Ora datemi del cellettiano che scatena la caccia al tenore eunucoide!
Be', in effetti, Tuc, ogni tanto un serpentello cellettiano si agita dentro di te!
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Per esempio, secondo me Schreier (come gli altri tedeschi da te citati) non aveva nulla in comune con i tenori anglosassoni.
E non solo... quali sarebbero tutti questi famosi "anglosassoni" contro i quali ti levi?
Tra quelli che tu hai citato (Lewis, Riegel, Schreier, Lippert, Burrows e Heilmann) gli unici inglesi sono appena... un terzo (due su sei): Lewis e Burrows (che - guarda caso - è anche l'unico che "salveresti"...).
Per il resto Schreier è tedesco, Lippert austriaco, Heilmann di nuovo tedesco... Riegel poi è americanissimo (tutt'altra scuola: come Moser non è paragonabile a Langridge).
Insomma, se proprio debbo riconoscere una trista eredità "cellettiana" non è nei tuoi gusti (rispettabilissimi e per molti versi condivisibili) ma nella tendenza a trattare tutto il tenorismo "non-italico" del secondo novecento come un'unica grande messe di suoni bianchi e slavati, (linfatici!... eunucoidi...) senza distinzioni di nazionalità e scuola.
Che bisogno c'è di distinguere, pareva chiedersi Celletti... TAnto l'è tutto sbagliato!
Qualsiasi tenore meritava il macero se non incarnava l'antico sogno di Celletti: praticamente che si cantasse Mozart come fosse Verdi, senza intellettualismi, bensì "coi cojones" (l'immagine è sua).
Se Corelli avesse fatto Don Ottavio probabilmente Celletti avrebbe scritto che era l'unico Ottavio possibile.
Se mi permetti una digressione, non trovi significativo che Celletti demolisse Toscanini in Verdi e lo esaltasse in Mozart!
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Mi sono sempre chiesto come è possibile che uno stesso direttore potesse trasformarsi così radicalmente solo passando da Verdi e Mozart, e come tutti i suoi difetti intollerabili - in Verdi - sparissero come per miracolo!
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Il fatto è che non era Toscanini a cambiare: erano i nemici contro cui Celletti combatteva!
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In Verdi bisognava combattere i cultori del dramma musicale (e quindi Toscanini era il demonio), in Mozart i nemici erano i raffinati viennesi, avversari della retorica melodrammatica e della sensualità sonora (e quindi Toscanini diventava un genio). Insomma... due pesi e due misure!
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Ma torniamo a noi.
A me risulta che i grandi tenori inglesi non fossero assidui frequentatori di Ottavio: se mai gli preferivano i grandi personaggi "seri" (Idomeneo, Tito... come Pears, Langridge, Rolfe-Johnason e - appunto - Lewis).
Lewis e Burrows, da te citati, sono stati tra i pochi a indulgere nel fidanzato di Donna Anna, anche senza farne un "role fetiche" e certamente non in chiave nè slavata, nè eunucoide.
La Gencer (il cui Mozart era verdianissimo e proprio per questo di scarsa presa ai suoi anni...) ammise a più riprese di essere rimasta conquistata dal fascino e dalla grandezza di Lewis (Ottavio con lei a Londra e prima ancora suo Des Grieux a San Francisco). Sia Lewis, sia Burrows - ci piaccia o meno il loro canto - erano fastosi e cavallereschi.
Nè eunuchi, nè slavati...
I tedeschi invece furono i primi a puntare - a partire dagli anni 70 - all'antieroismo di Don Ottavio e in questo sta la loro importanza.
Tecnicamente l'emissione inglese è inconfondibile e a me pare molto diversa da quella tedesca.
L'unica cosa che inglesi e tedeschi avevano in comune è di aver entrambi tentato - per vie diverse - una
"de-melodrammatizzazione" del suono, perseguita attraverso un'emissione più aperta.
Questa era la grande tendenza - l'abbiamo detto molte volte - del canto post-bellico.
Ma mentre i tedeschi avevano sviluppato la loro tipica "durezza", gli inglesi era diventati maestri di morbidezze e vaporosità.
Poi posso darti ragione sul fatto che, in Mozart, un canto più spoglio (inglese o tedesco) ha messo in evidenza anche i suoi limiti: Mozart non vive di sola "linea" e di sole trasparenze, ma anche - come tu dicevi - di agilità e dinamica.
La critiche che muovi a questi Don Ottavio, pertanto, sono giustificate e condivisibili.
Ma non credo affatto che l'alternativa "antica" (quella dei Tauber, dei Pataky o persino dei Kraus) rappresentassa chissà quale soluzione: ne saranno soddisfatti quelli che vivono per sentire suoni "tondi" e "maschi", ma il personaggio di Ottavio resta bloccato e psicologicamente inerte più con Tauber che con Schreier.
Oggi, in particolare - essendo per sempre finita l'epoca dei buoni sentimenti - un Don Ottavio "energico", "grintoso" e di smalto eroico sembrerebbe semplicemente caricaturale.
Paradossalmente negli anni '70 è stato proprio Schreier ad aver rappresentato - psicologicamente parlando - un punto di svolta: il suo Ottavio era fragile e infantile, con attacchi di isterismo e visibilmente soverchiato da Donna Anna.
Dal punto di vista psicologico, era la prima volta che veniva fuori qualcosa, anche se vocalmente - hai ragione - molte cose non vanno.
Salutoni,
Mat