Età dell'oro?

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Età dell'oro?

Messaggioda Tucidide » mer 06 ago 2008, 12:48

Traendo spunto dalle considerazioni di Pietro sulla situazione operistica attuale, che egli definisce una vera età dell’oro, piena di stimoli e personalità, volevo dire la mia su questo punto.
Premesso che anch’io considero il periodo attuale caratterizzato da personalità di livello, e trovo stimolante il fatto che registi e direttori riescano ad estorcere dagli artisti lirici interpretazioni diverse dal consueto, devo dire due cose.
La prima è che questo periodo è certo positivo, ma a patto che questo si cerchi dall’opera. È indubbio che per un appassionato di voci grandi come case, in rigoroso stile italiano, producenti suoni in regola coi dettami della tecnica canora dei bei tempi andati, questa non sia affatto un’età dell’oro. Un po’ come se un appassionato di rock anni ‘60 ascoltasse l’attuale panorama musicale rock: gli verrebbero i rigurgiti di bile. Ma questo è lapalissiano, e lo pongo come premessa.
Secondariamente, la questione dell’età dell’oro. Nelle parole di Pietro trovo una sana e genuina volontà di scrollarsi di dosso i piagnistei dei nostalgici anni ‘60 e ‘70, se non prima, ricordando come adesso il pubblico cerchi nuovi stimoli, nuove frontiere, ed i cantanti che sfondano sono coloro che meglio rispondono a queste caratteristiche. Così avviene che una Machaidze, che non conosco, per quanto cantante ancora lontana dalla notorietà di una Netrebko, sia calata alla perfezione in questa realtà, e come lei tanti altri artisti, noti e meno noti.
Per questo Pietro parla di “età dell’oro”, quasi a dire che nuovi cantanti stimolanti appaiono adesso con una frequenza inusitata.
A tal proposito, vorrei giusto dire che posso condividere il discorso, ma non lo limiterei a questo momento. Negli anni 60-70, la domanda del pubblico era differente, e differenti erano i cantanti che calcavano le scene. Per un cultore di quel genere di canto, anche quella era una vera età dell’oro. Non c’erano solo la Freni, Pavarotti, la Cossotto, Cappuccilli, Ghiaurov, la Caballé, la Scotto, la Sutherland, la Nilsson, Corelli, Bergonzi, ecc. ma anche le seconde linee rispondevano, chi più chi meno, a quelle richieste: la Pobbe, la Ligabue, la Cavalli, Cecchele, la Mattiucci, Zanasi, Mastromei, Labò, e tanti altri. Un po’ come gli anni a cavallo fra i 60 ed i 70 per il rock, quando non c’erano solo i Beatles e i Rolling Stones, ma anche centinaia di gruppi di tutte le nazionalità che rispondevano perfettamente a quelle caratteristiche.
Come sarebbe assurdo adesso cercare i nuovi Beatles e i nuovi Rolling Stones, ma anche solo i nuovi Animals o Procol Harum, così adesso è difficile pensare di tornare agli anni di quei cantanti di cui sopra.
Quello che vorrei dire è che mi sembra azzardato parlare di età dell’oro semplicemente perché ogni età è un’età dell’oro per quello che in quel momento va per la maggiore.
Che ne dite?
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: Età dell'oro?

Messaggioda tatiana » gio 07 ago 2008, 9:09

D'accordissimo con Tucidide.
Una domanda provocatoria. E se un cantante che vorrebbe lavorare oggi corrisponde invece ai canoni di un'età d'oro passata ma è bravo lo stesso, ma secondo il mercato attuale è fuori, allora cosa fa? Canta solo per i nostalgici? D'accordo, ma dove potrebbe farlo?

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