da Teo » mar 01 apr 2008, 12:30
Dopo aver letto i vostri preziosi interventi, a mia volta cerco di esprimere il mio personalissimo parere sugli ascolti da me proposti.
Innanzitutto come già ho premesso nel post introduttivo, quest’aria è davvero complicata nella sua esecuzione interpretativa.
Aldilà del gusto personale, trovo che sia il recitativo che l’aria, così per come sono scritti, dicano molto del personaggio Riccardo.
Rassegnazione, dovere, senso di responsabilità, ma anche difficoltà per un uomo attempato dal peso e dagli anni nel dover respingere un sentimento forte, un desiderio giovanile, un personaggio combattuto, fortemente combattuto.
Un uomo che pensava di aver trovato l’amore nel suo popolo, nella figura che per esso rappresentava e si trova invece in età matura a fare i conti con la passione, il desiderio, il folle amore per una donna, un po’ come se per magia avesse veramente realizzato tutto d’un tratto cosa vuol dire essere “innamorato”.
Il recitativo a mio avviso non può iniziare con un “forse la soglia attinse” con un tono così cruento, così spavaldo, quasi si trattasse della Pira di Manrico…Bergonzi fa questo e altro ancora.
Un recitativo che dovrebbe essere, a mio avviso, molto più introspettivo, molto più sussurrato a se stesso, come se dentro di se vi fossero due persone che si combattono, che si affrontano in una lotta che li vede entrambi comunque perdenti.
L’aria è un testamento, è l’addio ai propri sentimenti, alle proprie passioni, alle proprie speranze, insomma credo che in quest’aria, a differenza di altri momenti, Riccardo confessi a se stesso di essere un uomo fragile, con le sue fatiche umane e per la prima volta di essere veramente in difficoltà di essere realmente messo in discussione.
Io ci sento questo.
Pavarotti canta bene, è indubbio, le sue qualità credo siano riconosciute da molti, tuttavia a mio modesto avviso non entra nel personaggio, si limita a compiacersi della melodia e della possibilità di sfogare il suo fraseggio, la sua linea vocale, i suoi acuti…non a caso la chiusa finale è il sigillo del tipo di prestazione offerta (a me personalmente quei 20 secondi citati da vittorio non sembrano affatto un merito, anzi…).
Carreras purtroppo non è presente sotto ogni punto di vista e la sua proverbiale freschezza vocale qui non l’aiuta affatto, anzi, pare sempre in difficoltà ancor prima di realizzare la frase.
Domingo, beh, che dire, qui purtroppo come in altre occasioni lavora di mestiere ma a mio avviso non cava un ragno dal buco. Fa l’amoroso (come spesso gli capita), il piaccione, carica talmente alcuni passaggi da renderli irreali, un esempio? “il sacrifizio mio”…ma secondo voi uno lo direbbe in quel modo? L’aria è indubbiamente eseguita bene, per fraseggio e soluzioni dinamiche, tuttavia non ci vedo quello che sopra ho descritto su come vedo io questo momento, ripeto, carica troppo di enfasi e di poetica amorosa cavalleresca la scena, dimenticandosi completamente del personaggio nel suo complesso.
Bergonzi…beh, certo valgono i discorsi fatti sulla storicità del tenore parmense, ma come cita giustamente Somerset credo che Riccardo necessiti un altro tipo di strada, almeno oggi come oggi.
Strada che purtroppo non è stata certo battuta da Alvarez.
Se c’è stata una caratteristica del tenore argentino fin dai suoi esordi è sempre stata la facilità del canto, la sua leggerezza, le sue mezzevoci, i suoi acuti squillanti ma facili, morbidi. In questa interpretazione trovo un altro tenore.
Spinge, forza e la cosa assurda è che nel recitativo lo fa anche dove non serve e lo fa quasi ovunque.
Per quanto riguarda l’interpretazione, tutto sembra dare ragione a chi sostiene che Alvarez è un altro esempio di tenore generico, che ascoltato una volta, vale per tutte le altre.
La differenza rispetto alla genericità di un Pavarotti e in questo caso anche di un Domingo è che almeno questi due sanno emettere un suono dentro l’altro e lo fanno con una facilità disarmante.
Se penso agli elogi che ha raccolto Alvarez in questo ruolo…
E per ultimo ho lasciato Luis Lima.
Premetto che non sono ne un fan ne un conoscitore di questo tenore argentino.
Mi spiace Tucidide che tu non sia andato oltre il recitativo a detta tua oscillante e lamentoso, forse avresti potuto avere una piacevole sopresa.
Il recitativo non è certo un esempio per espressione e per qualità vocali, direi che effettivamente è la parte meno interessante. Però debbo dire che dal punto in cui attacca “ah lo segnato il sacrifizio mio..” le cose cambiano.
Qui a mio parere esce il personaggio, forse non è il massimo, non ci vedo tutto quello che vorrei vedere, però…
Innanzitutto non ci sono tutti quegli effettacci amorosi, poetici, da romanticone, tutte cose trite e ritrite che a mio avviso non centrano un bel nulla con il personaggio e con il momento.
Un tentativo di mettere in campo qualcos’altro che non sia la solita solfa enfatica io ce lo vedo.
Certo, vocalmente non è all’altezza degli altri, ma a livello interpretativo l’idea di un uomo in crisi con se stesso io ce lo vedo, bellissimo ad esempio come risolve “chiusa la tua memoria nell’intimo del cor”, a me qui piace parecchio.
Ripeto, è un tentativo, andrebbe sicuramente migliorato ancora di più sviscerato, ma per come la vedo io, questa potrebbe essere una strada da battere, una via credibile, le altre proposte a mio personale parere, non dicono un granché sul personaggio verdiano.
Bene, dopo aver detto la mia, sicuramente scatenerò pareri contrastanti, ma del resto credo sia il bello del confronto.
Salatissimi.
Teo
l'idea è creatrice di vocalità...