu chiami ottimo questo Inquisitore urlato, povero di dinamiche, con il rimpallo delle battute iniziali del duetto una più forte dell'altra, con Furlanetto che spingeva sempre di più anche lui finchè si sono ritrovati a urlare come ossessi... :shock:
Kotscherga era proprio l'unico di tutto il cast che non sapevo prevedere come avrebbe risolto il ruolo. Mi aspettavo una lettura tale che giustificasse tale scelta.
E invece, come al solito, abbiamo avuto il consueto fratacchione tonante che scaglia anatemi. Allora, se questa è l'impostazione di base, voglio almeno uno che sia a posto con le note e le forcelle.

Ora però mi fermo perchè, per quel che mi riguarda, sto dedicando fin troppa attenzione a questo Don Carlo. :roll:
Ciao
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Re: La mossa di Lissner

Messaggioda Alberich » lun 08 dic 2008, 13:38

Maugham ha scritto:Lungi da me l'idea di sminuire il tuo entusiasmo, però che tu chiami ottimo questo Inquisitore urlato, povero di dinamiche, con il rimpallo delle battute iniziali del duetto una più forte dell'altra, con Furlanetto che spingeva sempre di più anche lui finchè si sono ritrovati a urlare come ossessi... :shock:
Kotscherga era proprio l'unico di tutto il cast che non sapevo prevedere come avrebbe risolto il ruolo. Mi aspettavo una lettura tale che giustificasse tale scelta.
E invece, come al solito, abbiamo avuto il consueto fratacchione tonante che scaglia anatemi. Allora, se questa è l'impostazione di base, voglio almeno uno che sia a posto con le note e le forcelle.

Ora però mi fermo perchè, per quel che mi riguarda, sto dedicando fin troppa attenzione a questo Don Carlo. :roll:
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Ma non devi prendere troppo sul serio quello che ho scritto... :mrgreen: Nella cornice di questo Don Carlo, l'Inquisitore mi è parso quasi interessante, a differenza del resto. Proprio per quello che dici tu: berciante, sgraziato, con la dizione impastata...almeno sembra aver provato a tirar fuori un personaggio.
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Re: La mossa di Lissner

Messaggioda Rodrigo » lun 08 dic 2008, 15:26

Dall'ascolto radiofonico, per la verità non completo, la serata scaligera non mi ha particolarmente entusiasmato...
Anzitutto non ho capito dove volesse andare a parare Gatti: alcuni momenti mi sono parsi letargici, altri staccati a tutta birra. La scena più complessa, l'auto da fé, è andata via con un suono vagamente volgarotto da parte della banda che mi ha fatto rimpiangere il buon Santini. Ben riuscito invece il monologo di Filippo e alcune sottolineature nel duetto con l'Inquisitore.
Del cast mi è piaciuto soprattutto Furlanetto, anche se la sua prova nel III atto è stata "azzoppata" da un Inquisitore obiettivamente insufficiente come basso profondo. Se non ricordo male fu Massimo Mila a scrivere che, paradossalmente, dovrebbe avere una voce più bella l'Inquisitore che non Filippo stesso.
Anche Posa mi ha deluso. Ci saranno pur state intenzioni drammatiche del canto di Jenis ma mancava totalmente quella morbidezza nel canto che ritengo essenziale in un ruolo così aristocratico. Troppe durezze e qualche bercio!
Il don Carlo di Neil, a parte il timbro un po' asprigno, mi è parso cantato abbastanza bene.
Delle signore mi è piaciuta molto la Zaijc, meno la Cedolins che alla radio sembrava affetta da un vibrato fastidioso ad onta di un colore piacevole.
In definitiva confesso che mi era piaciuto di più il Don Carlo fiorentino Mehta-Frittoli-Armiliato-Scandiuzzi.
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Re: La mossa di Lissner

Messaggioda pbagnoli » lun 08 dic 2008, 19:41

In home abbiamo messo qui il commento ufficiale della redazione di Operadisc
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
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Re: La mossa di Lissner

Messaggioda VGobbi » lun 08 dic 2008, 20:08

Letta. Al di la' delle considerazioni personali, soggettive sulla prova di ciascun cantante e del direttore, condivido in toto il pensiero di OD.

Non a caso, quest'anno non ho rinnovato l'abbonamento alla Scala. E la "prima" scaligera che dovrebbe essere, piu' o meno, il sunto della stagione teatrale, gia' si preannuncia di rara mediocrita' e di poverta' d'idee desolante. Nonostante cio', confido ancora in Lissner e nella proposta della nuova stagione 2009/2010. L'ultima prova di appello.

Uscendo fuori tema. Un'opera che merita di essere seguita, visto la presenza di Furlanetto, credo che sia "L'assassino nella Cattedrale" di Pizzetti. Una sorta di "one man show" che un basso della statura di Ferruccio non dovra' assolutamente lasciarsi sfuggire. Sara' in grado di non far rimpiangere Nicola Rossi-Lemeni?
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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Re: La mossa di Lissner

Messaggioda pbagnoli » lun 08 dic 2008, 21:02

VGobbi ha scritto:Letta. Al di la' delle considerazioni personali, soggettive sulla prova di ciascun cantante e del direttore, condivido in toto il pensiero di OD.


Le mie grazie vi rendo.
Purtroppo avrei preferito dire cose diverse, ma - per una volta - non esco per niente contento di quello che ho visto
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Re: La mossa di Lissner

Messaggioda Luca » mar 09 dic 2008, 19:35

Anche io condivido il pensiero di Pietro, sebbeno non abbia visto che i pochi brani inseriti in internet. Esprimo qualche parere personale: l'aspetto peggiore della vicenda è il negare i legami di quest'operona con il Grand'Opera francese con allestimenti minimi e minimalisti (qui a Roma avremo a gennaio Aida con la regia di Wilson... :roll: ) e riproporre la versione in 4 atti invece dell'integrale in 5 (italiano o francese non conta; basta che sia integrale). Poi mi è dispiaciuto per Filianoti: l'ho ascoltato dal vivo anni orsono in Faust e non mi pare così vituperevole, tenendo conto che il personaggio di Don Carlo non è Butterfly che sta sempre in scena. Il tenore americano non era certo eccelso come rimpiazzo (mi è parso afono nei pp e abbastanza in difficoltà in alto).
Che aggiungere? Mi consolo ripensando al Don Carlo del vecchio, ma funzionale Visconti di qualche anno fa a Firenze e diretto da Mehta: cantanti forse non tutti sublimi, ma spettacolo godibile, rispettoso del tempo e vera macchina di potere e atmosfera.

Salutoni, Luca.
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Re: La mossa di Lissner

Messaggioda giovanni » mar 09 dic 2008, 19:58

Dato per scontato che tutti siamo d'accordo oramai sulla mediocrità dello spettacolo del 7 dicembre, che ne dite della scelta di Gatti di aggiungere quel piccolo inedito (credo non sia nemmeno nella versione francese completissima, il Don Carlo è un'opera di cui scopro sempre nuovi brani !!!!! :D ) alla fine del terzo atto dopo la morte di Rodrigo (sullo stesso incipit del Lacrymosa dalla Messa da Requiem)? Io non l'avevo mai ascoltato e non mi è dispiaciuto: è stato come un momento di riflessione sulla morte di Rodrigo(soprattutto se si hanno in mente le note del Lacrymosa), al posto di attaccare subito la sommossa . Forse è l'unico momento che mi è rimasto stampato nella mente di questo Don Carlo scaligero.
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Re: La mossa di Lissner

Messaggioda Maugham » mar 09 dic 2008, 20:24

giovanni ha scritto: che ne dite della scelta di Gatti di aggiungere quel piccolo inedito (credo non sia nemmeno nella versione francese completissima, il Don Carlo è un'opera di cui scopro sempre nuovi brani !!!!! :D ) alla fine del terzo atto dopo la morte di Rodrigo (sullo stesso incipit del Lacrymosa dalla Messa da Requiem)?


Non è un'inedito. E' presente in molte versioni ovviamente francesi. Mi sembra che l'avesse inserito anche Abbado nella storica edizione alla Scala degli anni Settanta in italiano.
Cosa penso dell'inserimento?
Che con un basso nelle condizioni vocali di Furlanetto, Gatti poteva anche lasciar stare.
Se c'è un punto del Don Carlos dove il basso deve obbligatoriamente legare, rifinire, sfumare, controllare alla perfezione la messa di voce (visto come sono cellettiano? :wink: ) è quello.
Non si scappa.
Non a caso Raimondi nell'edizione DG con Abbado è magnifico. E con lui Abbado. un brano da antologia.
Furlanetto, ribadisco, per me è stato un notevole (a volte -issimo) Filippo II.
Non nella trenodia sul cadavere di Posa. Ci vuole un basso con un'altra impostazione.
Ciao
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Re: La mossa di Lissner

Messaggioda tatiana » mar 09 dic 2008, 23:21

pbagnoli ha scritto:Io l'ho sentita stamattina. Dicono che sia malato, ma lui dice che non è vero.
Qualcuno si dev'essere accorto che non ce la fa, e allora butta nella mischia il tenore del secondo cast forse per evitare figuracce patetiche come quelle di due anni fa.
Io credo che questo schifo di situazione - che fa abbondantemente rimpiangere non dico Riccardo Muti, ma forse addirittura Cristina Mazzavillani che, se non altro, dimostrava molto più acume nella scelta dei cantanti - debba essere denunciata.


Queste cose succedevano anche prima. E anche spesso. Ma non uscivano fuori. Rimanevano chiuse fra le mura. E succedono anche in altri teatri. Parlo per conoscenza ed esperienza dirette. Se sai quante ne ho viste. E quante proteste dopo le generali! In tanti teatri. Ma come dicevo, non uscivano fuori. Adesso se ne parla e finalmente il pubblico si rende conto di certe situazioni insostenibili dietro le quinte. Bisognerebbe denunciare si. Ce ne sarebbe da denunciare...

Scusate lo sfogo
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Re: La mossa di Lissner

Messaggioda beckmesser » mer 10 dic 2008, 18:38

Maugham ha scritto:Mi sembra che l'avesse inserito anche Abbado nella storica edizione alla Scala degli anni Settanta in italiano.


Si c’è anche in quell’edizione, ma anche in questo caso spiace constatare che Gatti ha combinato un discreto pasticcio. Abbado l’aveva inserita facendola precedere dalla versione originale del dialogo Filippo-Carlo, versione che oltre ad essere, a mio parere, stupenda (il recitativo di Carlo è cosa fra le più originali di Verdi), è chiaramente finalizzata ad introdurre il brano: termina con un’invettiva di Carlo cui Filippo (non) risponde attaccando direttamente la trenodia di “Chi rende a me quest’uom”. Gatti invece ha usato il dialogo tradizionale della versione di Modena, che già termina con un doppio “Chi rende a me quest’uom”, appiccicandogli poi l’inizio del lamento di Filippo (con altre due ripetizioni della stessa frase). L’effetto mi è parso terribile. Senza contare che qualche aggiustamento la “sutura” credo l’abbia richiesta. Vado a memoria (per cui potrei sbagliare), ma credo che il dialogo “modenese” termini con una cadenza in la bemolle maggiore (tonalità su cui in quella versione attacca subito la sommossa), mentre la trenodia attacca (o attaccherebbe) in si bemolle minore: per farle convivere, mi sa che qualcosa sia stato fatto (a orecchio, direi che tutta la trenodia è stata abbassata di un tono…).

Non è per fanatica filologia, ma se esiste una versione in tutto coerente (oltre che bellissima), perché complicarsi la vita in questo modo? L’unica spiegazione che mi viene è che il recitativo di Carlo nella versione originale è terribilmente difficile…
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Re: La mossa di Lissner

Messaggioda MatMarazzi » mer 26 mag 2010, 13:10

FRANCOFORTE 2010

Premessa.
Non siamo andata apposta a Francoforte per vedere questo Don Carlo. Ci siamo andati per il Billy Budd.
Però, già che c’eravamo, perché non fermarsi un giorno in più per ascoltare il Filippo II di Youn e vedere la regia di Mc Vicar (sulla carta i due unici elementi di interesse della produzione)?

Meglio che lo specifichi prima che saltino su i soliti coglioni che - quando andammo in una sola trasferta a vedere la Donna senz'Ombra di Amsterdam con la Herlitzius, la Turandot di Carsen ad Anversa, la Cavalleria e Pagliacci GRANDIOSI di Jones all'ENO e la Fanciulla del West al Covent Garden con la Westbroek, Pappano e Cura - dissero che avevamo fatto tutto questo per vedere Carroli in Jack Rance! :) E che tanto valeva restarsene a Rovigo per la Turandot con la loro adorata e inarrivabile Casolla...

Bene: chiarisco subito e ribadisco.
Non siamo andati a Francoforte per sentire ...Carlo Ventre nel Don Carlo.
Siamo andati per il Billy Budd STORICO di Jones, con Peter Mattei, e (già che eravamo lì) per la curiosità di sentire Youn in uno spettacolo del celeberrimo McVicar.

Chiarito questo, possiamo parlare di questo brutto Don Carlo di Francoforte.

Su Youn ho detto: lui e solo lui valeva la serata.

Su Mc Vicar… è il caso di porsi qualche domanda.
Anzi, una sola.
Come è possibile un simile disastro di regia da parte di un grande come lui, in un'opera poi tanto stimolante?
nell'intero spettacolo c’era assolutamente nulla di interessante: un impianto scenografico non brutto ma prevedibilissimo (e alla lunga stancante). Ossia le fredde mura grigio-marmoree di un grande mausoleo, con al centro un altare e si suppone la tomba di Carlo V (che ogni tanto sprofondava, ogni tanto ricompariva), con fondali e quinte che si aprono, si chiudono, si sollevano per adattarsi alle varie scene.
Al centro una serie di personaggi in costumi rigorosamente d'epoca che fanno (spesso malamente) le stesse identiche cose che si fanno in tutti i Don Carlos del mondo.
Avete presente Ronconi? Ecco... sembra proprio uno spettacolo di Ronconi.
Ma McVicar non è Ronconi, vivaddio!
Cosa può essere successo?

Da un lato, temo che questo non sia il tipo d'Opera che stuzzichi la fantasia di McVicar; si tratta di un regista geniale, ok, ma anche alterno.
Non ha la stoffa di un Jones o di un Carsen o di un Guth o di un Pountney, che - con la forza della loro immaginazione - riescono sempre a strappare all'opera (qualsiasi opera) verità inedite e soluzioni travolgenti.
McVicar è di quelli che alle volte... si arrendono.
E se l'opera lo convince poco fin dall'inizio (vedasi la recente produzione londinese delle Nozze di Figaro, disponibile anche in DVD, partita con un'ouverture spiazzante e poi tradizionalissma) alla fine... lascia fare!
Si concentra sugli attori e illustra il libretto, forse con la testa già ad altri spettacoli che lo eccitano di più.

Temo che con questo Don Carlos le cose siano andate più o meno così.
Non ha trovato stimoli sufficienti (per lui) e quindi ha elaborato una teoria (teoriina piccola piccola) sul fatto che tutta l'opera si svolge già al quinto atto, con Don Carlo chiuso nel chiostro di San Giusto, che attende Elisabetta per l'ultimo addio e frattanto rievoca la sua vicenda.
Alla fine morirà davvero, trapassato dalle spade dei soldati di Filippo.
E la voce di Carlo V? Era sempre solo stata nella sua testa: l'avello che domina la scena si rivelerà il suo, di Don Carlo.

E' una grande idea? No, un po' banale... e soprattutto insufficiente per tenere in piedi cinque atti di grand-opéra
La noia era palpabile e l’ovvio, scontato, becero “j’accuse” anti-cattolico, placidamente liberal dell’autodafé (con eretici torturati e legati, preceduti dalle reliquie dei “loro” santi e seguiti da cumuli di libri da mettere all’indice, e grandi croci che prendono fuoco) non ha salvato niente.
Di solito, però, (come ho detto) quando McVicar getta la spugna come drammaturgo (ed era questo il caso), tende a rifarsi col lavoro sugli attori.
Come nelle succitate nozze di figaro, il tradizionalismo un po' snervante dell'impianto si riscattava col miracoloso meccanismo di espressioni, sguardi, giochi scenici che strappava ai protagonisti.
Per questo motivo, sarei propenso a credere che - quando due anni fa Mc Vicar allestì per la prima volta questo Don Carlos con un cast RADICALMENTE DIVERSO -avesse supplito alla debolezza della lettura generale con un lavoro accanito e trascinante sugli attori.
Se anche così è stato, nulla è soppravvissuto al nuovo cast, globalmente molto modesto, impegnato a fare ciò che avrebbe fatto in qualsiasi altro Don Carlo di periferia.

Carlo Franci se non altro non ha diretto per niente male: senso dei colori, dell’emozione e della pulsazione narrativa non gli mancano; inoltre sa sfruttare le caratteristiche di un’orchestra tedesca (grande qualità di suono, ottime sezioni, ma tendenza al magma e alla magniloquenza) per ottenere impasti suggestivi e grandi momenti teatrali.
Non è avanguardia, ok… ma è stato comunque, insieme a Youn, la cosa migliore della serata.

Come ho detto, il cast era larghissimamente dominato da Youn; a parte lui qualche buona parola se la merita Tassis Christoyannis (Rodrigo) dalla voce tradizionalmente bella e dall’acuto facile; anche la recitazione, se non proprio ideale, appariva coinvolta e capace di sorprendenti guizzi.
Certo che oggi siamo stanchi di questi Posa "verdiani" (come si dice nei loggionastri); disponiamo di interpreti finalmente veri e rivelatori (i coloristi eredi di Hampson, primo fra tutti Keenlyside, il più entusiasmante del presente) al cui confronto Christoyannis sembra una giovane Nucci ripulito: nessuna seduzione (e dire che Posa dovrebbe sedurre tutti), nessuna poesia, nessuna ambiguità da sognatore travolgente, irradiante gioventù, affetto, romanticismo, idealista fino alla morte ma anche sorprendentemente capace di calcolo, di usare fin troppo bene il proprio fascino.

La Raspagliosi, da simpatica ragazza quale la ricordavo negli Ugonotti di Martina Franca, è divenuta un’imitatrice della Dessì; stesse facciotte da diva un po’ regale un po’ sessuosa, stesso fraseggio un po’ languido e un po’ melodrammatico, stesse pose ricercate, non inefficaci ma ridicolmente maestose.
In compenso è povera di suono nei centri e nei gravi. Non è stata pessima, intendiamoci… ma a parte che il ruolo le conviene fino a un certo punto, deve aver sofferto più degli altri della mancanza di un vero lavoro di regia.

Chi se la cava, nonostante le pose stereotipate e l’aspetto da “Eboli-punk” che oggi è fin troppo sfruttato, è la brava Tanja Ariane Baumgartner, dalla voce piccolina al centro, disomogenea, non bellissima, ma con acutastri efficacissimi, lanciati con insolenza, ottimi fraseggi, splendido dominio della scena.
L’applauso fragoroso che ha seguito il suo “don fatale” è forse stato un po’ esagerato, ma in fondo comprensibile.

Hakan Tirasoglu è invece il tipo di Inquisitore che non voglio più sentire: monumento di voce e di potenza brada (e di aspetto, sarà stato alto due metri) non ha nulla del prete, nulla del politico, nulla del “confessore”, nulla del grande uomo di potere. E’ solo un orso che bercia.
Il duetto con Filippo II ne risulta persino noioso, perché non c’è progressione, non c’è sviluppo psicologico: i toni del sacerdote che dovrebbero alternarsi (da “paterni” quando assicura il perdono al Re che sacrifica suo figlio; a “supplici” quando implora il Re di “rientrare nei suoi doveri” a TERRIFICANTI quando si rivela e lo minaccia di trascinarlo davanti all’inquisitore) suonano tutti uguali. Questo Orso bianco urla quando entra e urla quando esce.

E poi c’è Carlo Ventre. E qui siamo al disastro...
Se c’è una cosa che i dirigenti artistici tedeschi non si mettono in testa è che per cantare i ruoli verdiani non bastano acuti perentori.
Per questo ruolo, Carlo Ventre è fisicamente improponibile (anche se con la camicia bianca aperta e i capelli tinti, neri e cotonati faceva molto tenore verdiano), vocalmente improponibile (afonissimo al centro, maldestro nel cantabile, incerto nella linea, poverissimo di intuizioni), come attore improponibile… Insomma una zeppa tragica, e non solo per me, dato che alla fine ha raccolto contestazioni da parte del pubblico.
Speriamo che gli serva a capire che se sei un declamatore all’italiana, povero nella linea e nella dinamica, infelice nella presenza ed esclusivamente proiettato agli acuti sparati, non è Don Carlo che devi cantare. Ha quattro secoli di storia dell'opera per cercare personaggi più confacenti.

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Re: Don Carlo (Verdi)

Messaggioda VGobbi » gio 27 mag 2010, 0:12

Ma sai Mat, d'altronde ancora oggi stai cercando un Grande Inquisitore che ti soddisfi e non l'hai mai trovato ... mi sbaglio?
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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Re: Don Carlo (Verdi)

Messaggioda MatMarazzi » gio 27 mag 2010, 16:55

VGobbi ha scritto:Ma sai Mat, d'altronde ancora oggi stai cercando un Grande Inquisitore che ti soddisfi e non l'hai mai trovato ... mi sbaglio?


Lo ammetto...
al momento non ci sono ancora riuscito a trovare un Inquisitore che abbia senso.
E dire che nella musica e nelle parole sono già indicate con chiarezza le strade da seguire.
Peccato...

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