da Rodrigo » mer 11 nov 2009, 15:20
Sarà (anzi è) una banalità, ma l'opera poggia sui cantanti tanto quanto sul direttore e sull'orchestra. Il problema del Trovatore secondo Muti è in fondo proprio questo.
La partitura poi, anche rispetto alle consorelle della trilogia romantica, è forse la più belcantistica di tutte. Uso la parola non ovviamente nel senso di estetica del belcanto (il senso cioè che può avere parlando dell'arco che da Rossini va a Donizetti), ma per sottolineare due aspetti:
1) l'uso del canto quale veicolo assolutamente privilegiato per veicolare la drammaturgia in atto. Non a caso, a differenza di Rigoletto e Traviata nell'opera manca un vero e proprio preludio che introduca l'azione, sostituito da quella sorta di mirabile Ouverture cantata che è, in effetti, il racconto di Ferrando. La strumentazione del Trovatore per suggestiva ed efficace che sia è anzitutto sostegno della linea vocale.
2) la presenza (più ingombrante persino rispetto a Traviata in cui pure fanno capolino) di stilemi di ascendenza vocalistica (cavatina d'ingresso, colorature, trilli) sia pure decontestualizzati e "piegati" ad esprimere un'estetica diversa (diametralmente opposta) da quella in cui erano sorti. Mi spiego: l'armamentario e le forme connaturate al mondo "astratto" e "ideale" dell'opera seria rossiniana divengono, dimostrando straordinaria funzionalità, i mezzi mediante i quali si invera il dramma di Leonora, Azucena, Manrico e Luna. Oserei dire che a questi stilemi Verdi affida il compito di rendere plausibili (in senso teatrale) le tensioni e le ossessioni del dramma. E mi limito a citare l'uso del trillo per evocare la fiamma in Stride la vampa e nella stessa pira.
Fatta questa verbosa premessa, ritengo che il Trovatore concertato da Muti sia manchevole principalmente sotto l'aspetto vocale. Anzitutto per la limitata capacità di fraseggio di alcuni degli interpreti (Licitra) o per la scarsa padronanza degli stilemi di cui sopra dimostrata da altri (Frittoli, Nucci).
Insomma, come altri ascoltatori, ho notato una grave scollatura tra le intenzioni del concertatore e l'adeguatezza tecnica del cast ad esprimerle. Pur essendo un ammiratore del maestro Muti, ritengo che proprio il carattere belcantistico della partitura avrebbe consigliato un approccio più "donizettiano" al testo: quindi sì alle puntature antiche (il do della pira), come pure alle riprese variate delle cabalette. E forse tempi meno precipitosi avrebbero giovato agli interpreti.
In definitiva trovo più di mio gusto, ma anche più unitario nella concezione, il Trovatore di Bonynge.
ps: il Manrico dei miei sogni proibiti sarebbe stato il Merritt dei tempi d'oro.
Ultima modifica di
Rodrigo il mer 11 nov 2009, 19:29, modificato 1 volta in totale.