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L'ultima puntata della discografia del Lohengrin, sempre a cura di Luca Di Girolamo |
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Data |
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08/09/2006 |
Titolo |
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La nuova via wagneriana |
Nome |
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Matteo Marazzi wanderer.club@libero.it |
Messaggio |
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Caro direttore, ho letto il tuo bell'articolo su Baremboim e sulla sua assoluta autorevolezza come Wagneriano. Condivido in pieno la tua analisi, anche perché ho avuto l'emozione di sentirlo spesso dal vivo e, fra l'altro, anche nel Tristano. Sono d'accordo che il suo Wagner sia, oggi, ai massimi livelli, ma non mi sentirei di definirlo il maggiore, perché - proprio in Tristano e recentemente nel Rheingold - ho putoto ascoltare dal vivo anche Simon Rattle. Non vorrei fare improbabili classifiche, però se in Baremboim ho sentito la sublimazione di una tradizione gloriosa (che passa attraverso Karajan e Klemperer), in Rattle mi è parso di vedere una "nuova via" Wagneriana. Sulla bravura intrinseca non saprei chi scegliere, ma in generale sono più affascinato dalle strade che conducono al futuro, rispetto a quelle che si volgono al passato, sia pure un passato glorioso. Mi piacerebbe conoscere la tua opinione in merito. Saluti |
Risposta |
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Caro Matteo, non avevo dubbi che l'articolo su Barenboim avrebbe sollevato qualche considerazione, anche perché è vero - come giustamente tu osservi - che in Barenboim si verifica una sorta di sintesi di tutto ciò che c'era stato precedentemente, dal gusto edonistico per il bel suono sino a quella che avevo definito la "polverizzazione" di Boulez. Come sai, ho il massimo rispetto per sir Simon Rattle: fra i direttori di oggi è quello indiscutibilmente più intriganti, prova ne sia il ciclo mahleriano che, sin dal suo apparire, è stato salutato come un'autentica rivelazione; e il ciclo delle 9 Sinfonie di Beethoven, che dice qualcosa di veramente nuovo abbandonando come fa i turgori dionisiaci post-romantici cui ci siamo abbondantemente abbeverati nel corso dell'ultimo secolo, per approdare invece ad una specie di "relaxatio apollinea" che punta sulla smaltatura del suono, piuttosto che sulla sua potenza. In astratto, penso anch'io che col tempo potrebbe dire qualcosa di veramente importante anche in campo wagneriano, e in parte lo sta già facendo con il Tristan che giustamente hai citato, e col ciclo del Ring, che è in via di esecuzione; nell'articolo citavo anche Thielemann che, secondo me, sta tentando qualcosa di simile, almeno da quanto ho sentito con Tristan e Parsifal. Eppure, pur concordando con te sul "bello" di quello che sta facendo Rattle in campo wagneriano, avrei qualcosa da dire sul "nuovo". In ciò, ahimè, mi devo basare sugli ascolti mahleriani e beethoveniani, perché purtroppo non ho avuto modo di ascoltare le sue performances wagneriane, ancora non documentate su disco. Voglio dire: il fatto di puntare ad una definizione luminosa e quasi "cameristica" del suono non è un fatto particolarmente innovativo, non credi? Già Karajan, almeno per certi versi, e lo stesso Boulez, avevano realizzato qualcosa del genere, e con risultati che - pur discutibili - vennero salutati con notevole interesse. Naturalmente questa è un'affermazione assolutamente induttiva, anche perché mi manca la verifica personale, per cui ti inviterei - se ti è gradito - a provare a fare una sintesi per il nostro sito, eventualmente da pubblicare nella sezione backstage, in cui ci racconti quanto possa essere innovativa questa "nuova via" dell'interpretazione wagneriana, quanto si discosti da strade già tentate in precedenza e quanto possa portare al progresso interpretativo. Te ne sarei molto grato, e sono convinto che parimenti lo sarebbero tutti i lettori di Operadisc (che, a quanto vedo, sono in vertiginosa crescita!) |