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L'ultima puntata della discografia del Lohengrin, sempre a cura di Luca Di Girolamo |
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Note Biografiche |
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Ettore Bergamaschi (Bologna 10/02/1884 – 07/08/1975) Non abbiamo rintracciato le origini dei suoi studi ma certamente ebbe il battesimo dell’arte nel 1912 al Petruzzelli di Bari dove inizialmente venne scritturato come primo tenore sostituto, pronto ad entrare in scena se necessario, e debuttò quale Trin nella prima locale della Fanciulla del West. Ovviamente l’impressione fu ottima e alcuni giorni dopo si presentò l’occasione del vero debutto quando interpretò magnificamente Alvaro nella Forza del Destino. Iniziò quindi una importante quanto breve gavetta nei piccoli teatri dell’Emilia-Romagna dove cantò in concerti ed in alcune recite di Trovatore ed iniziò a stupire il pubblico a suon di Do e di Pire a volte addirittura trissate. Ancora qualche anno in provincia dove inizia ad ampliare il repertorio con Ballo in Maschera, Andrea Chenier, Aida e nel 1916 arriva l’incontro con l’amato Mascagni che lo vuole per alcune recite di Parisina al Politeama di Genova dove canta in compagnia di Francisca Solari. Questa interpretazione gli vale l’ingaggio nella Compagnia Rotoli Billoro in partenza per il Sudamerica. Gli italiani d’oltreoceano lo adottano come il “Caruso dell’America Latina” e lo amano per gli acuti squillanti della Pira e per il dolce fraseggio dell” Ah! Si ben mio. Restò lontano dall’Italia fino al 1920. Nel 1922 si aprono le porte dei grandi teatri quando viene chiamato per riprendere Lazaro nel Piccolo Marat al San Carlo di Napoli e per interpretare il ruolo di protagonista nella prima del Glauco di Fianchetti. Lo ascoltarono a Budapest, Parigi ed al San Carlos di Lisbona. Nel gennaio del 1927 l’improvvisa indisposizione del tenore Trantoul gli offre la possibilità di farsi ascoltare dal pubblico scaligero. Ebbe un repertorio ampio che spaziava da Boheme, Rigoletto ad Aida, Isabeau, ma fu il Piccolo Marat il titolo a cui fu particolarmente legato e con il quale concluse la carriera nel 1933. |
Commento |
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“Certo me li chiedevano ed io glieli davo” così il quasi novantenne tenore rispondeva in un intervista alle domande del baritono Franco Bordoni. Fu infatti figlio del suo periodo e non lesinò mai i suoi acuti sfolgoranti ad un pubblico che per questo lo amava. Ma Bergamaschi non era solo questo. Rileggendo le critiche dell’epoca si evince che era anche apprezzato per la nitidissima dizione, per le sue doti attoriali. Fu il timore di non poter rendere al meglio tutte le sere che lo convinse a ritirarsi non ancora cinquantenne ed il suo fu un ritiro prematuro se ancora settantacinquenne si poteva sedere al piano ed intonare serenamente frasi da Parisina ed Isabeau, se ormai ottantenne continuava ad esibirsi con l’amico baritono Luigi Piazza, bolognese e coetaneo, nei vari locali lirico-gastronomici della vecchia Bologna. Voce di colore piuttosto chiaro ma di volume importante, passaggio di registro impeccabile che gli consentiva acuti squillantissimi, dizione impeccabile, qualità attoriali importanti e buon fraseggio furono le sue caratteristiche artistiche. Visse in anni in cui al tenore si chiedeva l’acuto facile e lui non si tirò mai indietro anzi cercò sempre di accontentarlo anche esibendo acuti a soggetto che avevano il potere di elettrizzare il pubblico. Acuto facile ma anche frasi appassionate, passaggi armoniosi, delicate sfumature furono spesso presenti nelle sue interpretazioni. Alla presente selezione, che intendo integrare quanto prima con altri brani, manca “C’era una volta” del Piccolo Marat, la pagina che permetterebbe di comprendere al meglio tutte le qualità espressive del cantante Roberto Marcocci |