Demofoonte (Jommelli)

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Re: Demofoonte (Jommelli) - Muti

Messaggioda marco » ven 10 lug 2009, 12:31

ho visto lo spettacolo il 3, ma concordo in toto con Tuc anche se il cast era diverso ma la noia la stessa, ho a lungo rimpianto un Minkovski, un Jacobs e le loro orchestre "baroccare"
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Re: Demofoonte (Jommelli) - Muti

Messaggioda Tucidide » ven 10 lug 2009, 13:12

marco ha scritto:ho a lungo rimpianto un Minkovski, un Jacobs e le loro orchestre "baroccare"

Aggiungo una piccola nota.
Ieri sera riascoltavo l'incisione di Antigona di Tommaso Traetta diretta da Rousset con la sua orchestra "Les Talens lyriques".
Opera rappresentata la prima volta nel 1772, è quindi pressoché coeva della quarta versione, quella definitiva, del Demofoonte (che è del 1770).
Ragazzi! Sembrano due universi differenti! :shock:
Ma chissà... forse è solo merito di Traetta, oppure demerito di Jommelli... :roll:
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: Demofoonte (Jommelli) - Muti

Messaggioda elvino » ven 10 lug 2009, 21:49

Aggiungo una piccola nota.
Ieri sera riascoltavo l'incisione di Antigona di Tommaso Traetta diretta da Rousset con la sua orchestra "Les Talens lyriques".
Opera rappresentata la prima volta nel 1772, è quindi pressoché coeva della quarta versione, quella definitiva, del Demofoonte (che è del 1770).
Ragazzi! Sembrano due universi differenti!
Ma chissà... forse è solo merito di Traetta, oppure demerito di Jommelli...

Bellissima opera ed edizione pressochè perfetta a parte qlche suono nasale della Bayo che cmque era allora ancora un'ottima cantante e interprete poi x mio parere è andata peggiorando. Ma ti dirò io possiedo di Jommelli l'Armida Abbandonata cn lo stesso direttore e un cast ottimo,certo la differenza cn Traetta si sente,Jommelli pur essendo x allora e x l'opera italiana cmque un'innovatore,non ha quella concisione drammatica,quell'usare la coloratura non solo xchè l'opera seria l'esigeva ma x chè il momento l'esige,quel tocco francese da tragedie lirique alla Rameau che invece Traetta dimostra di possedere in questa Antigona. Poi a me l'Armida è piaciuta parecchio sopratutto le arie del tenore e della protagonista ma l'Antigona è un'altra cosa,x me quasi un unicum fra le opere ascoltate di quel periodo.
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Re: Demofoonte (Jommelli) - Muti

Messaggioda Tucidide » ven 10 lug 2009, 23:00

elvino ha scritto:Bellissima opera ed edizione pressochè perfetta a parte qlche suono nasale della Bayo che cmque era allora ancora un'ottima cantante e interprete poi x mio parere è andata peggiorando. Ma ti dirò io possiedo di Jommelli l'Armida Abbandonata cn lo stesso direttore e un cast ottimo,certo la differenza cn Traetta si sente,Jommelli pur essendo x allora e x l'opera italiana cmque un'innovatore,non ha quella concisione drammatica,quell'usare la coloratura non solo xchè l'opera seria l'esigeva ma x chè il momento l'esige,quel tocco francese da tragedie lirique alla Rameau che invece Traetta dimostra di possedere in questa Antigona. Poi a me l'Armida è piaciuta parecchio sopratutto le arie del tenore e della protagonista ma l'Antigona è un'altra cosa,x me quasi un unicum fra le opere ascoltate di quel periodo.

Ti ringrazio della nota, che in effetti conferma un mio sospetto. Purtroppo non conosco l'Armida abbandonata di Jommelli diretta da Rousset (che tra l'altro, fra i barocchisti, non è nemmeno uno dei miei preferiti). Posso però dire che nel Demofoonte non sempre si evita la sensazione che i passi di vorticosa coloratura siano meri attributi estetici e non espressivi. Nel caso del protagonista, che essendo l'eponimo dell'opera riceve dal compositore un occhio di riguardo, la coloratura simboleggia bene il dispotismo del capo di stato impermeabile ad ogni voce del cuore e deciso a far trionfare la ragione di stato; tuttavia, negli altri personaggi mi è parso di avvertire un certo eccesso, un edonismo ancora molto barocco. E poi molte delle arie sono lunghe, lunghe, lunghe... non finiscono mai! (E' vero anche che se i cantanti non sono granchè sembrano ancora più lunghe : Blink : )

Una postilla: nel II atto Demofoonte canta un'aria di furore, "Perfidi, già che in vita" che, nel suo vorticoso saliscendi e nella sua fitta coloratura, mi ha ricordato "Già di pietà mi spoglio" dal Mitridate di Mozart (dove, come nell'aria di Jommelli, la parola "perfidi" è palestra per variazioni spericolate). Tenendo conto del fatto che Mozart aveva stima di Jommelli, e che il Mitridate fu composto lo stesso anno (1770) della versione definitiva del Demofoonte, qualcuno sa se si tratti di una specie di "citazione" esplicita?
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Re: Demofoonte (Jommelli) - Muti

Messaggioda Ninci » sab 11 lug 2009, 9:32

Una breve risposta al gentile messaggio di Tucidide. Tu dici che è il Tempo a decidere delle cose umane; e in effetti la distanza temporale permette di discernere i valori con ben maggiore lucidità di quanto non accada ai contemporanei. Però quando si parlava dello Zeitgeist il problema era diverso. Io contestavo che ci fosse uno Zeitgeist; in questo caso il tempo era considerato come un tempo storico determinato, non come una dimensione universale che misura lo scorrere delle cose. Quest'ultimo è il modo in cui lo consideri adesso e all'interno del quale è giusto considerarlo come la verifica autentica della validità dei fenomeni artistici. Ma che un presunto spirito del tempo sia in grado di determinare ciò che conta e ciò che non conta, ciò che è nuovo e ciò che è vecchio in seno ad un periodo, questo non lo posso accettare davvero. Non lo posso accettare perché si tratta di un'idea vecchissima, decrepita, che appartiene allo storicismo tedesco di matrice hegeliana. Non per nulla Hegel pensava che le filosofie si superassero a vicenda e che solo la sua rappresentasse la definitiva realizzazione dell'Idea, oltre la quale non poteva esservi più nulla. E, in fondo, che cosa ha pensato di diverso un hegeliano come Marx, con la sua idea della società senza classi? La stessissima cosa: il superamento continuo che s'invera nella realizzazione finale della scopo della storia, in una sorta di fine della storia. Ora, lasciando perdere questo paradiso finale, ciò che si deduce dalle teorizzazioni di Matteo Marazzi è esattamente questo: una continua ricerca del nuovo che si basa su un'idea della storia dell'interpretazione musicale che è quanto di più vecchio si possa immaginare.
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Re: Demofoonte (Jommelli) - Muti

Messaggioda MatMarazzi » sab 11 lug 2009, 12:09

Ninci ha scritto:il superamento continuo che s'invera nella realizzazione finale della scopo della storia, in una sorta di fine della storia. Ora, lasciando perdere questo paradiso finale, ciò che si deduce dalle teorizzazioni di Matteo Marazzi è esattamente questo: una continua ricerca del nuovo che si basa su un'idea della storia dell'interpretazione musicale che è quanto di più vecchio si possa immaginare.

Sono allibito, caro Ninci, che l’impegno di difendere Muti da tutto e tutti ti abbia condotto a un simile, clamoroso (e anche faticosissimo, scusami se lo dico) fraintendimento di quanto avevo scritto.
Io? Io che parlo di paradisi finali? Io allineato a Hegel?
Per chiarezza tua, ti preciso che io parlo (e l’ho scritto) semplicemente di “adattamento” alla storia, agli sviluppi della società, in base a un processo evolutivo in tutto e per tutto darwiniano. Che è esattamente il contrario del "fine della Storia" che tu hai voluto a tutti costi leggervi.
Io constato l’incessante mutamento delle condizioni storiche (il Zeitgeist) che presuppone un “adattamento” ad esso dei linguaggi!
In altri post ho anche specificato (ti invito a leggerli) che il ritorno al passato è lecitissimo, ma quando vi sia un mutamento delle condizioni storiche che lo richiedano.
Quindi, ti prego, lasciamo perdere questi sogni hegeliani, che nulla hanno a che fare con quanto si è detto e si sta dicendo.


Ninci ha scritto:Tu ti definisci in un altro luogo di questo sito un antimutiano. Ecco, io non mi definisco per antitesi a nessuno e a nulla.

Anche qui, ti inviterei a leggere meglio i post, prima di contestarli.
Io non mi sono definitio anti-mutiano in relazione alla sua personalità interpretativa.
Al massimo la contesto (proprio come fai tu parlando di Minkoski e come credo che tutti abbiano il diritto di fare); mi sono definito anti-mutiano solo in riferimento al suo ruolo di ex (FORTUNAMENTE EX) direttore artistico della Scala, ruolo per il quale - nonostante l'oppressivo tentativo di tacitare e schiacciare ogni voce dissenziente e la vergognosa pubblicisitica di cui per vent'anni ha circondato il suo marchio - è comunque stato cacciato, ma che dico cacciato, “defenestrato” con infamia, come nessun precedente direttore della Scala è stato... dimostrando che il livello di esasperazione prodotto nel teatro e nel pubblico era ormai andato ogni oltre ragionevole limite. Ero e sono anti-mutiano (in riferimento al suo ruolo di sommo dictator) perché non ammettevo e non ammetto che la Scala di Milano diventasse la barzelletta del mondo, un costosissimo giocattolo offerto ai limitati orizzonti di un uomo assolutamente privo della vastità culturale e …senso delle proporzioni necessarie a questo ruolo.
Il fatto che anche Lissner si sia rivelato incapace per questo compito, non assolve, né assolverà mai Muti, per il ventennio di crisi e provincia imposto al nostro principale teatro, con i nostri soldi.
Quindi, caro Ninci, non tentare – ti prego – di far passare la mia opposizione al “metodo Muti-dictator-Scalae” come un pregiudizio nei confronti del Muti-intepreprete. E’ semplicemente falso, come può osservare chiunque ci legga.
Per quanto riguarda il Muti interprete, le mie perplessità (che non sono un pregiudizio) sono il frutto di attenti e circostanziati ascolti.
Se tali perplessità non ti convincono, non sarebbe male che ad esse rispondessi, adducendo ragioni che fossero un minimo più convincenti che non la “moralina” sul fatto che “sono tutti bravi: Ozawa, Abbado, Muti”, che non bisogna essere “anti-“ e che Minkowski non fa i miracoli.
Perché non hai piuttosto circostanziato le ragioni per cui il Demofoonte che ha fatto ridere i parigini e annoiato i ravennati sarebbe una grande interpretazione? Spero che non sia perché il pregiudizio che tu disperatamente cerchi di vedere in me, è piuttosto il tuo problema: un pregiduzio al contario, il pregiudizio “pro”.
Non mi spiego altrimenti la ragione di ballonzolare tutto soddisfatto su di un termine (“miracoloso”) che tra i suoi ambiti semantici nella lingua italiana ha anche quello figurato che ho usato io, di “molto bello”, o “molto rivelatore”. E’ un ambito autorizzato dai vocabolari, tanto che non si può nemmeno più qualificare la mia espressione come “iperbole”, ma come un uso lecito e condiviso di un termine. Il tuo tentativo quindi di farmi passare per uno che celebra rituali segreti, nelle catacombe, di fronte al mio Dio Minkowski, solo perché ho detto che la sua tecnica è “miracolosa” è di un’ingenuità francamente toccante! 
Inviterei a tornare a toni ed argomenti più seri.
Chiariti questi punti, veniamo al Zeitgeist…

Ninci ha scritto:Tu dici che lo spirito del tempo si forma dal basso, come prevalenza di una linea egemonica su altre mille sintesi che sono possibili all'interno di un determinato periodo. ... Ora, io confesso di non essere tanto sicuro di conoscere questa autorità così insindacabile, gelosa ed esclusiva. Avere una simile sicurezza significa sapere dove va la storia, essere sicuri di distinguere i vicoli ciechi dalle autostrade a sei corsie. Il che, perdonami se te lo dico, è una bella presunzione.

Presunzione?
Sì certo; presunzione è tutto il pensiero umano, che si fonda su questa stessa ambizione di sintesi.
Presunzione ben più grande è stata quella dei biologi, che hanno pensato di classificare i miliardi di specie animali e vegetali, sistematizzarne l’infinita complessità in classi e ordini.
E non credere sia stato facile: ci vuole solo il genio umano per cogliere quel particolare biologico o anatomico o genetico che distingue un “vegetale” da un “animale” (definizioni non presenti in natura, ma arbitrariamente fissate dall’uomo) o stabilire che la colonna vertebrale poteva essere una chiave per distinguere in due sottoinsiemi diversi tutti gli animali della terra. Era difficile trovare la via per ripartire in cinque classi (con caratteristiche più o meno omogenee) tutti i vertebrati.
Era molti più facile alzare gli occhi al Cielo e affermare che in fondo ogni essere vivente è unico, e che non esiste un cane uguale a un altro cane e che il tentativo di etichettare e mettere ordine fra le infinite creature di Dio era una grande “presunzione”.
Però vedi per “presuntuoso” o arbitrario che sia, questo è il pensiero umano: un pensiero in grado di operare “sintesi” ed è su questo che, ti piaccia o meno, si fonda la nostra civiltà.
Lo sanno tutti, anche i rivoluzionari fisici della Meccanica Quantistica, che la riduzione della complessità del reale a grandi sintesi è un’operazione comunque arbitraria, una sovrastruttura del pensiero umano, ma l’uomo è così che esprime il suo sapere, che si rapporta all’Universo; sia nella definizione delle specie animali, sia nella distinzione – in linguistica – delle varie parti del discorso o della forme sintattico-grammaticali (formando strutture e regole complicatissime a cui i primi parlanti, ossia gli stessi inventori delle lingue, non avevano sicuramente mai pensato).
L’unico modo per reagire alle varie sintesi, caro Ninci, è quello di dimostrare che sono fondate su principi sbagliati (e quindi proporne di diverse, cosa che non mi pare tu abbia ancora fatto). Al contrario negare al metodo la sua efficacia, accusarlo di “presunzione”, è un atteggiamento che giudicherei comprensibile solo nel caso della “rana” (o dei suoi estimatori), offesa dal fatto di non essere stata inserita nella nobile classe dei mammiferi e che non trova di meglio che negare tutto…

Ninci ha scritto:Per stare soltanto al caso dell'interpretazione musicale, sono compresenti in un'epoca voci così discordanti ed ugualmente valide che è impossibile imporre loro la differenza fra il vecchio ed il nuovo.

E questo, permettimi, è metodologicamente oltre che logicamente falso!
La complessità non è affatto prova dell’impossibilità di una sintesi: anzi è la ragione stessa per cui l’uomo ha bisogno di sintetizzare.
Anche, come nel nostro caso, per tentare di distinguere fenomeni di conservazione da fenomeni di rinnovamento, nonché le tensioni (storiche, sociali e culturali che ne sono alla base).
Vuoi un esempio facile, facile? Prendiamo l’Appendix Probi.
Per chi non lo conoscesse è un interessante testo “scolastico” del quarto secolo dopo Cristo, in cui un insegnante metteva in guardia i suoi allievi dall’usare termini scorretti; esso ci dimostra che, all’epoca in cui fu scritta, per indicare la parola “orecchio” vi era la compresenza fra i parlanti di “auris” (per i colti) e “oricla” (per gli altri). Bene: non occorre essere studiosi linguistica storica per capire quale dei due termini era il vecchio e quale era il nuovo.
Non tutti i casi sono così facili, ne convengo, e nondimeno questa è la prova che le tensioni (di mantenimento e di adattamento alle evoluzioni storiche) esistono e che chiedono solo di essere colte.
Ninci ha scritto: E' invece la riuscita estetica di un'esperienza, il fatto che quest'esperienza parli a un gran numero di persone (da lì bisogna sempre partire) a dirci qualcosa di importante sulla storia, a farci capire che la molteplicità di prospettive è sempre dietro l'angolo.

Ma non è vero, non se parliamo di dialettica “vecchio”-“nuovo” (che se non sbaglio è ciò di cui stiamo parlando): il fatto che il termine Auris fosse usato da un grandissimo numero di persone, i colti dell’epoca di Probo, è un dato interessante, ma non toglie che l’uso di quel termine indichi una volontà “conservativa” rispetto ad Oricla e che quest’ultimo non fosse una “stranezza” ma il frutto di una serie di tendenze (foniche e semantiche) che trascendevano il termine, di cui anzi il termine era solo espressione.
E’ l’identificazione di quelle tendenze il centro del discorso, non il diritto (difeso stranamente anche da Tucidide) a opporvisi da parte del singolo individuo.

Ninci ha scritto: una continua ricerca del nuovo che si basa su un'idea della storia dell'interpretazione musicale che è quanto di più vecchio si possa immaginare.

A parte il fatto che io, come ho ampiamente dimostrato, non ho affatto l’idea della Storia che tu disperatamente cerchi di affibbiarmi, mi vorresti spiegare per cortesia come fai TU a stabilire che questo principio sia “quanto di più vecchio si possa immaginare”?
Ma non eri tu a sostenere che accusare di “vecchio” qualcosa (sia pure un pensiero hegeliano che nessuno ha mai espresso) è segno di presunzione?
Se autorizzi Muti a dirigere Gluck come si faceva vent’anni fa (perché è “presuntuoso” definire cosa è vecchio e cosa è nuovo), in base a cosa ti permetti di accusare di “vecchiezza” una prospettiva storicistica come quella del finalismo idealista?
Non è che la difesa di Muti a oltranza ti porta a sfiorare posizioni di incoerenza?

Saluti
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Re: Demofoonte (Jommelli) - Muti

Messaggioda Tucidide » sab 11 lug 2009, 14:46

Sono abbastanza d'accordo con quello che afferma Mat (dico "abbastanza" e non "del tutto" perché sennò si monta la testa :wink: ).
Ah... a proposito :twisted:
MatMarazzi ha scritto:il fatto che il termine Auris fosse usato da un grandissimo numero di persone, i colti dell’epoca di Probo, è un dato interessante, ma non toglie che l’uso di quel termine indichi una volontà “conservativa” rispetto ad Oricla e che quest’ultimo non fosse una “stranezza” ma il frutto di una serie di tendenze (foniche e semantiche) che trascendevano il termine, di cui anzi il termine era solo espressione.
E’ l’identificazione di quelle tendenze il centro del discorso, non il diritto (difeso stranamente anche da Tucidide) a opporvisi da parte del singolo individuo.

Qui un po' ti contraddici, caro Mat! :D
Se parli di tendenze, devi anche ammettere che esse si esplichino, e non lascino campo libero a quelle avverse, senza combattere.
"Tendenza" implica "tensione", sforzo, conflitto anche. Finché non si sia giunti ad una convenzione (concetto a te molto caro) accettata da una stragrande maggioranza, il campo di battaglia è aperto, e ci si deve confrontare, anche in modo rigoroso. L'anonimo grammatico che compilò l'Appendix Probi viveva in un momento in cui ancora si poteva lottare per un conservatorismo linguistico in seno alla lingua latina.
Io, invece, nel 2009, non potrei mai, nemmeno in un momento di feroce passatismo, ricominciare a scrivere auris.
Posso però combattere la mia battaglia contro l'indicativo in luogo del congiuntivo. Posso anche combattere perché non prenda piede l'orrido "piuttosto che" non avversativo. Se poi fra cinquant'anni sarà scomparso l'uso avversativo di questa locuzione, amen! Lo dirò anch'io! :(
In fondo, una cosa simile è avvenuta con "però", che in origine era congiunzione coordinante conclusiva equivalente a "perciò", poi ha cominciato ad essere usato come congiunzione coordinante avversativa. Se adesso dicessi ad una bella ragazza: "sei molto carina, però vorrei invitarti a cena" lei mi guarderebbe dubbiosa...

Ninci ha scritto:Però quando si parlava dello Zeitgeist il problema era diverso. Io contestavo che ci fosse uno Zeitgeist; in questo caso il tempo era considerato come un tempo storico determinato, non come una dimensione universale che misura lo scorrere delle cose.

Hai ragione: in effetti ho sviato dall'argomento. :oops: ... non del tutto, però. :D
A mio avviso proprio l'analisi di ciò che fa successo in dato periodo, oppure di ciò che sopravvive nella posterità ricostruisce in un certo senso lo Zeitgeist. Se ho ben capito, il motivo del tuo disaccordo è il rischio che un ragionamento del genere possa banalizzare l'analisi di un periodo storico.
Io invece credo che, in un certo senso, sia una valutazione di tipo statistico, dunque assolutamente oggettiva. In ogni epoca ci sono, come in biologia, geni dominanti e geni regressivi. Il gene regressivo non è assente, ovviamente: però è debole, è minoritario. Prescindendo da ogni valutazione di carattere estetico, è indubbio che in ogni periodo ci siano "tipi" che hanno successo e piacciono alla maggioranza delle persone, e altri relegati in seconda linea. Come ripeto, ciò non significa che il "gene regressivo" sia ipso facto peggiore e destinato a perire. Ma in quel dato momento è regressivo, è in posizione debole. Magari, dopo qualche decennio diverrà dominante. Ma in quel momento non lo è.
Prendiamo l'esempio della TV. Adesso si assiste al proliferare dei reality show. Giusto, sbagliato; bello, brutto... non importa! Resta il fatto che è così. Ci sono i dati auditel a confermarlo. Viceversa, la prosa è relegata ad orari per insonni, e viene vista da una manciata di persone. Lasciamo stare, ripeto, ogni valutazione. Però, mi sembra naturale dire che adesso, nel 2009, nella TV italiana il reality è una forma d'intrattenimento di successo, mentre la prosa non lo è. E se chi guarda l'Amleto e non ha mai visto il GF mi viene a dire che ho torto, solo perché lui guarda la prosa non i reality, io gli potrò fare i miei complimenti, potrò stingergli la mano, potrò rallegrarmi... ma la sostanza non cambierà!
Questo è lo Zeitgeist.
E non è solo materia per statistici. Non occorre guardare i dati dell'auditel per capire che adesso ci sono più persone che guardano l'Isola dei famosi che uno spettacolo di prosa in TV. Basta fare due chiacchiere con i colleghi di lavoro, sentire i discorsi della gente: insomma, vivere!
Se si desse la stessa importanza al gene dominante e a quello regressivo, tutte le epoche risulterebbero omogenee. E l'acciaio sarebbe uguale alla ghisa, solo perché costituito dagli stessi elementi, senza contare la diversa percentuale. :D
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Re: Demofoonte (Jommelli) - Muti

Messaggioda MatMarazzi » sab 11 lug 2009, 15:25

Tucidide ha scritto:Sono abbastanza d'accordo con quello che afferma Mat (dico "abbastanza" e non "del tutto" perché sennò si monta la testa :wink: ).

(Cosa dicevi in altro post? "Se no che ci sto a fare?")


Qui un po' ti contraddici, caro Mat! :D

Non mi pare proprio, caro Tuc.

Se parli di tendenze, devi anche ammettere che esse si esplichino, e non lascino campo libero a quelle avverse, senza combattere.

E, scusa, solo per sapere, chi lo ha mai negato?
Anzi, credo di averlo detto plurime volte anche in altri thread dove si è parlato di questo punto.
Ma soprattutto la domanda sarebbe: dove sarebbe la contraddizione?

"Tendenza" implica "tensione", sforzo, conflitto anche. Finché non si sia giunti ad una convenzione (concetto a te molto caro) accettata da una stragrande maggioranza, il campo di battaglia è aperto, e ci si deve confrontare, anche in modo rigoroso.

Eh no, caro. Non è aperto.
Le grandi modificazioni di massa rispondono a leggi che trascendono la nostra volontà di “combattenti” per il “piuttosto”.
Ciò che non consideri (come emerge dall’esempio dell’Appendix) è il fatto che i fenomeni di innovazione o conservazione - presenti in una determinata epoca - non sono puntativi, ma diffusi lungo assi temporali anche lunghissimi: sono tendenze, appunto, non singoli casi in competizione: la battaglia non è fra l’uso giusto e quello sbagliato di Piuttosto, né fra l’Amleto o il Grande Fratello.
Le lotte stanno dietro questi singoli “epifenomeni”. Sono appunto le lotte fra tendenze ben più lunghe e potenti, di cui gli individui – col loro agire - non sono nemmeno consapevoli, bensì strumenti.
Quel che ci interessa sono le ragioni storiche che hanno portato a un massiccio uso di Oricla (e non aurina, per intendersi), ragioni identificabili e interessanti.
RAGIONI CHE IL PARLANTE – colui che diceva Oricla, modificando di fatto la lingua – non immaginava nemmeno.
L’evoluzione di Auris in Oricla non ci interessa come errore del singolo; ci interessa appena un po’ di più come errore di massa. Ma soprattutto ci interessa come espressione di una tendenza linguistica (da analizzarsi in un processo durato secoli) di cui gli individui sono individualmente artefici, nonché di fatto strumenti.


Se adesso dicessi ad una bella ragazza: "sei molto carina, però vorrei invitarti a cena" lei mi guarderebbe dubbiosa...

Sei veramente sicuro che sarebbe per l’antico uso di “però”?
Per il resto mi onora che tutto quel che scrivi è quasi perfettamente allineato alle mie conclusioni (dico "quasi" perché altrimenti ti monti la testa).
Saluti,
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Re: Demofoonte (Jommelli) - Muti

Messaggioda Tucidide » sab 11 lug 2009, 17:54

MatMarazzi ha scritto:
Se parli di tendenze, devi anche ammettere che esse si esplichino, e non lascino campo libero a quelle avverse, senza combattere.

E, scusa, solo per sapere, chi lo ha mai negato?
Anzi, credo di averlo detto plurime volte anche in altri thread dove si è parlato di questo punto.
Ma soprattutto la domanda sarebbe: dove sarebbe la contraddizione?

:)
Qui:
Eh no, caro. Non è aperto.

Di fatto, tu sostieni che il singolo non ha alcun potere di cambiare le cose. E' vero, certo, esattamente come il singolo voto di ciascuno di noi ad un referendum non ha forza sufficiente, da solo, per far vincere il SI' o il NO. Però, ogni tendenza, quella al regresso come quella al progresso, l'involuzione o l'evoluzione, è costituita dall'unione dei singoli. E finché si discute, e le cose non sono decise, ciascuno dei singoli ha ragione di sostenere le proprie idee e di combattere le proprie battaglie.
Lo sviluppo delle cose umane è come un tiro alla fune. Il punto centrale della fune è lo status quaestionis, poi essa ha non due, ma innumerevoli capi che ognuno di noi tira dalla sua parte. Quindi, la direzione verso cui si muove gliela diamo noi. E noi siamo tu, io e tutti gli altri, ciascuno con le proprie ragioni e le proprie convinzioni. Non credo, come mi sembra dica tu, che le lotte che producono il flusso della storia trascendano il singolo e le persone, quasi fossero delle entità astratte che si servono delle persone per esplicarsi.
Io credo piuttosto che siano le persone a creare i flussi. Dunque, finché non si sia addivenuti ad una convenzione accettata dalla quasi totalità delle persone, ciascuno può cercare di indirizzare questa corrente.
Il "piuttosto" non avversativo non è ancora entrato univocamente nell'uso. Se io dico che Florez dovrebbe cantare Lindoro piuttosto che Arturo, ancora molti capiscono che io auspico un suo abbandono dei Puritani e un ritorno a L'Italiana in Algeri. Poi, ci sono anche quelli che credono che intenda una giustapposizione dei due ruoli. MA ancora non siamo all'univocità.
Per ora si può ancora credere che nel giro di un po' di tempo "piuttosto" non sarà più usato a sproposito. Non sarebbe la prima volta che un processo di cambiamento si blocca, e tutto torna come prima. Se però non sarà così, ne prenderò atto, in compagnia dei tanti che come me lo ritengono un solecismo forviante.
Fuori dal mondo e dalla storia è chi crede di poter ancora combattere per battaglie che hanno già avuto un vincitore. Sono quelli che io chiamo passatisti. Ma chi si oppone al nuovo quando il vecchio è ancora presente e gode ancora di ottima salute, non è passatista. :wink: (Ne abbiamo parlato - ricordi? - a proposito di Alvarez).
Sarà poi la storia, il tempo, a stabilire quale di queste correnti siano regressive o dominanti, secondo la mia definizione "biologica". E dunque si parlerà di un certo Zeitgeist.

Se adesso dicessi ad una bella ragazza: "sei molto carina, però vorrei invitarti a cena" lei mi guarderebbe dubbiosa...

Sei veramente sicuro che sarebbe per l’antico uso di “però”?

:lol: :lol: :lol: :lol:
Touché! :D
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