Tucidide ha scritto:Ermione diversissima dallo storico spettacolo di Pizzi del 1987, quella andata in scena a Pesaro in questi giorni, per questioni vocali, interpretative e registiche.
Forse adesso lo si definisce storico, ma all'epoca le perplessità furono molte. Vidi due repliche di quell'Ermione e mi divertì parecchio ma, ad essere sincero, più per la cornice che per il quadro.
Mi sembrava un carnevale.
Faceva un caldo d'inferno (non si era ancora nell'epoca dell'aria condizionata nè in treno nè a teatro) e le quartine, sestine, roulades, i salti di ottava, gli attacchi scoperti, ti sgocciolavano addosso assieme al sudore. Senza dubbio furono serate elettriche. L'altisonanza anche discografica del cast, il tam-tam delle balcony girls (come le chiamava Legge) da grandi occasioni (
e' la cosa più difficile del mondo!, Mamma mia, nessuno è mai riuscito più a cantarla! Gesù, sentirai che roba! C'è sempre un medico in camerino! Merritt va' avanti di cortisone!), la spavalda arroganza con cui Merritt e Blake facevano free-climbing su quelle dolomiti....
insomma l'atmosfera gladiatoria c'era tutta e, col fiato sospeso, aspettavamo i quadrupli salti mortali con avvitamento. Che, almeno dal fronte maschile, arrivavano tutti.
Di teatro, neanche l'ombra. Non erano tempi al ROF. Lo spartito sembrava solo un pretesto per tirare fuori l'artiglieria.
La Caballè era, oltre che a fine corsa, completamente fuori parte.
La Horne sembrava un pitbull trattenuto al guinzaglio. Ti accorgevi che Andromaca le stava stretta, per la sua forma mentis. In quel ruolo non c'era modo di tirare fuori la coloratura martellante e i gravi cavernosi che costituivano il suo biglietto da visita di fine carriera. C'era invece da legare, sfumare e rifinire. C'era da accentare con pathos, c'era da trasmettere con il canto il lacerante contrato tra un passato luminoso e un presente di sopravvivenza. Doveva arrivare l'angoscia di una madre che vede, ogni momento, il figlio a rischio. Chi, la Horne?
Rimaneva il fronte maschile.
Quello che più mi emozionò fu Blake (the fastest tenor in the West!), anche se, con il senno del poi, trovo più straordinaria (e forse questa sì, irripetibile) la prova di Merritt. Le gallery girls fecero comunque buuu a tutti e due (i blakiani a Merritt e i merrittiani a Blake), ci fu qualche fischietto per la Caballè, la Horne fu graziata e noi andammo finalmente a bere una coca-cola. Non arrivo a dire come Giudici che quell'Ermione "fu l'insuccesso più clamoroso nella storia del Rossini Opera Festival" (pag.1214 del librone), ma di bocche storte ne vidi parecchie. Non la mia. Quello mi aspettavo e quello vidi.
Pirro diventa un tiranno sanguinario, dittatore di uno stato schiavista e violento, in un mondo manicheamente diviso fra bianchi (Oreste, Pilade e Andromaca) e neri (Pirro, Ermione, Fenicio), in preda a tensioni politiche e civili.
Ho visto Ermione ieri sera. Ero partito piuttosto prevenuto sia dopo il noioso Maometto II sia dopo l'ascolto della registrazione audio della prima.
E bellissimo essere sorpresi e sbugiardati!
E' stato un bello spettacolo e una notevole serata.
A cominciare dalla regia di Daniele Abbado.
Che non solo, come giustamente dici, pervade l'opera di un atmosfera cupa, sanguinaria e opprimente, ma dimostra di aver lavorato, e bene, nel disegnare i rapporti tra i personaggi, nello sviluppare le loro psicologie, nel definirne i contorni. Certo, c'è molta strada da percorrere nel risolvere le difficoltà di gestione della forma chiusa e il giochino bianchi-e-neri mi è parso un po' troppo didattico ma siamo lontani anni luce dalla statica, cartolinesca olegrafia messa su da Hampe per il Maometto II. Almeno, per dirla con Matteo, in questa Ermione non c'è stata quella recitazione "finto-aulica" che, se funzionava nel Rossini serio anni Ottanta tutto letto in chiave acrobatico-vocale, ora non ha più senso visto che di acrobati... non ne abbiamo più.
Purtroppo, per mere mende tecniche e vocali, la coloratura, che dovrebbe in tale interpretazione sprizzare un briciolo di follia, di lucida iperbole dei sentimenti, è problematica e spesso non risolta di forza. Inoltre, Kunde non possiede le note della parte. In alto i suoni sono aspri e forzati, in basso quasi non c’è suono.
Hai ragione. Dall'audio della prima anch'io ho avuto questa impressione. Non so che recita tu abbia visto, ma ti assicuro che ieri sera era irriconoscibile. E aggiungo che Kunde non è di certo il mio tenore rossiniano da comodino.
E' stata invece una sorpresa! L'antipatia del personaggio, la sua superficialità unita a una vena di dolorosa follia nei momenti (rari) di lucidità, venivano rese perfettamente. Certo, i vuoti vocali c'erano, ma sai che di fronte al vero teatro io il bilancino lo metto da parte.
Diversissimo l’altro tenore, Antonino Siragusa, che molto semplicisticamente fa di Oreste un personaggio sentimentale da commedia napoletana. Il suo fraseggio ha poco o nulla del tenore serio rossiniano, e quando si rivolge in duetto ad Ermione chiedendole di amarlo, sembra Gigi D’Alessio. Un taglio interpretativo semplicistico, che certo asseconda l’idea che Oreste sia “buono”, animato da sentimenti positivi, privo della sinistra ambiguità che Rocky Blake sapeva far emergere dai ruoli David, forse suggerita anche dal timbro chiarissimo e leggero (seppure molto sonoro), tenore da opera buffa.
Non sono d'accordo. Certo, il volume, l'impostazione, il modo di fraseggiare ti fanno pensare che Siragusa smolli tutto e parta con "Languir per una bella"
, però ci andrei piano a stigmatizzare questo Oreste.
Nevrotico, insicuro, femmineo, perfettamente contrastato con la virile arroganza di Pirro.
Capisci benissimo che tipo d'uomo solletichi gli appetiti di Ermione e ti spieghi perchè Oreste non le serva a nulla se non a impugnare un pugnale che lei non può usare.
A differenza tua non ho visto niente di "buono" nell'Oreste di Siragusa, ma solo l'egoismo, la nevrosi, la meschinità dell'innamorato non corrisposto, a cui della Grecia non interessa niente, al punto di essere disposto a scatenare una guerra e a uccidere un infante per conquistare la donna che ama.
E poi, faccio il loggionista
, i suoi sovracuti spettinavano...
Sonia Ganassi e Marianna Pizzolato sono Ermione ed Andromaca non sufficientemente differenziate timbricamente.
E vero.
La Ganassi ha riportato un successo personale notevole dopo la gigantesca scena solistica del secondo atto, interpretata con buoni accenti, ma ha reso per me molto di più nella scena finale, in cui ha accentato con grande proprietà la frase “Fermati Oreste. Per il resto, ha avuto occasionali durezze nell'emissione e non sempre ha risolto la coloratura di forza.
La Ganassi per me è stata invece la grande rivelazione della serata. Scatenata, a volte eccessive, a volte a un pelo dal cattivo gusto. Però che idea quella di Abbado di vestirla e conciarla come Bette Davis (quella dei film "cattivi") mettendone in risalto il fisico tracagnotto e il taglio da "piccola boccetta di veleno". E il contrasto con la Pizzolato, senza trucco, vestita come la Thompson di "Much ado about nothing" era stridente. Nel primo atto, qualche perplessità. Ma nel secondo (quando l'opera diventa tutta sua) è decollata verso i lidi raciniani della fonte e mi sembrava di vedere una Huppert più in carne che scagliava saette di perfidia alternate a dolorosi sussulti di chi si è spinto, inevitabilmente, troppo oltre. Tra l'altro mi ha stupito per la notevole capacità coloristica che ha raggiunto e che non le avevo mai sentito.
Finalmente una che canta fregandosene del bel suono, aggredendo la parte con lo spirito di chi vuole vendere cara la pelle. Dalla Ganassi, sono sincero, una sorpresa.
La Pizzolato ha cantato discretamente la sortita di Andromaca, facendo valere le qualità espressive di un bel timbro morbido.
Forse sarò di bocca buona, ma secondo me la Pizzolato è stata molto brava. Dizione tra l'altro perfetta, cosa che non si può dire della Ganassi.
...e il cadavere di Pirro che appare sanguinante appeso alla parete.
Sai, la parte è così ostica che nove tenori su dieci finiscono così.
Saluti
Maugham